lunedì 29 settembre 2014

Israele: in piena guerra

A dieci giorni dall’inizio dell’operazione delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) a Gaza, denominata “Protective Edge”, mezzi blindati e corazzati di Tel Aviv sono penetrati all’interno della Striscia con lo scopo di neutralizzare le infrastrutture e miliziani di Hamas, responsabili del ripetuto lancio di razzi sul territorio israeliano. Ad oggi, il bilancio della crisi è di circa 250 vittime e più di 1.500 feriti tra la popolazione palestinese, e una vittima israeliana, un volontario rimasto ucciso da un colpo di mortaio mentre si adoperava per la distribuzione dei generi alimentari alle IDF Aviv disposte lungo il confine. 
Lo scontro militare tra Israele e Hamas, deflagrato al termine di un mese di tensioni e manifestatosi veementemente con l’invasione delle truppe di Tel Aviv non sembra al momento affievolirsi, nonostante il tentativo egiziano di mediare una possibile cessazione del fuoco, fallito a causa della ferma opposizione da parte di Hamas. Nella g! iornata di mercoledì 17 luglio, in seguito all’uccisione di 4 bambini palestinesi colpiti da un razzo israeliano sulla spiaggia di Gaza, è stato raggiunto, invece, un accordo tra le parti limitatamente all’osservazione di una tregua “umanitaria” della durata di 5 ore, sponsorizzata dall’inviato speciale delle Nazioni Unite, Robert Serry. Alla conclusione della tregua, peraltro spezzata già in mattinata da alcuni colpi di mortaio partiti dalla Striscia, le Forze israeliane hanno ripreso i raid aerei e le incursioni terrestri. A differenza delle precedenti operazioni militari, questa volta gli obbiettivi delle IDF è, nello specifico, la rete di tunnel che collega i territori palestinesi con quelli israeliani e che permette il by-passaggio dei check-point e delle misure di sicurezza e interdizione di Tel Aviv da parte dei miliziani della Striscia di Gaza.
 
L’ostinata resistenza di Hamas lascia immaginare che si sia ancora lontani da un’intesa per un “cess! ate il fuoco” duraturo. Questa circostanza appare riconducibile alla volontà dell’organizzazione di ottenere maggiori concessioni: in particolar modo, l’apertura stabile del valico di Rafah verso l’Egitto, fondamentale sbocco per l’afflusso dei rifornimenti a Gaza, e il rilascio degli esponenti di Hamas arrestati durante le operazioni dell’Esercito israeliano nei territori, il mese scorso.
 
Se da un lato è possibile ipotizzare che l’attuale crisi di Gaza favorisca un rafforzamento della leadership di Hamas all’interno di una Striscia posta sotto assedio, dall’altro il gruppo islamista rischia di pagare il prezzo delle tensioni prodotte dall’elevato numero di vittime e dal rifiuto della tregua proposta dagli egiziani.



Fonte CESI. Newsletters 153

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