Domenica 29 giugno, la formazione jihadista dello
Stato Islamico (IS) ha annunciato l’istituzione di un Califfato in Siria e
Iraq, indicando il leader dell’organizzazione, Abu Bakr al-Baghdadi, quale suo
nuovo Califfo. La dichiarazione, tesa a sfruttare il rafforzamento prodotto dai
recenti successi militari conseguiti dall’organizzazione, è finalizzata anche a
sostenere gli sforzi di auto-legittimazione del gruppo, intento a presentarsi
come forza emergente nel panorama sunnita dell’intero Medio Oriente.
Parallelamente ai proclami di IS, resi ancora più
minacciosi dall’efficacia campagna militare dei giorni scorsi, continua
l’offensiva l’Esercito iracheno per riconquistare Tikrit, centro della
Provincia di Salah al-Din, preso il 12 giugno dal fronte ribelle composto da
IS, dalle milizie baathiste del Jaish al-Rijal al-Tariqa al-Naqshbandiya
(Esercito degli Uomini dell’Ordine di Naqshbandi, JRTN) e dagli formazioni
para-militari tribali sunnite opposte al governo di Baghdad. La battaglia per
Tikrit e per i maggiori villaggi del centro-nord del Paese appare fondamentale
per ritardare l’avanzata dei jihadisti verso la capitale. In questo senso,
saranno di fondamentale importanza le capacità delle truppe irachene e delle
milizie sciite fedeli al governo, tra cui Asa'ib Ahl al-Haq (“La lega dei
Giusti”), il movimento Badr e la Brigata del Giorno Promesso, dall’Iran e dagli
Stati Uniti.
L’apporto di gruppi di volontari sciiti, attualmente
tra i principali responsabili della difesa della provincia di Diyala, si era
già rivelato decisivo nel respingimento dell’offensiva di IS a Dhuluya, città
situata a soli 90 km a nord di Baghdad. Proprio nel governatorato di Diyala
sono concentrate una buona parte delle duemila guardie rivoluzionarie iraniane
inviate da Teheran a protezione delle principali città sciite di Najaf, Karbala
e Samarra e della capitale Baghdad.
Nonostante gli sforzi compiuti da Baghdad e dai suoi
alleati per impedire il definitivo collasso delle strutture statali, pare
chiaro come sia in corso un processo di frammentazione dell’Iraq lungo
direttrici etniche e settarie, che minaccia di dividere il Paese in tre aree di
influenza, dominate rispettivamente dai curdi al nord, dagli sciiti a sud e dai
sunniti a est.Fonte CESI. Newsletters 151
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