martedì 15 novembre 2022

Le elezioni israelinane: Israele sempre più a destra.

 Il partito di strema destra Potere Ebraico con a capo Itamar Ben Gvir è il grande vincitore delle elezioni del 2 novembre svoltesi in Israele. Il grande sconfitto è invece lo Stato di Israele . La lista che è andata al pote comprende Potere Ebraico,Sionimso Religiono ha distorto il progetto sionista trasformandolo in un movimento di destra razzista ed improntato al suprematismo ebraico secondo le teorie del rabbino Meir Kahane.  Secondo il giornale HAARETZ, oggi Israele è sull'orlo di una rivoluzione di destra, religiosa ed autoritaria il cui obbiettivo è distruggere le fondamenta democratiche su cui è stato costruito il paese. Forse il 2 novembre 2022 potrebbe essere ricordato come il giorno nero della democrazia nella storia israeliana

Internazionale  1485, 4 novembre2022 

domenica 30 ottobre 2022

Iraq. La crisi continua

 Da u anno le rivalità in seno al Parlamento iracheno impedisce la formazione di un nuovo governo. Le fazioni sciite sono arrivate a dun livello di scontro che ormai sembra che siano sull'orlo di una guerra civile generalizzata . Le elezioni del 10 ottobre 2021  avevano dato il potere a Moqtada al Sadar. Ora questi è in conflitto con quasi tutte le componenti del suo partito. Una situazione alquanto difficile da descrive e da interpretatre. Il dato finale è che l'Iran ha chiuso i confini con l'Iraq ed ha esortato le componenti sccite ad andare d'accordo ed a trovare una  soluzione politica

mercoledì 19 ottobre 2022

I Cattolici nell'Impero Ottomano e la loro presenza in Medio Oriente

 Nel centenario della scomparsa dell'Impero ottomano l'articolo apparso su LA CIVILTà CATTOLICA N. 4136  ANNO 173, tratta della presenza in esso dei cattolici italiani, la maggior parte dei quali circa 35000 viveva ad Istanbul. In italia dopo il governo Crispi, ostile ai cattolici, i nuovi governanti si adoperavano per sfruttare a vantaggio degli interessi diplomatico-culturali  dell'elemento missionario. Ciò provocò la reazione del protettorato francese. Soltanto nell'agosto 1905 tra i governi di Roma e Parigi si giunse ad un accordo nel quale il governo francese riconobbe a quello italiano il compito di proteggere le comunità religiose italiane presenti nell'Impero Ottomano. Ciò significò per l'Italia la possibilità di ottenere un proprio spazio di influenza nella regione mediterranea.

Articol di Giovanni Sale, S:I:

domenica 9 ottobre 2022

iran: Cambio al Vertice dell'Intelligence dei Guardiani della Rivoluzione.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                         Hossein Taeb non è più il capo al vertice della Islamic Rivoluzionary Guard Corps - Intelligence Organization (IRGC-IO) dallo sconso giygno (2022).  Chi ha deciso questa rimozione è il gen. Hussein Salami, Comandante in capo dei Pasradan ed approvata dal Presidente della Repubblica Islamica dell'Iran Ebraim Raisi.
Al suo posto è stato chiamato  dal generale Mohamed Kazemi già capo della Organizzazione di protezione e controspionaggio dei Guardiani della Rivoluzione.

Questo avvicendamento sembra essere una specie di terremoto nell'ambito della comunità di intelligence iraniana in quanto il sostituto era molto vicino alla Guida Suprema, l'Ayatollah Ali Khamenei.

Analisi e considerazioni su questo importante avvenimento in Iran sono su RID - Rivista Informazioni Difesa, n. 8 Agosto 20220 , Pag. 23. " a firma RD "Iran: cambiamenti ai vertici della comunità intelligence"


                                                                                                                                                                                                                                                                                           

 

giovedì 29 settembre 2022

Niger: gli attori esterni operanti sul territorio.


Fonte. Rivista LImes, Rivista italiana di Geopolitica, n. 5 2018. 

Info Emeroteca del CESVAM  - Centro Studi sul Valore Militare

 segreteriagenerale@istitutonastroazzurro.org -www.istitutodelnastroazzurro.org


La cartamostra il grande interesse che tutti i Paesi hanno per i Niger. La freccia rosa indica i percorsi dei paesi europei. La Francia con l'Azienda  Areva per lo sfruttamento delle risorse dell'Uranio,  attiva la Missione Brak hane ( droni francesi ed americani) e mantiene basi temprane e basi militari permanenti . Germania con l'invio di mille soldati attivi in tutto il Sahel, in particolare 350 a Gao. L'Italia con una missione che nel 2018 era di due unità, ma il Parlamento ha approvato una missione fino a 470 unità ( dato da aggiornare). Ha aperto l'ambasciata ad ottobre 2016.

Da oriente vi sono percorsi e pressioni da parte della Cina, investimenti commerciali e nel settore energetico, e dall'India, esportazioni di farmaci, generi alimentari, materiali tessili, macchinari. Da occidente.

 Da Occidente gli Stati Uniti, con il loro Africom svolgono azione di presenza. con una base a Niamey

Da Sud, percorsi e pressioni dal Sud Africa con investimenti minerari

Nella carta sono indicate le principali miniere di uranio, per lo più nella parte orientale del Paese.

Da Notae, infinele pressioni dal Malìdi Al-Qaida eAqim

Temi per tesi di laurea. info:didattica.cesvam@istitutonastroazzurro.org

Master: Politica MIlitare Comparata dal 1860 ad ogg, -www.unicusano.it/master
 

lunedì 19 settembre 2022

Iran: la morte di Mahsa Amini

 Il giornale Ham-mihan titolola "Ha perso la vita per un capello" commentando la morte di Mahasa Amini avvenuta il 16 settembre 20220 dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa a Teheran perchè accusata di non indossare il velo in modo conforme alle regole. La ragazza aveva 22 anni ed ha scatenato la collera delle popolazione durante il funerale, svolto entro 24 ore dalla morte come prescrive la religione islamica.

La prima osservazione è questa. Che cosa farebbe la Polizia Religiosa di fronte al fatto che la Regina Elisabetta II morta l'8 settembre è stata sepolta il 19 settembre, violando in modo incontestabile la legge mussulmana.? 

 E' possibile ancora avere una Polizia Religiosa in uno stato che applica la violenza una una violazione di norme religiose? Il 5 luglio 2022 in Iran una direttiva ha inasprito le punizioni per chi porta il velo in modo improprio. La violenza della polizia religiosa è in aumento. 

Nelle ultime settimane si sono diffuse varie notizie di violenze delle autorità ne confronti di donne accusate di non rispettare le restrizioni sull'abbigliamento. 

Come si fa a colloquiare con Stati che violano la Carta dei Diritti dell'Uomo in modo sistematico e pretendono di essere ammessi alla Comunità Internazionale. Il tema è ampiamente aperto in relazione allo studio delle religioni, oggi. 

venerdì 9 settembre 2022

Il futuro della Siria

 di Maurizio Sacchi

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan si è recato il 5 agosto a Sochi in Russia dove è stato invitato per un incontro dall’omologo russo Vladimir Putin. Al centro dei colloqui la Siria – dove Ankara sostiene l’opposizione al presidente Bashar al Assad mentre Mosca appoggia il regime di Damasco – in relazione all’annunciata operazione militare turca contro le forze curde ritenute terroriste nel Nord del Paese che per ora non ha avuto il via libera da parte di Putin.

Erdogan e Putin hanno discusso dell’Ucraina, dove Ankara ha giocato un ruolo centrale  nello sblocco dell’esportazione di cereali ucraini attraverso il Mar Nero, e a quanto pare l’accordo sarà rinnovato alla scadenza dei 120 giorni previsti. Il primo carico di 27mila tonnellate sulla nave ‘Razoni’, partita dal porto di Odessa, ha superato l’ispezione del Centro di Coordinamento Congiunto a Istanbul, dove sono rappresentati Russia, Ucraina, Turchia e Onu. Ottenuto il via libera la nave é  proseguita alla volta del porto libanese di Tripoli.

La Turchia spinge per la partenza di una nave al giorno, considerato che con almeno 25milioni di tonnellate bloccate a Odessa, Chernomorsk e Yuzhny servirebbero circa 900 navi della portata della ‘Razoni’ per far passare tutte le derrate che rischiano di marcire creando una crisi alimentare di portata globale.

Se ai 120 giorni vi sarà il rinnovo dell’accordo sarebbe possibile che tutto il grano possa uscire dai porti ucraini, insieme al frumento e ai fertilizzanti prodotti dalla Russia che Mosca ha chiesto e ottenuto fossero inclusi nell’accordo. Putin ha ringraziato personalmente Erdogan per gli accordi sull’esportazione di grano, ed ha aggiunto che “l’ Europa dovrebbe essere grata alla Turchia per essere in grado di acquistare gas dalla Russia attraverso il gasdotto Turkish Stream”.

Dal canto suo, la Turchia ha evidenziato l’importanza di completare in tempo la costruzione della centrale nucleare di Akkuyu, nel sud della Turchia, progetto realizzato in collaborazione con Mosca ed in costruzione dal 2017. Ufficialmente, la prima unità della centrale dovrebbe essere completata entro il 2023. L’accordo, giunto dopo due mesi di negoziato, era stato subito messo in crisi dai missili russi sul porto di Odessa, che hanno rischiato di far saltare l’intesa. 

Un altro punto critico fra Turchia e Russia é legato alla Siria. Negli ultimi mesi il presidente turco ha ripetutamente minacciato un intervento militare nel Nord del Paese diretto da Assad, mirato a sottrarre al controllo dei curdi siriani dello Ypg le aree di Tal Rifat e Manbij, con l’intento di costituire un’area cuscinetto di 30km di profondità.

Un territorio che Ankara gestirebbe scacciando i separatisti curdi e costruendo case per favorire il ritorno dei profughi siriani attualmente in Turchia. Per Erdogan sarebbe un doppio colpo in vista delle elezioni del 2023, visto che i sondaggi al momento lo vedono in svantaggio rispetto a possibili altri candidati.

Ma la Russia, che controlla lo spazio aereo siriano, non ha alcuna intenzione di dare ad Erdogan il via libera per un attacco in Siria, un ‘no’ ribadito da Putin a Teheran lo scorso 19 luglio. A Putin il presidente turco avrà ricordato  gli impegni presi nel 2019, rispetto all’espulsione dei miliziani Ypg dal suolo turco e ricorderà che, se la Turchia dovesse sentirsi minacciata, non esclude un  intervento militare nella zona .

“I nostri sforzi sforzi diplomatici possono essere rivolti ad altri ambiti, a partire dall’energia“, ha detto Erdogan, mentre annunciava il pagamento l’Agenzia di Stato per il Nucleare russa, Rosatom di 5miliardi di dollari all’Agenzia di Stato per il Nucleare russa, Rosatom, per portare a termine la centrale nucleare di Akkuyu, nel Sud della Turchia. Altri 15miliardi saranno trasferiti nelle prossime settimane.

Akkuyu sarà così la prima centrale nucleare turca, uno dei più grandi impianti al mondo, costruito in gran parte con i soldi di banche russe come Sberbank e Sovcombank. Nucleare e gas finiranno nell’agenda dell’incontro di Sochi anche perché la Russia copre con il proprio gas il 45 percento del fabbisogno annuale della Turchia.

La Siria 

Il portavoce presidenziale russo Dmitry Peskov ha anticipato l’incontro con una dichiarazione in cui ha espresso “che le avrebbe “prese in considerazione”, le preoccupazioni turche riguardo alla Siria, dando l’impressione di accettare un’operazione militare della Turchia, pur ammonendo di evitare azioni che potrebbero “minacciare l’integrità territoriale e l’unità politica della Siria”, e aggiungendo che l’incontro tra Putin ed Erdogan si sarebbe concentrato sulla Siria e sulle preoccupazioni della Turchia.

La Turchia che, dopo la guerra in Ucraina, si è affermata come una potenza  geopolitica di peso internazionale, é alla ricerca di una legittimazione delle sue ambizioni di egemonia nell’area. Nonostante la riconciliazione con  Emirati Arabi Uniti, Israele e Arabia Saudita, ciò non si è tradotto nella sua richiesta di far parte di un sistema regionale da elaborare tra questi Paesi. 

Anche più complicato il rapporto con l’Egitto, che pone come condizione un chiarimento del ruolo dei Fratelli Musulmani, dai cui ranghi proviene Erdogan, e percepiti come una minaccia interna al Cairo. L’Egitto chiede anche l’uscita di Ankara dalla Libia e la fine dell’appoggio ai gruppi islamisti fedeli alla Turchia.

La Turchia nella guerra civile siriana

Dall’inizio della guerra civile siriana, le relazioni tra Siria e Turchia sono state problematiche. Il conflitto siriano ha iniziato ad avere un impatto sulla Turchia quando almeno 3.000 rifugiati siriani sono fuggiti dalla Siria dopo l’attacco dell’esercito siriano a Jisr ash-Shugur nel giugno 2011. Allora, Erdogan commentava: “Loro [la Siria] non stanno agendo in modo umano. È una barbarie”. All’inizio, il governo turco si è astenuto dal descrivere i siriani fuggiti in Turchia come “rifugiati” o “richiedenti asilo”, riferendosi invece a loro come ospiti, ed Erdogan, pur chiedendo l’attuazione delle riforme promesse dal governo siriano, inizialmente si è astenuto dal chiedere la deposizione di Bashar al-Assad.

Nell’agosto 2012, la Turchia ha iniziato a tenere incontri ad alto livello con gli Stati Uniti sui piani per sostituire il governo siriano. Il 3 ottobre la Turchia ha attaccato le truppe governative in Siria, dopo che un colpo di mortaio siriano aveva ucciso cinque persone. Il primo ministro turco Tayyip Erdogan annuncia il 5 ottobre di quell’anno: “Non siamo interessati alla guerra, ma non siamo nemmeno lontani da essa”.

Il 10 ottobre 2012, gli F-16 dell’aeronautica turca hanno intercettato nello spazio aereo turco un Airbus A320 della Syrian Air,  in volo da Mosca a Damasco, costringendolo ad atterrare all’aeroporto Esenboğa di Ankara, sospettando che trasportasse armi di fabbricazione russa. Gli ispettori hanno confiscato apparecchiature di comunicazione militare e oggetti “ritenuti parti di missili”. 

Il 24 agosto 2016, la Turchia e i ribelli sostenuti dalla Turchia hanno attaccato le posizioni dell’ISIS oltre il confine siriano, da Jarabulus a ovest fino ad Al-Rai, conquistando una serie di città e prendendo possesso di una striscia profonda dai 5 ai 20 km. La Turchia ha chiamato questa operazione “Scudo dell’Eufrate”.

E infine, nel 2020, in seguito agli attacchi aerei di Balyun, la Turchia ha avviato l’operazione Scudo di primavera contro l’esercito siriano. Ma ora questi attriti passano in secondo piano, nel quadro di un’alleanza strategica fra Mosca e Ankara, che risolveranno il dossier Siria tra di loro.

Il ruolo della Russia in Siria

Dal settembre 2015, la Russia ha intensificato la sua presenza militare in Siria, schierando 12 aerei da attacco al suolo Su-25, 12 aerei interdittori Su-24, 6 bombardieri medi Sukhoi Su-34 e 4 aerei da combattimento multiruolo Su-30 più 15 elicotteri d’attacco Mi-24, con base  all’aeroporto internazionale Bassel Al-Assad vicino a Latakia. Gli aerei sono protetti da almeno due o forse tre sistemi antiaerei terra-aria SA-22, e droni di sorveglianza disarmati simili a MQ-1 Predator vengono utilizzati per effettuare missioni di ricognizione. Oltre alle forze aeree, le forze di terra includono 6 carri armati T-90, 15 pezzi di artiglieria, 35 veicoli corazzati per il trasporto di personale e 200 Marines.

Secondo i media russi, era stato il presidente siriano Bashar al-Assad  a chiedere alla Russia di intervenire fornendo assistenza militare. Il 30 settembre 2015, la Russia ha lanciato i primi attacchi aerei contro obiettivi a Rastan, Talbiseh e Zafaraniya, nella provincia siriana di Homs. Mosca ha dato agli Stati Uniti un preavviso di un’ora sulle sue operazioni. L’area di Homs è cruciale per il controllo della Siria occidentale da parte del presidente Bashar al-Assad. Un  controllo dell’area da parte degli insorti separerebbe le città costiere di Latakia – dove sono basati gli aerei russi – e Tartous, dove la Russia gestisce una struttura navale.

Nel marzo 2016, la città strategica di Palmira è stata riconquistata dall’esercito siriano, affiancato dalle milizie filorusse di Wagner,  dopo un’offensiva su larga scala sostenuta dagli attacchi aerei russi. Oltre a combattere i militanti dell’Isil,  i Wagner hanno addestrato un’unità dell’esercito siriano chiamata Cacciatori dell’Isis , anch’essa interamente finanziata e addestrata dalle forze speciali russe. I Cacciatori dell’Isis sono stati una delle unità di punta durante la riconquista dei giacimenti di gas di al-Shaer dall’Isis alla fine di aprile 2017.

mercoledì 10 agosto 2022

Nicolo Paganelli Analisi Parametrale Giugno 2022 IRAN



 L'Iran è situato in Asia all'estremità est dell'area medio orientale, confina a N con Armenia, Azerbaijan e Turkmenistan, con Pakistan e Afghanistan a E, e Iraq e Turchia a O; è bagnato a N dal Mar Caspio, a S dal Golfo Persico con lo Stretto di Hormuz e a SO dal Golfo di Oman. Il Paese ha una superficie totale di 1.628.792 kmq di cui le foreste occupano 107.518,7 kmq.

Tenendo conto della sua Storia, nonché la sua localizzazione geografica e la situazione attuale che caratterizza il Paese, si è analizzato l'Iran secondo 4 parametri, numerati 1-2-6-7, rientranti nell'ambito “Sicurezza”, di seguito elencati: 1) “Fattore Storico: Conflitti”, stimando esclusivamente i conflitti classici dichiarati Stato contro Stato in cui è stato o è coinvolto il Paese, da 5-10 anni ad oggi; 2) “Paesi Limitrofi in Conflitto”, sempre usando lo stesso criterio del parametro precedente si sono contate le Nazioni confinanti attualmente in conflitto con altre, poiché possono influenzare di molto la stabilità politica dello Stato vicino, destabilizzandolo e determinando un alto rischio di crisi economica nello stesso, ma anche trascinarlo anch'esso nel conflitto; 6) “Area Geografica”, intesa come la superficie totale del Paese; 7) “Area Forestale”, ossia la porzione di superficie coperta appunto da foreste.

Esaminare i conflitti avvenuti negli ultimi 5-10 anni, terminati o tutt'ora in corso, in cui il Paese è o è stato coinvolto, è servito per cercare di determinare la probabilità che se ne possano innescare di successivi. I conflitti nei Paesi confinanti possono influenzare di molto la stabilità politica dello Stato vicino, destabilizzandolo e determinando un alto rischio di crisi economica nello stesso, ma anche trascinarlo anch'esso in conflitto. Quanto alle rispettive aree geografica e forestale, si nota che con l'aumentare sia dell'ampiezza del territorio da controllare sia della superficie coperta da foreste aumenta anche la complessità nella gestione delle relative problematiche.

In base alle informazioni raccolte e alle analisi effettuate, l'Iran non è stato, e non lo è attualmente, coinvolto in un conflitto apertamente dichiarato con nessun Stato estero negli ultimi 5-10 anni, nonostante le sempre alte tensioni con USA e Israele, principalmente sulle questioni del nucleare e del supporto alla Siria nella guerra civile, nonché per il sostegno ai palestinesi Hamas e PFLP e a Hezbollah in Libano. L'unico Paese limitrofo attualmente in conflitto aperto con altri Stati è il Pakistan, coinvolto nella guerra del Kashmir contro l'India dal 1947 a oggi (la Cina si defilò nel '63 quando firmò l'accordo sui confini sino-pakistani), con un numero di morti totale di circa 45.000 sommati di tutti gli anni (stima 2020, fonte Center for Systemic Peace). L'aumentare delle tensioni tra Pakistan e India è uno dei principali rischi attuali per la sicurezza globale nell'Indo-Pacifico perché, secondo vari rapporti su situazioni conflittuali nell'area, si teme una possibile futura guerra nucleare tra i due Paesi; Turkmenistan, Afghanistan, Iraq e Turchia non sono attualmente in conflitto aperto con nessuno. La Turchia attualmente effettua operazioni militari nei territori settentrionali siriani e iracheni costituenti il “Kurdistan”, innalzando le tensioni già tese con Siria, Iraq e alcuni Stati occidentali.

In base quindi ai dati raccolti e dalle analisi effettuate si è poi sviluppato uno Scenario, contando i Fattori di Squilibrio (quali i 4 parametri utilizzati) in relazione alla Capacità dello Stato (Sicurezza) su cui essi fanno pressione, per avere un quadro generico della situazione del Paese in esame soprattutto dal punto di vista dei conflitti interstatali nell'area in cui esso e i suoi confinanti possono essere coinvolti. Ne è risultato così uno scenario di stabilità, in cui le Capacità dello Stato presentano delle debolezze indicanti che il Paese non è né in un “circolo vizioso” né in un “circolo virtuoso”: il primo inteso come ulteriore indebolimento di capacità e resistenza dello Stato, il secondo invece come rafforzamento di esse.

In conclusione, l'Iran attualmente è in una condizione stabile in relazione a situazioni conflittuali nell'area.     

mercoledì 20 luglio 2022

Nicolò Paganelli. Analisi parametrale Arzebaigian

 PARAMETRAZIONE A 4 FATTORI


L'Azerbaigian (o Repubblica dell'Azerbaigian) è situato nella regione transcaucasica tra l'Europa orientale ed Asia occidentale, affacciato sul Mar Caspio su tutta la costa est, confina a N con Georgia e Russia, a S con Iran, a O con Armenia e Turchia; la regione autonoma del Naxçivan, exclave facente parte dell'Azerbaigian e sita tra Armenia e Iran, confina appunto a O con la Turchia per circa 17 km. Il Paese ha una superficie totale di 86.600 kmq di cui le foreste occupano 11.317,7 kmq.

Tenendo conto della sua Storia, nonché la sua localizzazione geografica e la situazione attuale che caratterizza il Paese, contando la lunga guerra nel Nagorno-Karabakh che lo coinvolse apertamente dal 1944 fino al 10 novembre 2020 contro l'Armenia (il primo conflitto è avvenuto dal 1988 al 1994), si è analizzato l'Azerbaigian secondo 4 parametri, numerati 1-2-6-7, rientranti nell'ambito “Sicurezza”, di seguito elencati: 1) “Fattore Storico: Conflitti”, stimando esclusivamente i conflitti classici dichiarati Stato contro Stato in cui è stato o è coinvolto il Paese, da 5-10 anni ad oggi; 2) “Paesi Limitrofi in Conflitto”, sempre usando lo stesso criterio del parametro precedente si sono contate le Nazioni confinanti attualmente in conflitto con altre, poiché possono influenzare di molto la stabilità politica dello Stato vicino, destabilizzandolo e determinando un alto rischio di crisi economica nello stesso, ma anche trascinarlo anch'esso nel conflitto; 6) “Area Geografica”, intesa come la superficie totale del Paese; 7) “Area Forestale”, ossia la porzione di superficie coperta appunto da foreste.

Esaminare i conflitti avvenuti negli ultimi 5-10 anni, terminati o tutt'ora in corso, in cui il Paese è o è stato coinvolto, è servito per cercare di determinare la probabilità che se ne possano innescare di successivi. I conflitti nei Paesi confinanti possono influenzare di molto la stabilità politica dello Stato vicino, destabilizzandolo e determinando un alto rischio di crisi economica nello stesso, ma anche trascinarlo anch'esso in conflitto. Quanto alle rispettive aree geografica e forestale, si nota che con l'aumentare sia dell'ampiezza del territorio da controllare sia della superficie coperta da foreste aumenta anche la complessità nella gestione delle relative problematiche.

In base ai dati ed alle informazioni raccolte e analizzate, la situazione attuale in Azerbaigian è tornata stabile, a livello conflittuale nell'area, dopo il 10 novembre 2020, quando cessate le ostilità (iniziate ufficialmente nel 1988 con il primo conflitto del Nagorno-Karabakh) con la vittoria dichiarata della vicina Armenia,  in seguito ad accordi e ritiro truppe armene dalla zona di contatto, per cui la Russia ha giocato un ruolo fondamentale nel pacificare diplomaticamente, dispiegando infine proprie forze di Peacekeeping. A oggi nessuno dei Paesi confinanti con l'Azerbaigian, all'inizio citati, è in conflitto aperto con altri Stati. Le attività russe attualmente in corso in territorio ucraino non intendono un conflitto ufficialmente ed apertamente dichiarato, ma trattasi di operazioni militari speciali; viceversa l'Ucraina trovandosi a difendere i propri confini ha dovuto dichiarare “guerra” alla Federazione Russa. La Turchia, pur non essendo ufficialmente in conflitto con nessun Paese, svolge attualmente operazioni militari contro i Curdi nei territori settentrionali di Iraq e Siria. L'Iran mantiene tutt'oggi relazioni tese con USA e Israele, principalmente per le questioni del nucleare e del supporto al Governo siriano nella guerra civile, nonché per il recente sostegno ad alcuni gruppi armati palestinesi quali Hamas e PFLP (Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina).

Dalle analisi quindi effettuate si è poi sviluppato uno Scenario, contando i Fattori di Squilibrio (quali i 4 parametri utilizzati) in relazione alla Capacità dello Stato (Sicurezza) su cui essi fanno pressione, per avere un quadro generico della situazione del Paese in esame soprattutto dal punto di vista dei conflitti interstatali nell'area in cui esso e i suoi confinanti possono essere coinvolti. Ne è risultato così uno scenario di stabilità, in cui le Capacità dello Stato presentano delle debolezze indicanti che il Paese non è né in un “circolo vizioso” né in un “circolo virtuoso”: il primo inteso come ulteriore indebolimento di capacità e resistenza dello Stato, il secondo invece come rafforzamento di esse.

In conclusione, l'Azerbaigian attualmente è in una condizione stabile in relazione a situazioni conflittuali nell'area.

La Sceda di calcolo sarà pubblicata su CESVAM Paers. Info:quaderni,cesvam@istitutonastroazzurro.org

domenica 19 giugno 2022

Turchia: Unione Europea e NATO


di

Antonio Trogu

 

La Turchia e’ uno Stato dell’Asia occidentale e, in piccola parte, dell’Europa sud-orientale, il cui territorio è diviso in due regioni peninsulari: la Tracia (detta anche Turchia europea), e l’Asia Minore, o Anatolia (con le prospicienti isole di Imbro e Tenedo e altre più piccole), separate dallo Stretto del Bosforo, dal Mare di Marmara e dallo Stretto dei Dardanelli; appartengono alla Turchia, inoltre, una sezione dell’altopiano armeno e il lembo settentrionale della Mesopotamia. La Turchia confina a N con il Mar Nero; a NO con la Bulgaria e la Grecia; a O con il Mar Egeo; a S con il Mare Mediterraneo, la Siria e l’Iraq; a E con l’Iran, l’Armenia e la Georgia.

La Turchia moderna è stata fondata nel 1923 dai resti dell'Impero Ottomano sconfitto dall'eroe nazionale Mustafa KEMAL, che in seguito fu insignito del titolo di Ataturk o "Padre dei Turchi". Sotto la sua guida, il paese ha adottato riforme sociali, legali e politiche radicali. La Turchia è entrata a far parte dell'ONU nel 1945 e nel 1952 è diventata membro della NATO. Nel 1963 la Turchia è diventata membro associato della Comunità Europea.

E’ una Repubblica parlamentare con un parlamento unicamerale, la grande assemblea nazionale composta da 550 membri, eletti per un mandato quadriennale con sistema proporzionale e a maggioranza qualificata nomina anche il presidente della repubblica.

L’attuale Presidente della Turchia e’ Recep Tayyip Ergodan; Erdoğan ha iniziato la sua carriera politica da conservatore con un’identità islamista e negli ultimi anni, con l’obiettivo di ottenere il consenso dell’estrema destra nazionalista (MHP), di cui è dal 2018 alleato,  ha iniziato a utilizzare un retorica fortemente nazionalista, islamista.

Con il varo del sistema presidenziale del 2018 ha accentrato gran parte dei poteri nelle sue mani e controlla il 90% dei media passando da un sistema parlamentare a un potere presidenziale, da un assetto istituzionale laico ereditato da Mustafa Kemal Ataturk, fondatore nel 1923 della repubblica turca moderna sulle rovine dell'impero ottomano, a una linea islamica e autoritaria.

Erdoğan dal 2002 vince le elezioni ma ha subito una bruciante sconfitta nei maggiori centri urbani del paese nelle elezioni locali del marzo 2019.

La Turchia ha ottenuto lo status di paese candidato in seguito al Consiglio europeo di Helsinki del dicembre 1999.

Nella riunione del 16 e 17 dicembre 2004 il Consiglio europeo ha deciso che la Turchia soddisfaceva sufficientemente i criteri per l'avvio dei negoziati di adesione.

I negoziati di adesione sono stati avviati nell'ambito di una conferenza intergovernativa (CIG) il 3 ottobre 2005. Il 3 ottobre 2005 il Consiglio ha inoltre convenuto un quadro di negoziazione con la Turchia.

Il 18 febbraio 2008 il Consiglio ha adottato il partenariato per l'adesione riveduto con la Turchia.

Il 29 novembre 2015 i capi di Stato o di governo dell'UE hanno tenuto una riunione con la Turchia che ha segnato una tappa importante nello sviluppo delle relazioni UE-Turchia e negli sforzi di gestione della crisi migratoria.

L'UE e la Turchia hanno deciso di rilanciare il processo di adesione della Turchia all'Unione europea. Il dialogo ad alto livello tra le due parti è stato rafforzato attraverso incontri più frequenti e strutturati.

Il 7 marzo 2016 i capi di Stato o di governo dell'UE hanno tenuto una riunione con la Turchia per rafforzare la cooperazione riguardo alla crisi migratoria e dei rifugiati.

Nella riunione del Consiglio europeo del 19 ottobre 2017, i leader dell'UE hanno tenuto un dibattito sulle relazioni con la Turchia. 

I leader hanno discusso della Turchia anche in occasione della riunione informale del febbraio 2018. Nel marzo 2018 il Consiglio europeo ha condannato fermamente le continue azioni illegali della Turchia nel Mediterraneo orientale e nel mar Egeo.

Il 26 marzo 2018 i leader dell'UE hanno ospitato il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan nella residenza Evksinograd a Varna, in Bulgaria. L'UE era rappresentata da Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo, da Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea, e da Boyko Borissov, primo ministro della Bulgaria.

I leader hanno tenuto una discussione sulle relazioni UE-Turchia e sulle prospettive future, le discussioni hanno riguardato:

·           la cooperazione in materia di gestione dei flussi migratori

·           l'interesse condiviso nella lotta al terrorismo

·           lo Stato di diritto in Turchia

·           le recenti azioni della Turchia nel Mediterraneo orientale e nel mar Egeo

·           il coinvolgimento della Turchia in Siria

Nel giugno 2019 il Consiglio europeo ha espresso seria preoccupazione per le attività di trivellazione illegali della Turchia nel Mediterraneo orientale e ha sottolineato l'impatto negativo di tali azioni nell'intero ambito delle relazioni UE-Turchia.

Nell'ottobre 2019 i leader dell'UE hanno discusso delle relazioni con la Turchia, anche alla luce dell'azione militare della Turchia nel nord-est della Siria.

Nel dicembre 2019 i leader dell'UE hanno discusso delle relazioni con la Turchia, alla luce delle azioni turche nel Mediterraneo orientale e nel mar Egeo. Hanno denunciato il memorandum d'intesa Turchia-Libia sulla delimitazione delle giurisdizioni marittime e ribadito la loro piena solidarietà a Grecia e Cipro su tale questione.

Nell'aprile e agosto 2020 alcuni Stati membri hanno sollevato la questione del deterioramento della situazione nel Mediterraneo orientale e delle relazioni con la Turchia. L'1 e 2 ottobre 2020 il Consiglio europeo ha ribadito piena solidarietà a Grecia e Cipro e sottolineato che è nell'interesse strategico dell'UE avere un contesto stabile e sicuro nel Mediterraneo orientale e sviluppare relazioni di cooperazione reciprocamente vantaggiose con la Turchia.

Nel novembre 2020, in occasione della loro videoconferenza, i leader dell'UE hanno nuovamente condannato l'azione unilaterale della Turchia nel Mediterraneo orientale. Nel dicembre 2020 il Consiglio europeo ha preso atto del ritiro della nave Oruç Reis da parte della Turchia e ha insistito su un allentamento costante delle tensioni in modo da rendere possibile la rapida ripresa dei colloqui esplorativi diretti tra Grecia e Turchia. I leader dell'UE hanno anche ribadito l'interesse strategico dell'UE a sviluppare relazioni di cooperazione reciprocamente vantaggiose con la Turchia e hanno sottolineato l'importanza di mantenere aperti i canali di comunicazione tra l'UE e la Turchia.

In occasione della videoconferenza del marzo 2021, i leader dell'UE hanno accolto con favore l'allentamento delle tensioni nel Mediterraneo orientale e invitato la Turchia ad astenersi da nuove provocazioni o azioni in violazione del diritto internazionale.

Ma i negoziati per l’ammissione della Turchia all’UE sono da tempo congelati e le relazioni ufficiali tra Turchia e Unione Europea, stanno  attraversando una fase di difficoltà.

Negli ultimi anni i governi del Partito della giustizia e dello sviluppo (AKP) di Recep Tayyip Erdogan hanno adottato in politica estera un approccio sempre più marcatamente populista, di cui la retorica antioccidentale è diventata progressivamente una componente centrale. Da considerare poi la crisi dei rifugiati che ha rappresentato una leva negoziale fortissima per Erdogan nei rapporti con l’UE, anche sotto il profilo finanziario.

Uno dei principali strumenti geopolitici in mano a Erdoğan è il controllo delle frontiere verso l’Europa. Osservando gli avvenimenti degli ultimi anni emerge una strategia ben pianificata Erdoğan, “agendo” sui confini, è stato capace di delineare nuove traiettorie migratorie, ribaltare i rapporti di forza, esasperare la crisi umanitaria (prima lungo le coste greche e la rotta balcanica, poi lungo il confine turco-siriano), e imporre nuove politiche agli Stati europei, oggi tutti su una posizione difensiva.

Presidente di un paese membro della NATO, capo della Fratellanza Musulmana, in passato alleato di Israele e ora acerrimo nemico dello stato ebraico, avversario di Putin in Siria e in Libia ma comunque con un canale diplomatico aperto con il Cremlino ha cambiato spesso le sue posizioni, soprattutto in politica estera, dove sembra utilizzare uno scacchiere a geometria variabile in base alle convenienze.

La Turchia sembra essere sempre più lontana dall’Occidente, alla base vi e’ la delusione nei confronti degli alleati occidentali e le critiche verso quello che è stato considerato il “double standard” di Bruxelles nel processo di adesione della Turchia all’Unione europea, il sostegno statunitense alle forze curde nella lotta allo Stato islamico in Siria, la mancata estradizione di Fetullah Gulen, il predicatore islamico da decenni residente negli Stati Uniti e ritenuto responsabile del fallito golpe. Questo ha spinto la Turchia verso una più stretta convergenza con la Russia, anche in un settore altamente sensibile come quello della difesa. Dal canto suo, Mosca ha avuto buon gioco nel cercare di attrarre Ankara nella propria sfera di influenza o quanto meno cercare  di allentare le alleanze statunitensi, che nell’ambito della sicurezza e della difesa includono la Turchia in qualità di membro della NATO. L’acquisto del sistema di difesa missilistico S-400 dalla Russia nel 2017 ha accresciuto le tensioni con Washington, preoccupata per le possibili interferenze russe con il sistema di difesa NATO. Ciò ha portato all’espulsione di Ankara dal programma di sviluppo degli F-35 e a sanzioni statunitensi al settore della difesa turco sulla base del Countering America’s Adversaries Through Sanctions Act (CAATSA) del 2017, che prevede misure restrittive nei confronti di tutti i Paesi che acquistano componenti di difesa dalla Russia.

Su questo sfondo, l’antiamericanismo è cresciuto in ampi strati della società turca e di pari passo si è ridotto il sostegno nei confronti dell’Alleanza Atlantica. D’altro canto, l’interrogativo su dove sta andando la Turchia è una domanda che spesso negli ultimi anni si sente al di là dell’Atlantico e a Bruxelles, dove i negoziati per l’adesione di Ankara all’Unione Europea sono bloccati da tempo. Senza dubbio il perseguimento di una autonomia strategica da parte della Turchia, accompagnato da una politica estera assertiva nel suo vicinato mediterraneo e mediorientale, è stato fonte di non pochi contrasti con gli alleati occidentali.

Nel momento in cui l'attenzione del mondo è focalizzata sull'invasione russa dell'Ucraina e su come isolare la Russia finanziariamente, politicamente e diplomaticamente, la Turchia ha intrapreso un percorso di equilibrio unico. Ankara è stato l'unico membro della NATO che non ha aderito ad alcuna sanzione contro la Russia .

Anche l'opinione pubblica sembra sostenere la politica del presidente Recep Tayyip Erdogan sul conflitto. In effetti, le percezioni della NATO in Turchia sono piuttosto negative, anche in un momento in cui paesi come la Finlandia e la Svezia hanno chiesto di aderire all'organizzazione.

La Turchia di Erdogan non ha fretta di vedere una NATO rafforzata,  attualmente potrebbe essere più vicina nello spirito alla Russia di Putin di quanto non lo sia alle nazioni democratiche del mondo occidentale. L'affinità tra leader autoritari e autocrazie non va sottovalutata. La NATO rafforzata e rinvigorita non sembra essere una priorità per Erdogan.

La posizione di Ankara ha anche scatenato un dibattito sull'adesione della Turchia alla NATO. "La Turchia è un membro della NATO, ma sotto Erdogan non aderisce più ai valori che stanno alla base di questa grande alleanza",  ha affermato il 18 maggio un editoriale del Wall Street Journal.  
In questa situazione  il segretario Generale della NATO Jens Stoltenberg, in una conversazione telefonica con il presidente Recep Tayyip Erdoğan, ha affermato che la Turchia è un importante paese della NATO con un'importanza strategica per quanto riguarda l'Europa, la Russia, l'Iraq e la Siria". In una intervista al quotidiano tedesco Bild, ha ricordato le preoccupazioni della Turchia per l'adesione della Finlandia e della Svezia alla NATO.  "Le domande di adesione di due paesi sono un momento storico che dobbiamo accogliere. La partecipazione rafforzerà tutti noi, non solo Finlandia e Svezia", ha affermato Stoltenberg  ricordando che i paesi della NATO, anche la Svezia, la Finlandia e l'UE considerano il PKK come un'organizzazione terroristica.

E’ evidente che la guerra in Ucraina ha dato alla Turchia l’occasione di trovarsi al centro di una intensa attività diplomatica sul piano internazionale potendo così riavviare rapporti logorati da frizioni e divergenze, soprattutto con gli alleati occidentali, nonché di uscire dall’angolo in cui è stata negli ultimi anni anche a causa di una politica estera particolarmente assertiva sul piano regionale. Da Bruxelles,  dalle capitali europee e da Washington sono giunti sostegno e plauso per l’azione diplomatica di Ankara nel conflitto ucraino, mentre si sono intensificati i contatti tra Erdoğan, perno della mediazione turca, e diversi leader mondiali. Si tratta certamente di un risultato importante per il leader turco in un’ottica di prestigio sul piano internazionale, ma anche di riavvicinamento ai partner della NATO ma questo riavvicinamento rischia di bloccarsi di fronte alla richiesta di adesione di Finlandia e Svezia, che il presidente turco ha fino a due giorni fa,  esplicitamente dichiarato di non sostenere a dispetto del favore di tutti gli altri partner.

Nel corso del vertice NATO di Madrid del 28 giugno 2022 la Turchia ha ritirato il veto per l’ingresso nella Nato di Svezia e Finlandia. I tre Paesi hanno firmato un memorandum d’intesa. La firma è avvenuta alla presenza del segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, del presidente finlandese Sauli Niinisto e della premier svedese Margaret Andersson, al termine di una riunione durata quasi quattro ore.

La Turchia è un alleato della NATO dal 1952 e ospita il comando delle forze terrestri della NATO a Smirne, nonché il radar AN/TPY-2 come parte della difesa missilistica della NATO
, le forze di terra turche hanno continuato una revisione nell'ambito del programma "Force 2014" con l'intento di produrre una forza del 20-30% più piccola, più altamente addestrata, caratterizzata da maggiore mobilità e potenza di fuoco e capace di operazioni congiunte e combinate la Marina turca è una potenza navale regionale che vuole sviluppare la capacità di proiettare potenza oltre le acque costiere della Turchia ed è fortemente coinvolta nelle operazioni NATO, multinazionali e ONU; i suoi ruoli includono il controllo delle acque territoriali e la sicurezza delle linee di comunicazione marittime. L'aviazione turca ha adottato un "Concetto di difesa aerospaziale e missilistica" nel 2002 e sta sviluppando un sistema integrato di difesa missilistica; con una mossa controversa, ha acquistato il sistema di difesa aerea russo S-400 per circa 2,5 miliardi di dollari nel 2019. Inoltre negli ultimi anni ha assunto crescenti responsabilità internazionali di mantenimento della pace, incluso il mantenimento di una forza sostanziale sotto la NATO in Afghanistan fino al ritiro nel 2021 e,  negli ultimi anni, ha costruito basi militari di spedizione in Qatar, Somalia, Cipro settentrionale e Sudan.

La Turchia porta avanti disegni politici autonomi e gioca su tutti i tavoli. E l’atteggiamento nella guerra in Ucraina non fa eccezione. Da un lato la Turchia arma Kyiv da ben prima dell’invasione russa; ciononostante, Erdogan, soprattutto dopo il compromesso raggiunto in Siria sulla sostanziale accettazione del legittimo governo di Damasco a lungo avversato e gli accordi energetici siglati con Mosca, da tempo cerca l’intesa con Vladimir Putin. Ankara si è però unita alle condanne della Nato per l’aggressione ma non ha appoggiato le sanzioni contro Mosca, tanto che la Russia non ha inserito la Turchia nell’elenco delle nazioni “ostili” che include tutti i membri dell’Ue e del Patto Atlantico

Secondo la tesi sostenuta in un recente editoriale del New York Times, Recep Tayyip Erdogan è un alleato sempre più inaffidabile per il blocco euroatlantico. L’atteggiamento ostruzionista del presidente turco sull’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato è solo l’ultimo esempio del suo schema di ‘gioco’. Ora il suo obiettivo è diventare gran mediatore ed eventuale garante di un accordo tra Russia e Ucraina, con lo sguardo però rivolto alle elezioni del 2023 in cui cerca la riconferma. Infatti, con un sostegno interno in calo, in un momento in cui la Turchia sta entrando in un ciclo elettorale critico, Erdogan sta cercando un profilo internazionale più alto per dimostrare il suo ruolo globale agli elettori turchi.

 

 

martedì 31 maggio 2022

Afganista. SCheda Paese

 

AFGHANISTAN – NOTA

 Nicolò Paganelli

L'Afghanistan è situato tra Asia Centrale e Meridionale e, privo di sbocchi sul mare, confina a N con Turkmenistan, Uzbekistan e Tajikistan, con la Cina a NE, il Pakistan a E e S, e l'Iran a O; il Paese ha una superficie totale di 652.864 kmq di cui le foreste occupano 12.084,4 kmq.

Tenendo conto della sua Storia, nonché la sua localizzazione geografica e la situazione attuale che caratterizza il Paese, avendo bene a mente il cambiamento radicale avvenuto da agosto 2021, si è analizzato l'Afghanistan secondo 4 parametri, numerati 1-2-6-7, rientranti nell'ambito “Sicurezza”, di seguito elencati: 1) “Fattore Storico: Conflitti”, stimando esclusivamente i conflitti classici dichiarati Stato contro Stato in cui è stato o è coinvolto il Paese, da 5-10 anni ad oggi; 2) “Paesi Limitrofi in Conflitto”, sempre usando lo stesso criterio del parametro precedente si sono contate le Nazioni confinanti attualmente in conflitto con altre, poiché possono influenzare di molto la stabilità politica dello Stato vicino, destabilizzandolo e determinando un alto rischio di crisi economica nello stesso, ma anche trascinarlo anch'esso nel conflitto; 6) “Area Geografica”, intesa come la superficie totale del Paese; 7) “Area Forestale”, ossia la porzione di superficie coperta appunto da foreste.

Esaminare i conflitti avvenuti negli ultimi 5-10 anni, terminati o tutt'ora in corso, in cui il Paese è o è stato coinvolto, è servito per cercare di determinare la probabilità che se ne possano innescare di successivi. I conflitti nei Paesi confinanti possono influenzare di molto la stabilità politica dello Stato vicino, destabilizzandolo e determinando un alto rischio di crisi economica nello stesso, ma anche trascinarlo anch'esso in conflitto. Quanto alle rispettive aree geografica e forestale, si nota che con l'aumentare sia dell'ampiezza del territorio da controllare sia della superficie coperta da foreste aumenta anche la complessità nella gestione delle relative problematiche.

Dalle analisi effettuate, l'Afghanistan non è stato, e non lo è attualmente, coinvolto in un conflitto apertamente dichiarato con nessun Stato estero, nonostante abbia visto sul suo territorio lunghe guerre (l'ultima conclusasi al termine di agosto 2021). L'unico Paese limitrofo attualmente in conflitto è il Pakistan, coinvolto nella guerra del Kashmir contro l'India dal 1947 a oggi (la Cina si defilò nel '63 quando firmò l'accordo sui confini sino-pakistani), con un numero di morti totale di circa 45.000 sommati di tutti gli anni (fonte Center for Systemic Peace). L'aumentare delle tensioni tra Pakistan e India rappresenta uno dei principali rischi attuali per la sicurezza globale nell'Indo-Pacifico perché, secondo vari rapporti su situazioni conflittuali nell'area, si teme una possibile futura guerra nucleare tra i due Paesi. La Cina non è in conflitto aperto con nessuno, ma l'acuirsi della crisi con l'India per le zone di confine (Kashmir-Ladakh) con scontri sempre più duri tra i due rispettivi eserciti, fa temere un prossimo conflitto tra i due Paesi. Uzbekistan e Tagikistan non sono in conflitto aperto con nessuno, ma si verificano comunque frequenti schermaglie sui confini uzbeko-tagiko e tagiko-kirghiso. Iran e Turkmenistan non sono attualmente in conflitto aperto con nessuno.

In base ai dati raccolti e dalle analisi effettuate si è poi sviluppato uno Scenario, contando i Fattori di Squilibrio (quali i 4 parametri utilizzati) in relazione alla Capacità dello Stato (Sicurezza) su cui essi fanno pressione, per avere un quadro generico della situazione del Paese in esame soprattutto dal punto di vista dei conflitti interstatali nell'area in cui esso e i suoi confinanti possono essere coinvolti. Ne è risultato così uno scenario di stabilità, in cui le Capacità dello Stato presentano delle debolezze indicanti che il Paese non è né in un “circolo vizioso” né in un “circolo virtuoso”: il primo inteso come ulteriore indebolimento di capacità e resistenza dello Stato, il secondo invece come rafforzamento di esse.

In conclusione, l'Afghanistan attualmente è in una condizione stabile in relazione a situazioni conflittuali nell'area.     

giovedì 19 maggio 2022

Iran: la visione italiana dello staoto sciita.




I l Comparto informativo ha poi svolto un attento monitoraggio della complessa e articolata situazione della Repubblica Islamica dell’Iran sui piani sia delle questioni interne al regime sia degli aspetti securitari iraniani relativi alla postura regionale e alle attività di proliferazione nucleare e missilistica. 

Per quanto attiene al primo aspetto, nel 2021 il Paese sciita ha sofferto crescenti difficoltà economiche dovute all’onda lunga della pandemia e all’incidenza delle sanzioni internazionali che hanno isolato l’Iran soprattutto dai mercati occidentali. In tale contesto le elezioni presidenziali di giugno hanno portato al potere le fazioni più conservatrici, in uno scenario che ha registrato un malcontento popolare sfociato a novembre in massicce proteste nell’Iran sud-occidentale (specie a Isfahan), complice anche la strutturale carenza di risorse idriche. Sul piano regionale sono rimaste sotto stretto monitoraggio le attività condotte da Teheran in direzione soprattutto di Iraq, Siria e Libano, specie in ragione del sostegno iraniano in quei contesti verso gruppi locali di matrice prevalentemente sciita. 

Particolarmente rilevante è poi apparsa l’interlocuzione avviata tra Iran e Arabia Saudita, per valutare un eventuale ripristino dei rapporti bilaterali e una soluzione politica del conflitto yemenita. Significativi, anche, gli sviluppi in tema di nucleare alla luce della ripresa delle trattative indirette a Vienna tra Iran e Stati Uniti per il rilancio del Joint Comprehensive Plan of Action. 

Dopo una fase di stallo dovuta al cambio di Governo iraniano, i negoziati sono ripresi a fine novembre malgrado permangano importanti incognite relative soprattutto agli avanzamenti tecnologici in ambito nucleare ottenuti da Teheran in seguito alla disapplicazione di diverse clausole dell’accordo come ritorsione alle sanzioni USA.


 Fonte. Relazione annuale sulla politica dell'informazione per la sicurezza 2021. Febbraio 2022

lunedì 9 maggio 2022

Rivista QUADERNI, Anno LXXXII, Supplemento XX, 2021, n. 3 20° della Rivista. CESVAM REPORT Settembre 2021 Agosto 2021

 


SOMMARIO

Anno LXXXII, Supplemento XX, 2021, n. 3,

20° della Rivista “Quaderni”

www.istitutodelnastroazzurro.it

centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org

www.cesvam.org

 

CESVAM REPORT.  SETTEMBRE 2019 – AGOSTO 2021

 

1.      INTRODUZIONE

La necessità di un Report.

 

2.      STRUTTURA DEL CESVAM

a.       Istituto del Nastro Azzurro Ente Morale

Statuto; Regolamento

b.      Lo Statuto del CESVAM

c.       Il Regolamento del CESVAM

d.      Il Verbale  costitutivo del CESVAM del Consiglio Nazionale dell’Istituto del Nastro Azzurro

 

3.      ATTIVITA’ DEL CESVAM

Editoria

a.       La Emeroteca del CESVAM

b.      L’Archivio-Biblioteca del CESVAM

c.       I Progetti di Ricerca. La realizzazione e la finalizzazione

Ricerca

d.      Le attività in essere.

e.       La Rivista “Quaderni del Nastro Azzurro”

f.        I “Quaderni On Line”

g.      I Blog di carattere storico, estensione di ricerca

h.      I Blog di carattere geografico, estensione di ricerca

i.        I Blog di carattere associativo e divulgativo

j.        I CESVAM Papers, collana “occasional” di pubblicazioni

k.      I Libri della Collana del Nastro Azzurro”

Didattica

l.        L’Attività didattica per Master di 1° e 2° Livello

m.    L’Attività didattica per Corsi di Formazione

Divulgazione

n.      Il Sito dell’Istituto del Nastro Azzurro. Concorso alla Gestione

o.      La Piattaforma del CESVAM. Lo strumento di divulgazione al passo con i tempi

p.      I Convegni e le Conferenze

q.      Gli “Incontri con l’Autore”

r.       Collaborazione con Enti, Istituti, Accademie, Università. Il Confronto

 

4.      CONCLUSIONE

. Lineamenti per il futuro

5.      IL PERIODICO “NOTIZIARIO DEL NASTRO AZZURRO

 

Nota redazionale:

Questo numero della Rivista “QUADERNI” come si può notare, pur mantenendo la struttura base, non porta la tradizionale suddivisione “Il mondo da cui veniamo: la memoria” e “Il mondo in cui viviamo: la realtà d’oggi” e le relative rubriche. Questo per lasciare lo spazio al Report del CESVAM, Questo Report, come ampiamente si è riportato nel Report stesso, vuole essere una documentazione fattiva della risposta che la Presidenza Nazionale ha voluto dare, con il Report pubblicato nel 2019 (N. 3° della Rivista, Supplemento XIII, Luglio-agosto 2019) alla lenta crisi che aveva attanagliato l’Istituto culminata, in chiave di retrospettiva storica, con l’anno 2014, considerando il 2015 l’anno della svolta a cui tutti hanno dato un ampio contributo. Questo numero della Rivista vuole essere la continuazione del Report per il quinquennio settembre 2014 – agosto 2019, mantenendo la stessa articolazione ed aggiornandone i contenuti per il periodo di riferimento. Si vogliono fornire elementi di riflessione sulle scelte fatte, sui successi ottenuti, sugli scostamenti da correggere, per proseguire, in vista degli anni futuri, verso una affermazione dell’Istituto sempre più ferma e decisa.

(massimo coltrinari)

 

I di Copertina: Lo stemma del CESVAM

 


Info:segreteriagenerale@istitutonastroazzurro.org

Il presente numero può essere richiesto gratuitamente in formato digitale. Su carta (fino ad esaurimento  copie ed addebito spese postali)   previo versamento di euro 5 a copia in bianco e nero e euro  10 a copia a colori da versare su conto corrente postale n. 25938002 intestato ad Istituto del Nastro Azzurro  oppure su C.C. Bancario BPER Banca Piazza Madonna di Loreto 24 C.C.703202000000002122 IBAM IT 85P0 5387 0320 200000000 2122.