lunedì 30 ottobre 2023

Kurdistan: Rojava; Lo "Stato " dei Curdu Siriani

 


di Antonio Trogu


 

Il Kurdistan, da un punto di vista geografico, è un altopiano vasto 450.000 km2, situato nella parte nord-est della Mesopotamia e ricchissimo di materie prime, tra cui petrolio e risorse idriche; per quanto concerne l’aspetto geopolitico, si tratta di una regione altamente strategica e divisa tra Turchia, Siria, Iraq e Iran. Tali caratteristiche hanno posto e pongono tutt’ora il Kurdistan e i curdi stessi al centro di conflitti domestici ed internazionali.

Il popolo curdo e’ un gruppo etnico di 30-50 milioni di persone che risiedono nella tradizionale area del Kurdistan, che in lingua curda letteralmente significa “il luogo dei curdi’, diviso tra quattro stati-nazione.

I curdi sono un gruppo tribale nomade iraniano proveniente dal grande ceppo delle popolazioni indo-europee. Accomunati da una lingua comune, i curdi sono a maggioranza musulmana sunnita nonostante convivano anche altre correnti religiose: come il sufismo[1].

Sul piano confessionale, prima dell’occupazione araba, i curdi praticavano la religione zoroastriana, sebbene fossero presenti anche comunità ebraiche e cristiane. Attualmente la maggioranza dei curdi professa l’Islam sunnita, tuttavia nella parte sud-est della regione è l’Islam sciita la religione praticata; a tale divisione si aggiunge un 5% di fede cristiana caldea. 

Il Kurdistan come Stato non esiste non essendoci una unità politico-amministarativa ma rimane una comunità di individui che condivide la stessa lingua, storia e cultura e che si ritiene comunque Nazione, anche indipendentemente dalla sua realizzazione in unità politica. Infatti a partire dalla fine degli anni Novanta, con il recupero del patrimonio culturale immateriale curdo, e cresciuta l’idea stessa dei curdi come popolo indigeno, quale elemento di mobilitazione politica da parte di partiti e associazioni.

Già prima dell’inizio della Grande Guerra le grandi potenze europee, con Gran Bretagna e Francia, avevano posto la loro attenzione sul territorio del grande Kurdistan, proprio per la sua posizione strategica e le sue ricchezze petrolifere. Nel 1916, con il celebre accordo Sykes-Picot,[2] che i ministri degli Esteri inglese e francese divisero il Medio Oriente in base ai loro rispettivi interessi, l’accordo ridefiniva confini e controllo dei territori dopo la caduta dell’Impero Ottomano, a Londra spettarono Mesopotamia, Palestina e Giordania, mentre Parigi ottenne la Siria e il Libano. Il piano Sykes-Picot lasciava i curdi senza una propria nazione, divisi in un territorio frammentato tra Turchia, Siria, Iraq e Iran.

Al termine della Prima Guerra Mondiale i 14 punti di Wilson[3] e la promessa dell’autodeterminazione dei popoli come principio fondamentale del nuovo ordine mondiale accesero le speranze indipendentiste curde. Vi fu poi il trattato di Sèvres, l’accordo di pace firmato il 10 agosto del 1920 tra Francia, Gran Bretagna, Italia, Grecia, Giappone e Impero Ottomano, nel quale si parlava del diritto del popolo curdo all’indipendenza e identificava come Stato nazionale dei curdi una regione all’interno del Kurdistan turco

Quando nel 1923 Atarturk Mustafa Kemal[4] trionfò ottenendo per la Turchia l’indipendenza, scacciando le potenze straniere e abolendo il Sultanato, firmò un nuovo trattato di pace, il Trattato di Losanna, nel 1924.

La Pace di Losanna, il trattato firmato tra Turchia e le potenze occidentali che concluse la guerra civile turca ebbe lo scopo di  disegnare un nuovo equilibrio tra i resti dell’Impero Ottomano e l’Europa. Con questo trattato Ataturk riuscì a ottenere la rimozione di qualsiasi riferimento al Kurdistan indipendente, delimitando i confini della Turchia che ancora oggi conosciamo in cambio del riconoscimento delle colonie occidentali nelle ex-province ottomane: Cipro e i giacimenti petroliferi mesopotamici alla Gran Bretagna; Tripolitania, Cirenaica e Dodecaneso all’Italia; Tunisia e Marocco alla Francia. 

Il Trattato di Losanna infranse così le speranze suscitate dal Trattato di Sèvres di un Kurdistan indipendente e confermò la divisione della popolazione curda in quattro Paesi: Turchia, Siria, Iraq e Iran e rappresentò ufficialmente la pietra tombale sul progetto del Kurdistan indipendente. La maggior parte dei territori curdi toccò alla Turchia, un’altra porzione alla Siria e le regioni meridionali del Kurdistan al Regno dell’Iraq, creato da Londra con la fusione dei due distretti ottomani di Bassora e Baghdad. 

Divisa nei quattro Stati di Turchia, Siria, Iraq e Iran, la popolazione curda conta ben 35.000 individui; essi rappresentano la quarta etnia del Medio Oriente, nonché il popolo più numeroso al mondo a non avere un proprio Stato-nazione. Nel corso della storia, i curdi sono stati oggetto di discriminazioni, persecuzioni ed alleanze tradite, il che ne ha decretato la condizione attuale. Da decenni i curdi inseguono il sogno di poter formare un unico Paese indipendente e ciò ha creato  contrasti, spesso violenti e sanguinosi, con i governi delle nazioni che li "ospitano" e altre popolazioni con cui condividono il territorio.

Sia in Iran che nell'Iraq del dittatore Saddam Hussein, ad esempio, le popolazione curda divenne il bersaglio di deportazioni, arresti, torture ed esecuzioni sommarie. Anche in Turchia, dove i curdi sono più del 18% della popolazione,  e in Siria questa etnia è stata a più riprese colpita da provvedimenti duri e sanguinosi.

La rivoluzione del 1979 e l’ascesa al potere dell’Ayatollah Khomeini sembrarono aprire nuove opportunità per il Partito Democratico del Kurdistan dell'Iran (KDPI) e per il riconoscimento dei diritti delle minoranze in Iran. Infatti, il partito curdo aveva giocato un ruolo considerevole nel rovesciamento del regime dello scià. Ma per i curdi la rivoluzione sciita si rivelò essere amaramente un nulla di fatto, tutto cambiò, perché nulla cambiasse davvero.

L’Ayatollah proclamò nell’agosto del 1979 la jihad contro i curdi. Seguirono esecuzioni sommarie e una feroce oppressione. Il KDPI stima che siano state circa 30.000 – 35.000 le vittime provocate dal conflitto con lo Stato iraniano.

Il KDPI, fondato dopo la Seconda Guerra Mondiale, come parte dell’Associazione per la Resurrezione del Kurdistan, venne liquidato dopo le repressioni del 1966-67me fu ripristinato dopo il 1973. Si tratta del più grande e meglio organizzato dei gruppi di opposizione e cerca l’autonomia per i curdi in Iran, operando soprattutto dalle sue basi in Iraq.

In Turchia Ocalan, che aveva iniziato la sua attività politica negli anni sessanta, insieme ad un giovane giornalista Mazlum Doğan e Mehmet Hayri Durmuş, uno studente di medicina curdo,  pubblica “La Rivoluzione in Kurdistan” che teorizzava la creazione di uno Stato curdo che avrebbe dovuto riunire le quattro regioni del Kurdistan con un apparato statale dotato di una struttura politica socialista. I tre autori fanno inoltre riferimento alla lotta armata come strumento di liberazione dalla Turchia definendo il Kurdistan una colonia da liberare.

Il 27 novembre 1978 fondano il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) attivo nel sud-est della Turchia e nella zona del Kurdistan iracheno. Il PKK e’ considerato da diversi Stati come un’organizzazione terroristica poiché pratica la lotta separatista armata per tentare di fondare un Kurdistan indipendente. Il 1979 segna l’inizio della lotta armata del PKK contro il governo centrale turco e in seguito crebbe in popolarità e nella ramificazione della propria struttura politica e militare. La solida base marxista-leninista della sua dottrina politica permise al PKK di partecipare alle azioni dei gruppi militanti di estrema sinistra turchi.

Il PKK è attualmente considerata un'organizzazione terroristica dalla Turchia, dagli Stati Uniti d'America e dall'Unione europea.

In questi anni la linea ideologica del PKK si è distaccata dal socialismo a tendenza marxista-leninista, prediligendo il confederalismo democratico, tanto che dalla bandiera dell’organizzazione è stato tolto il simbolo della falce ed il martello. Il PKK ha rivisto la propria posizione, visto il mutamento storico e hanno rinunciato a battersi per l’indipendenza del Kurdistan, portando avanti però la battaglia per il riconoscimento di un’autonomia su tutto il territorio curdo.

Dal 1923 al 1990, la Turchia ha attuato una politica ben definita nei riguardi dei curdi presenti sul territorio nazionale, la quale si è incentrata su tre pilastri, ossia assimilazione, repressione e contenimento con lo scopo di porre fine alla questione curda, arrivando persino a negare l’esistenza dei curdi in quanto gruppo etnico.

In Turchia e zone limitrofe l'oppressione nei confronti dei curdi si fece ancora più pesante in seguito al fallimento del colpo di stato che cercò di deporre l'attuale presidente turco Recep Tayyip Erdoğan.  Ripreso in mano il controllo infatti, Erdoğan - che da sempre è stato ostile al nazionalismo curdo - chiuse giornali e attività curde in tutto il Paese, arrestando migliaia di persone.

Durante la guerra siriana dove allo scontro tra ribelli ed esercito del presidente Bashar al Assad si è aggiunta anche la minaccia dell'ISIS, i curdi siriani sono stati i più agguerriti oppositori dell'ISIS e le violente battaglie, costate molto care in termini di morti e feriti,  hanno portato i terroristi islamici a dover arretrare di parecchi chilometri.

Nel 2003, nella parte settentrionale del paese, da alcuni membri del PKK è stato fondato il PYD e le milizie dell’YPG, braccio armato del PYD. 

L’attivismo politico e militare del PYD è emerso sulla scena internazionale a partire dalle primavere arabe del 2011, in quanto il governo di Damasco non aveva le risorse necessarie per combattere contemporaneamente i ribelli e i curdi, i quali, sfruttando l’assenza e l’incapacità delle forze governative, hanno iniziato dal 2012 ad occupare l’area settentrionale delle Siria, in cui ancora oggi è presente la minoranza curda.

Il ruolo del PYD è divenuto significativo nel 2014, con le milizie dell’YPG che sono state le prime a respingere l’avanzata dell’ISIS, il che ha significato per il PYD l’appoggio statunitense e la solidarietà da parte dell’intera comunità internazionale. Vi e’poi stata la battaglia di Kobane che ha rappresentato un punto essenziale per la questione curda in Siria, infatti la liberazione di Kobane nel febbraio del 2015 e la resistenza curda hanno designato il PYD come uno degli attori più importanti nella lotta all’ISIS. 

A seguito dell’invasione siriana da parte dei miliziani dello Stato Islamico e la conseguente resistenza delle forze curde di Unità di Protezione Popolare (YPG) e dell’Unità di Protezione delle donne (YPJ) nella Siria del Nord, i media occidentali hanno dato grosso risalto alle combattenti curde, in prima linea nella lotta al fondamentalismo islamico del Daesh.

La porzione di territorio siriano liberata, la Rovaja, è stata rivendicata dai leader curdi e nel gennaio 2014, i partiti curdi – incluso il Partito democratico dell’Unione dominante (PYD),  hanno dichiarato la creazione di “amministrazioni autonome” nei tre “cantoni” di Afrin, Kobane e Jazira. Nel marzo 2016 è stata annunciata l’istituzione di un “sistema federale”, conosciuto come Rojava, che includeva principalmente aree arabe e turkmene catturate dall’Isis. La dichiarazione è stata respinta dal governo siriano, dall’opposizione siriana, dalla Turchia e dagli Stati Uniti.

Il Rojava è uno stato, autoproclamatosi indipendente, che comprende i territori del Nord Est della Siria. In lingua curda, la parola Rojava identifica il luogo dove tramonta il sole: l’Ovest. Non essendo ufficialmente riconosciuto da nessuna nazione, a parte il Kurdistan iracheno, nei documenti ufficiali ci si riferisce a quest’area geografica come: Siria del Nord Est o Kurdistan dell’Ovest.

Al momento l’Amministrazione autonoma della Siria del nord e dell’est è sotto intenso e crescente attacco dell’artiglieria e dei droni turchi, con aerei da guerra che sorvolano costantemente l’area. Dalla rielezione del presidente della Repubblica di Turchia Erdogan, e la conferma del governo Akp-Mhp, si assiste a un’escalation negli attacchi contro il Rojava, ma anche sulle montagne del Kurdistan iracheno, contro la guerriglia del movimento di liberazione curdo.

Nonostante il brutale conflitto in corso, il Rojava curdo-siriano sta consapevolmente sperimentando forme di democrazia diretta in grado di proporre a un Medio Oriente martoriato un modello di società antagonista sia ai regimi dittatoriali alla Assad sia ai regimi teocratici alla ISIS.

Rifacendosi al confederalismo democratico elaborato dal leader curdo Abdullah Òcalan[5], detenuto in un carcere turco dal 1999, la popolazione del Rojava ha iniziato ad autogovernarsi attraverso una rete di assemblee e consigli in cui vengono decisi aspetti cruciali della vita sociale come l'autodifesa militare e l'amministrazione della giustizia. Questa visione non-statale dell'organizzazione sociale, fortemente influenzata dal municipalismo libertario di Murray Bookchin,[6] che teorizzava l’elaborazione di forme d’organizzazione che permettano a una società ecologica razionale di funzionare con forme dirette di decisione e governo, si rivela rivoluzionaria anche per il contributo fondamentale delle donne, che partendo dalla critica della disparità uomo/donna sono arrivate a identificare nello Stato il principio organizzatore da abbattere. Si viene così a delineare una democrazia senza Stato del tutto sperimentale.

Il progetto di democrazia confederalista , è nato a partire dalle rivolte contro il regime di Assad nel 2011.  Sono stati i Curdi siriani ad animare questo processo, condividendo con tutte le altre etnie che abitano il territorio la necessità di autodeterminarsi e di unirsi in risposta all’oppressione prima, e all’abbandono dopo, del regime di Assad. Si tratta di un processo di attivazione democratica dal basso dove il potere politico, economico e giudiziario sono decentralizzati, dove ogni carica istituzionale, dal livello locale a quello provinciale, è presieduta sia da un uomo che da una donna.

Il Rojava, dopo essersi reso autonomo durante la guerra civile siriana, ha approvato un Patto costituzionale che comporta una scelta confederale all’interno della Siria, libere elezioni, libertà di stampa e di associazione politica, laicità delle istituzioni, uguaglianza per tutti i cittadini siano essi musulmani, cristiani, yazidi o di altre minoranze. Soprattutto ha affermato l’assoluta uguaglianza tra uomo e donna, superando le pratiche discriminatorie connaturate alla cultura del medio oriente.  Per molti anni le donne all’interno del movimento di liberazione curdo hanno lottato per stabilire la parità di genere come principio fondamentale dell’ideologia del movimento.

In Rojava, attraverso l’Amministrazione autonoma della Siria del Nord-Est (non riconosciuta ufficialmente né dal governo siriano né da quello turco), i curdi hanno dato vita ad un nuovo sistema di organizzazione della società che fonda le sue radici sui principi del femminismo, dell’ecologia sociale e del municipalismo libertario, che trascende lo stato e prende il nome di Confederalismo Democratico.

Le donne curde turche del PKK sono state le principali pioniere nella trasformazione del ruolo della donna nella sfera sociale, politica e militare della società curda; ma tale trasformazione non si verificò solo all’interno del confine curdo turco. Al contrario, i risultati più notevoli in merito all’emancipazione femminile si ottennero in Rojava.

L’istituzione dello YPJ, esercito formato di sole donne, ha contribuito anche in questo campo alla loro emancipazione, in istituzioni come quelle militari fortemente patriarcali. L’accesso nelle unità di protezione su base volontaria ha portato molte donne ad arruolarsi nello YPJ, così come accaduto con il PKK, per liberarsi dai legami patriarcali ed ottenere il controllo della propria vita. La scelta di una forza militare separata e coordinata da sole donne, infatti, si rese necessaria in quanto la presenza di uomini nella stessa organizzazione, in una società dove il patriarcato non è stato sradicato, avrebbe potuto ostacolare il pieno potenziale delle donne. Lo YPJ quindi può essere vista come un’organizzazione a 360 gradi che, oltre ad occuparsi della difesa territoriale interna ed esterna, combatte direttamente per i diritti delle donne.

 

E’ interessante quanto dichiarato dalla comandante curda Nesrîn Abdalla:

«Fino ad ora, gli eserciti erano creati esclusivamente da uomini con un approccio patriarcale, infatti avevano solo due compiti: difendere e vincere. Ma noi siamo un esercito di donne… lo facciamo non solo per proteggerci, ma anche per cambiare il modo di pensare nell’esercito, non solo per guadagnare potere, ma per cambiare la società, per svilupparla».

Pur essendo  i curdi un popolo fortemente eterogeneo, incentrano la loro identità tutta sul fattore etnico.  L’aspetto peculiare della popolazione curda concerne una storia caratterizzata da repressioni, discriminazioni e continue lotte, le quali non hanno tuttavia portato alla nascita del Kurdistan, ossia la tanto attesa e desiderata patria dei curdi.

Quella del popolo curdo è una lotta su più fronti per l’autodeterminazione, l’autonomia e il riconoscimento della propria identità e dei diritti civili e politici, tuttora negati all’interno dei quattro Stati in cui è costretto a vivere.

 

 

 

 

 

 



[1] Il sufismo nell’islam e’ una dottrina e disciplina di perfezionamento spirituale. Si presenta come un insieme di metodi e dottrine che tendono all’approfondimento interiore dei dati religiosi, per preservare la comunità dal rischio di un irrigidimento della fede e di un letteralismo arido e legalistico.

[2] Intesa segreta fra l’Inghilterra, rappresentata da M. Sykes (1879-1918), e la Francia, rappresentata da F. Georges-Picot (1870-1951), con l’assenso della Russia zarista, per decidere le rispettive sfere d’influenza e di controllo in Medio Oriente, dopo il crollo ritenuto imminente dell’impero ottomano

[3] Nome dato ad un discorso pronunciato dal presidente Woodrow Wilson l'8 gennaio 1918 davanti al Congresso riunito in sessione congiunta e contenente i propositi di Wilson stesso in merito all'ordine mondiale seguente la prima guerra mondiale

[4] Generale e statista turco dopo la fine della prima guerra mondiale organizzò la lotta per l'indipendenza e l'unità nazionale della Turchia. Respinta l'invasione greca (1920-22), diede il via a una serie di rivoluzionarie riforme costituzionali, quali l'abolizione del sultanato ottomano, del califfato e del diritto canonico islamico, la proclamazione della repubblica, la laicizzazione dello Stato. 

[5] leader e fondatore del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk). Dal 1999 è stato arrestato e condannato a morte dallo stato turco con una pena commutata in ergastolo, ed è tenuto in totale isolamento sull’isola di İmralı, dove per quasi undici anni è stato l’unico prigioniero.

[6] Murray Bookchin, nato a New York il 14 gennaio 1921, viene considerato uno dei pensatori anarchici contemporanei più originali e innovativi, in grado di ispirare profondamente pensatori come Abdullah Öcalan, uno dei fondatori del partito dei lavoratori Curdi (PKK).

 

giovedì 19 ottobre 2023

Alessia Biasiolo Sulle Tracce del sacro Graal

 


Sono trascorsi novant’anni dalla pubblicazione de “Crociata contro il Graal” scritto nel 1933 da Otto Rahn, uno storico specializzato in storia medievale e poi ufficiale delle SS nella Germania degli anni Trenta. Ancora una volta tornava alla ribalta il mito del Graal, nato da leggende medievali e reso celebre da noti testi. Anche lo storico Rahn aveva approfondito i trovatori provenzali, perdendosi in Occitania, tra Catari e fortezze, fino a quando deciderà di esplorare Parigi, giungendo alla fortezza di Montségur e in caverne nella zona dei Pirenei per studiarne i graffiti, individuandone alcuni rappresentanti calici che potevano rimandare al famoso Graal perduto, da quando era stato nascosto per impedirne l’uso o la distruzione.

Nel Vangelo di Matteo si legge di Gesù che, durante l’ultima cena prima di essere arrestato e poi condannato a morte per crocifissione, prende una coppa di vino e recita preghiere, come riporta anche l’apostolo Luca, mentre Giovanni non ne accenna affatto. Il calice torna ad essere citato invece da Paolo di Tarso, in una lettera ai Corinzi, ma ancora nei primi decenni del cristianesimo non si sa nulla del bicchiere o della coppa che Gesù avrebbe usato durante la sua ultima cena con gli apostoli. Del resto non sono noti altri oggetti o reliquie che possano essere messi in relazione con la sua vita e di cui sappiamo soltanto attraverso le sacre scritture. La distruzione di Gerusalemme del 70 ad opera delle legioni di Tito, aveva anche fatto perdere le tracce dei luoghi santi nei quali aveva vissuto i suoi ultimi giorni e non aveva aiutato nemmeno la distruzione del 135 per stroncare la rivolta ebraica: soltanto il Muro del Pianto, del tempio costruito da Erode, restava nella sua collocazione originale, a ricordare la storia passata. Sarà con il riconoscimento del cristianesimo come religione dell’impero romano che alcuni personaggi cominceranno ad interessarsi degli avvenimenti della vita di Cristo e cercheranno di trovarvi riferimenti in Terra Santa, soprattutto grazie alla mamma dell’imperatore Costantino, Elena, divenuta poi santa. Sarà lei, infatti, ad ordinare degli scavi affinché si portassero alla luce i luoghi della passione di Gesù. Verranno allora trovati i chiodi e la croce, la corona di spine, la lancia con la quale gli era stato ferito il costato quando era agonizzante in croce, la spugna con la quale gli si era dato qualcosa da bere e poi il Santo Sepolcro, luogo sul quale venne fatta edificare una basilica. Eusebio di Cesarea scrisse quindi la “Storia ecclesiastica”, sempre per volere di Elena che così metteva le basi per la storia del cristianesimo. Il calice venne visto da alcuni pellegrini in una nicchia della basilica del Santo Sepolcro nel IV secolo, ma poi se ne persero le tracce, che forse nessuno cercava. Infatti, trascorsero circa ottocento anni prima che il calice della passione tornasse a fare parlare di sé grazie ad una serie di leggende che identificarono il calice usato da Cristo con il Santo Graal degli antichi miti celtici. Verso il 1135, Goffredo di Monmouth scrisse la “Storia dei re di Britannia” in cui ricostruì la storia di Artù, già apparso nella “Storia dei bretoni” di Nennio nel IX secolo. Nel 1155, Robert Wace al servizio di Eleonora d’Aquitania, regina di Francia e poi regina d’Inghilterra, scrisse “Roman de Brut”, basato sul testo di Monmouth: appare di nuovo il re Artù che conquista il trono grazie alla spada Excalibur e che fonderà i Cavalieri della Tavola Rotonda. La vivacità della corte d’Aquitania fece sì che numerosi scrittori e trovatori potessero attingere a quelle storie, vivacizzandole a loro volta e portandole in giro per il mondo. Tra questi, Chrétien de Troyes scrisse numerosi romanzi tra i quali “Perceval, o il racconto del Graal”, così come Maria di Francia produsse molti lais su Artù e il santo Graal. Il ciclo arturiano divenne così famoso che nel 1191 venne scoperta la tomba di Artù nell’abbazia inglese di Glastonbury. Sarà il poeta Robert de Boron a fare diventare quella di Artù una leggenda cristiana nella quale compariva Giuseppe d’Arimatea che, oltre ad essere il proprietario della tomba dove venne deposto il corpo di Gesù una volta tolto dalla croce, aveva anche portato il calice dell’ultima cena in Inghilterra: siamo verso il 1200 e il calice già era identificato con il Graal. Nel calice Giuseppe stesso aveva raccolto alcune gocce di sangue di Cristo. Verso il 1210 Wolfram von Eschenbach, probabilmente un cavaliere templare, scrisse “Parzival”, romanzo che raccontava le gesta di un cavaliere della Tavola Rotonda poi incoronato come sovrano nel castello del Graal. Ecco che nel 1220 tutti i tasselli della storia del re di Britannia Artù erano completi. Esisteva l’isola di Avalon, il re e i suoi cavalieri risiedevano a Camelot, la spada Excalibur, la Tavola Rotonda attorno alla quale si riuniscono dodici cavalieri e il re Artù, a ricordo dell’Ultima Cena. Poi c’è il Santo Graal, la moglie di Artù Ginevra, Lancillotto e Perceval. Tutti i luoghi, i fatti e i personaggi del ciclo arturiano sono inventati, ma rimandano a personaggi reali come Giuseppe d’Arimatea, Artù, Alfonso I d’Aragona che pare abbia ispirato il Re Pescatore, nel trascorrere dei secoli. Nei decenni seguenti i cavalieri ebbero l’importante compito di ritrovare il Graal in una sorta di pellegrinaggio alla ricerca di se stessi, del proprio ruolo nel mondo e della propria fede. Allora diventa una missione collettiva ricercare il calice perduto, resistendo alle lusinghe materiali e carnali che diventano una prova selettiva che designerà il migliore come vincitore: egli sarà degno di avere il Graal perché, come Gesù, aveva resistito alle tentazioni del demonio. I posti alla Tavola Rotonda sono tredici e il mago Merlino aveva lasciato il tredicesimo posto proprio a colui che avrebbe trovato il calice sacro: sarebbe stato l’incarnazione di tutte le virtù cristiane perché, se si sedeva a quel posto chi non ne era degno, sarebbe stato colpito dalle peggiori sciagure. Quel cavaliere doveva essere forte come Lancillotto, coraggioso come Artù, ma doveva anche essere puro di cuore. Uno di questi sarà Perceval che raggiungerà il castello del Graal del Re Pescatore, ma non sarà abbastanza puro di cuore per afferrare il calice. Arriverà poi Gawain, nipote di Artù, e Lancillotto che sembrava la persona adatta per ricevere il calice, ma la passione amorosa l’aveva tradito, così come lui aveva tradito il suo re. Sarà suo figlio Galahad, nato dall’inganno di Elaine che fingerà di essere Ginevra, a prendere il posto del Re Pescatore, ad avere il Graal e a dimostrarsene degno perché era stato capace, come Gesù, di resistere a qualsiasi tentazione. Lui era il cavaliere perfetto, libero dal peccato, l’eletto, come aveva predetto Merlino.

Alla vicenda secolare del Graal si era appassionato anche Heinrich Himmler, non soltanto interessato all’occulto come Hitler, ma collezionista di oggetti preziosi e particolari. Per quel motivo metterà Otto Rahn in un ufficio di ricerca dell’Ahnenerbe e poi lo fece entrare nelle SS con le quali parteciperà alla ricerca in Islanda delle caverne testimoni del culto di Odino e di Thor. Nel 1937 Rahn dà alle stampe “La Corte di Lucifero” commissionatogli da Himmler e forse scritto controvoglia, con contenuti forse rimaneggiati dai censori nazisti e non è certo se con l’autorizzazione dell’autore stesso. Il libro metteva insieme anni di ricerche, mentre nuvole nere si addensavano sullo stesso Rahn per via della sua omosessualità e, forse, per origini ebraiche, caratterizzato dalla scarsa disciplina militare e dedito all’abuso di alcol che lo faranno internare a Dachau e poi a Buchenwald. Nel 1938 Otto si dimise dalle SS e infine il suo cadavere verrà rinvenuto nell’aprile del 1939, forse morto per ipotermia o forse per abuso di sonniferi, anche se intorno alla sua morte si chiacchierò molto.

In ogni caso non si spegneva l’interesse mistico già della Thule-Geselleschaft, una società fondata nel 1910 e che già basava le proprie teorie sull’antisemitismo, la purezza della razza ariana, la ricerca della realizzazione dei miti germanici che avrebbero portato la Germania al ruolo dominante che gli adepti della società pensavano le spettasse per la sua superiorità razziale. Sarà del 1913, poi, la nascita della teoria del Ghiaccio Cosmico, secondo la quale cataclismi e cambiamenti della forza di gravità del pianeta Terra avrebbero portato alla nascita di giganti e all’inabissamento di tre continenti, quali Atlantide, Lemuria e Mu. I discendenti dei cittadini di Atlantide scampati al cataclisma sarebbero gli iperborei di Thule (mitica isola forse tra le Orcadi rimasta salva e descritta nel 325 a.C. da Pitea di Marsiglia) da cui deriverebbero i popoli germanici, e alcune vette di Atlantide rimaste visibili sarebbero le Canarie, le Azzorre, l’isola di Sant’Elena, oltre all’altopiano della Groenlandia, Islanda e Terranova. Nel 1933 James Hilton darà alle stampe “Orizzonte perduto” in cui ci sono ancora vari riferimenti a questa storia. I concetti della Thule-Gesellschaft erano condivisi con la Società Teosofica tedesca, oltre che da altri circoli britannici, e molti miti fondanti delle società entreranno a far parte del programma politico di Hitler. L’isola di Thule verrà assunta come patria mitica degli ariani che spiegheranno così l’origine della loro razza, pescando tra i miti classici tramandati tra epica e leggenda, insistendo sulla caratteristica della superiorità razziale. Vennero pertanto travisati molti scritti greco-romani e gli stessi dialoghi platonici, così come il mito della Thule stesso, cercando di dimostrare che i popoli latini fossero appartenenti alla superiore razza germanica il cui primo insediamento era stato in Val Camonica, in Italia. Le speculazioni si allargano anche al manoscritto in frisone antico che racconta l’epopea dei Frisoni dal 2194 a.C. fino all’803 d.C., indugiando soprattutto sul passato mitologico e religioso delle tribù germaniche. Il testo venne tradotto in tedesco nel 1933 e venne sposato sempre da Himmler, cultore della Thule come origine della popolazione di semidei e superuomini che, equiparati ai giganti, con la pelle chiara, gli occhi azzurri e i capelli biondi, costituivano il più alto esempio di razza e di razza ariana. Su questo si basava il mito della grande Germania, che soltanto fondando il proprio credo di costruzione di una società giusta e saggia, unica e dominatrice su storie lontane, poteva dimostrare di essere erede e guida di una rivoluzione che era scritta nella notte dei tempi. Molti gerarchi nazisti tra i quali Rudolf Hess e Himmler stesso, erano affiliati delle società mistiche, la Thule compresa, e si spesero per la ricerca dell’eredità ancestrale. Hitler sarà l’uomo deputato a riportare in auge gli antichi miti, coadiuvato dai suoi collaboratori. Ecco allora che la sede iniziatica delle SS venne posta da Himmler nel castello di Wewelsburg, in Vestfalia, dove i giovani scelti mantenevano rituali propri dei Cavalieri della Tavola Rotonda e poi dei Cavalieri teutonici ai quali si riferivano, adattando storie a proprio vantaggio. Basilare sarà anche la divinità germanica precristiana Wotan, Odino, al quale sembra che Hitler stesso fosse votato, soprattutto dopo un risveglio religioso probabilmente avuto dopo una battaglia della prima guerra mondiale, alla quale aveva partecipato, e per aver seguito il consiglio mistico di lasciare l’ospedale dov’era ricoverato poco prima che venisse colpito da una granata, giustificando in questo modo la sua missione come scritta nei tempi. Tutto il misticismo verrà affidato alle SS dal 1933, anno che già era stato predetto come momento di grandezza per il partito nazista: sarà infatti l’anno in cui Hitler si insedierà come cancelliere della Germania. Saranno molti i simboli e i gesti che i nazisti utilizzeranno mediandoli dai miti antichi, compreso l’uso della croce uncinata, simbolo del dio nascente presente nelle prime comunità cristiane, ma anche simbolo originario della società Thule-Gesellscehaft. Per ricercare l’insegnamento dell’eredità ancestrale, venne fondata nel 1935 da Heinrich Himmler con Wirth e Darré, la Ahnenerbe che non solo condusse ricerche e studi come quelli relativi al sacro Graal, ma si occupò di creare una storia basata sulla superiorità della razza tedesca. Hitler volle la Heilige Lanze che la tradizione vuole fosse quella adoperata dal centurione Longino per trafiggere il costato di Cristo sulla croce, così come appoggiò la ricerca del Sacro Graal. Nel 1944 le SS misero a ferro e fuoco un paese francese colpevole, a loro dire, di avere occultato la sacra reliquia che doveva essere recuperata per il Terzo Reich.

Alessia Biasiolo

martedì 10 ottobre 2023

Contributo dell'Italia alla pace, alla stabilità ed alla sicurezza Le Missioni di pace concluse

da: sito www.esercito.difesa.it 

Operazioni internazionali concluse