di
Federico Salvati
Il Caucaso è una realtà estremamente
multiculturale e tristemente questa multiculturalità coincide con fenomeni di
multiconflittualità. Da un punto di vista accademico, però, un dato come questo
(la cui tragicità è indescrivibile) può essere convertito in un vantaggio per
comprendere meglio la realtà regionale. Il parallelismo degli accadimenti e le
loro lampanti comunanze ci permettono, infatti, di scrutare gli eventi in
maniera comparatistica.
Guardano il Caso ceceno e il caso azerbaijano in
quest'ottica la domanda che sorge spontanea è: Perché l'Azerbaijan non ha seguito le più triste
sorti toccate alla Cecenia e quali sono i fattori che hanno delineato un esito
diverso nell'articolazione del conflitto?
La risposta a questa domanda non può e non deve
essere univoca ma c'è un fattore salta subito all'occhio analizzando i due
conflitti: il diverso ruolo delle risorse petrolifere.
Entrambi i paese hanno una lunga storia di sfruttamento delle risorse
fossili. Le prime testimonianze a riguardo, risalgono all'era premoderna ma
l'estrazione industriale cominciò solo alla fine del XIX sec. È largamente
accettato tra i commentatori che in Azerbaijan le risorse petrolifere in senso
stretto non abbiamo giocato un ruolo di punta all'interno dello scenario della
guerra civile. Ci fa notare Jill Shakelman che i ricavi più sostanziali per lo
stato azerbaijano sono arrivati dopo la fine della guerra e non prima. Baku
mancava sostanzialmente delle risorse tecnologiche per lo sfruttamento
intensivo dei depositi e proprio questa necessità ha portato alla firma del
“contratto del secolo”. Il teatro del Nagoron Karabakh inoltre si è svolo
geograficamente lontano dai pozzi dell'Azerbaija rendendo meno facile l'accesso della risorsa da parte dei
combattenti. Dopo il 91, inoltre, si
sono totalmente tagliate le forniture di energetiche all'Armenia, escludendo in
senso tattico il fattore dal conflitto.
Negli anni a seguire la politica azerbaijana a
riguardo è stata molto più scaltra rispetto a quella Cecena. I proventi
provenienti dal commercio petrolifero sono stati usati per comprare consenso e
legittimità politica tra popolazione. Lo stesso Ilhan ha guadagnato il rispetto
politico solo quando sono cominciati ad arrivare le prime entrate derivanti
dalla vendita delle risorse della BTC. Al contrario la popolazione cecena non
ha mai goduto in maniera diretta delle rendite derivanti dalle vendite
petrolifere che invece hanno favorito l'ascesa di pochi eletti.
Dudayev al momento della proclamazione
d'indipendenza del paese era conscio che il petrolio avrebbe potuto fornire
larghi orizzonti economici al paese. Yaiha Sayd, però, mette in luce come il
leader Ceceno vedeva con troppa automaticità il rapporto tra indipendenza e
benessere economico. La presenza di una risorsa economica in uno scenario di
guerra quasi mai rappresenta una speranza di sviluppo futuro. Al contrario a
seconda della sua accessibilità può dare vita a complicazioni strategiche che
aumentano l'intensità e la durata del conflitto aggiungendo un fattore di
“avidità” (come viene chiamato dagli esperti del settore) dove invece non era
presente. A differenza del caso azero in Cecenia le risorse petrolifere erano
alla portata di tutti. Chiunque poteva fare in modo di appropriarsene in
maniera veloce e senza troppe ripercussioni. Ribelli e criminali comuni non si
sono limitati a succhiare il petrolio che scorreva nei tubi dalle pipeline in
territorio ceceno. In breve tempo tempo si passò da queste semplici operazioni,
a carattere rischioso e poco lucrativo, alla raffinazione su base
domestica. Contrariamente all'Azerbaijan
infatti la Cecenia era dotata di un capitale industriale nel campo energetico
più consistente e che meglio si adattava all'attività commerciale del greggio.
Il livello spaventoso della violenze e la durata prolungata del suo esercizio
all'interno dello scenario, hanno creato uno sfaldamento sociale maggiore
rispetto al Karabakh che è sfociato un una spiccata propensione da parte della
popolazione all'auito-aiuto ( o come la chiama Murab Al-Shishani alla “self-criminalization”).
La Cecenia, inoltre, non ha mai avuto problemi estrattivi. La natura delle
risorse di questo paese è sempre stata estremamente superficiale ( molte
famiglie potevano accedervi senza uscire neanche dalla propria proprietà). Una
volta impadronitisi, attraverso i saccheggi, dei macchinari necessari per la
raffinazione, singole famiglie o gruppi di famiglie hanno cominciato a pompare
petrolio facendo del suo commercio un business domestico. Tale circostanza va
inquadrata in un contesto sociale più ampio. La Cecenia infatti negli anni è
diventata un entità economica a se stante rispetto alla madrepatria. Molti
esponenti dell'esercito russo e delle fazioni ribelli hanno conseguito fortuna
e ricchezza avvantaggiandosi delle dinamiche di guerra. Questi eventi hanno
raggiunto il parossismo nella seconda guerra cecena quando pur di continuare i
propri affari elementi deviati dell'esercito, ribelli e semplici gangster hanno
instaurato delle lucrative e durature collaborazioni tra i vari fronti, tese a
conservare lo scenario di disordine e anarchia che permetteva agli interessati
di condurre i loro traffici illegali.
Vediamo come fattori geografici, economici e
sociali hanno giocato in maniera convergente nel plasmare gli accadimenti di
questi due scenari che si guardano allo specchio ritrovando nell'altro
possibilità mancate e rischi evitati.
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