lunedì 20 febbraio 2023

L'intelligence e l'Attività Umana Utilizzazione e Classificazione di Fabio Lombardelli

 UTILIZZAZIONE DELLA HUMAN INTELLIGENCE

 In primo luogo, quando è necessario acquisire prove documentali per accedere ad informazioni scientifiche e tecnologie belliche che possono offrire un vantaggio nella costruzione di armi. Grazie alle operazioni HUMINT è possibile descrivere strutture sotterranee, interni di immobili, luoghi inaccessibili o parzialmente inaccessibili in altri modi e zone impervie per valutare le caratteristiche strutturali di un luogo e scoprirne le vulnerabilità. Importantissime sono le informazioni sulle produzioni militari e civili, il ruolo delle diverse strutture, le materie prime, la logistica dei materiali e le relazioni dirette e indirette tra le diverse istallazioni, ma è fondamentale che questo tipo di scoperte vengano comunicate in tempo reale agli analisti che le intrecciano con altre fonti. Quando l’intervallo di tempo che scorre tra acquisizione, report e verifica di un determinato dato è eccezionalmente lungo è possibile rendere incapace l’Agenzia di Intelligence di rispondere velocemente a determinate azioni rendendo vani tutti gli sforzi precedenti. Altri punti di debolezza di questa particolare classificazione di Intelligence sono certamente la possibilità di influenze ed interferenze politiche, l’affidabilità delle fonti e la difficoltà di valutazione e verifica, l’ampiezza e l’impurità delle informazioni da analizzare. 8 


CLASSIFICAZIONE DELLE ATTIVITA’ DI HUMAN INTELLIGENCE La HUMINT concretamente è articolata in tre categorie che delineano tre diverse tipologie d’azione, le quali hanno comunque alla base la raccolta di informazioni attraverso il contatto interpersonale tra l’agente e l’informatore, così come di seguito esplicato. 

 ► OVERT Riguarda le cosiddette “attività aperte” che vengono attuate senza nascondere le operazioni cui si dà corso e si traducono in attività la cui natura non è secretata e si realizza mediante la raccolta di elementi informativi attraverso la consultazione o l’osservazione diretta di “fonti aperte”, come, ad esempio, gli interrogatori di immigrati, rifugiati e prigionieri di guerra, le analisi di quotidiani e pubblicazioni varie a stampa e i debriefing dei viaggiatori e degli equipaggi aerei e navali. Data la natura totalmente non secretata delle fonti aperte consultate, va da sé che lo svolgimento delle operazioni avviene alla luce del sole, andando a secretare esclusivamente le finalità stesse della ricerca informativa effettuata. 

 ► SENSITIVE Riguarda le cosiddette “attività critiche”, tutelate da estremo riserbo in merito al committente e che consistono nella raccolta informativa da fonti umane, il tutto inserito in un ambito di legalità, caratterizzata però da una natura altamente critica e riservata, tale da necessitare il riserbo assoluto non solo sulla finalità della ricerca, ma anche sull’effettivo committente dell’attività stessa.

 ► CLANDESTINE Riguarda le cosiddette “operazioni sotto copertura”, gestite e svolte in totale segretezza da operatori sul campo, che celano dunque tanto la propria identità, quanto l’obbiettivo della missione stessa. Per la natura di tali attività, le azioni degli agenti potrebbero in talune circostanze andare in contrasto con la legislazione del Paese in cui operano, dunque le possibilità di essere arrestati dal controspionaggio con l’accusa di spionaggio sono relativamente alte. A queste tre principali categorie possiamo aggiungere anche: - le attività di pattugliamento ordinario in ambito nazionale e nei teatri operativi esteri; - le attività dei Consiglieri Militari d’Ambasciata; - i rapporti diplomatici; - i prigionieri di guerra; - i rifugiati; - i report giornalistici; 9 - le relazioni di Organizzazioni Non Governative. Ogni tipo di interazione ha il suo protocollo basato sulle modalità di interlocuzione e sulla qualità e la quantità di informazioni che è necessario ottenere dalle potenziali fonti informative individuate.

venerdì 10 febbraio 2023

Lì'INtelligence delle Fonti Umane. Di Fabio Lombardelli

 PREMESSA ED EXCURSUS STORICO


 Nell’immaginario comune, l’attività d’intelligence si concretizza attraverso le attività sul campo svolte da un agente preposto alla raccolta informativa attraverso i cosiddetti informatori. Quella che all’apparenza può sembrare una attività scenica, spesso cinematograficamente fantasiosa, è in realtà un complesso processo svolto principalmente da due attori, ossia l’agente e la fonte d’intelligence, accomunati da uno spiccato senso empatico che porta il primo a richiedere informazioni, ed il secondo a fornirle. Tra le attività di intelligence più importanti e complesse che le unità operative del settore si trovano a compiere spicca la HUMINT (acronimo di HUMan INTelligence): essa sintetizza una specifica raccolta di informazioni interpersonali derivanti da fonti prettamente umane. Le modalità con cui le operazioni HUMINT vengono condotte dipendono sia da protocolli ufficiali, sia dalla natura delle fonti d’informazione, che possono essere di vario genere, ossia neutrali, amiche o ostili; possono inoltre essere consapevoli o inconsapevoli del proprio ruolo e coinvolgimento nel processo di raccolta delle informazioni e molto spesso lo scambio di informazioni avviene a seguito di pagamento o scambio di favori. Le prime testimonianze di attività HUMINT, seppur in forma minimale, finalizzate a prevenire gli attacchi dei nemici, sono databili intorno al 4000 A.C., allorquando i Sumeri istituirono una forma di Servizio Informativo all’interno delle loro città-stato, la cui efficienza - unitamente alle abilità militari - fu presto manifestata attraverso una ampia espansione del proprio dominio su una porzione di territorio molto esteso, che coincideva con l’attuale Stato dell’Iraq. Sulla scia dei Sumeri, anche Hammurabi, fondatore del Regno Babilonese nel XVIII Secolo A.C., si avvalse di elementi scelti per essere infiltrati negli eserciti nemici col fine di acquisire informazioni e catturare militari dai quali estorcere dati utili all’impiego in battaglia delle truppe reali. Più articolato e complesso fu il Servizio Informativo sviluppato dagli Egizi, in quanto per svolgere attività HUMINT nel vasto territorio si affidarono a figure già specializzate in altre attività come, ad esempio, i governatori delle province, i mercanti e gli esattori dei tributi, il cui compito era di inoltrare eventuali informazioni acquisite sugli Ittiti (nemico storico) direttamente al Faraone. 

Proprio gli Ittiti, anch’essi dotati di un buon Servizio di spionaggio, sono ricordati per essere stati i primi in assoluto ad aver utilizzato sul campo spie col sol fine di disorientare e disinformare il nemico, guarda caso gli egizi nella ben nota Battaglia di Kadesh (1296 a.C.). Nota è la presenza di un Servizio informativo nel popolo ebraico, che una volta lasciato l’Egitto, si servì spesso di spie contro i Filistei ed alcuni secoli dopo contro i Romani. 4 La peculiarità dei servizi d’informazione ebraici fu l’utilizzo frequente delle donne che, indossate le vesti di spie, si infiltravano negli accampamenti nemici, raccogliendo informazioni e ottenendo in diverse circostanze successi inaspettati, uno dei quali - se non il più rilevante - fu l’uccisione di Oloferne, comandante dell’esercito seleucide, ammazzato nel proprio accampamento dalla spia ebrea Giuditta. Dal 400 A.C. al 200 A.C. è certo l’utilizzo di spie anche da parte delle Città-Stato di Sparta e Atene, sia da parte di Alessandro Magno che proprio grazie all’utilizzo di una efficiente rete di spionaggio riuscì ad estendere il suo dominio su un vastissimo territorio. Allo stesso modo i Cartaginesi utilizzarono i loro mercanti (tecnica tra l’altro già utilizzata in passato dai Fenici) per acquisire informazioni lungo le rotte commerciali e nei principali porti nel Mediterraneo. Un passo avanti si ebbe con i Romani, i quali furono i primi ad istituire un vero e proprio Servizio d’informazione militare in seno all’esercito, creando due figure ben distinte: gli “speculatores” veri e propri agenti con compiti informativi e gli “exploratores” che svolgevano prettamente compiti di ricognizione. Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 D.C.), gli apparati informativi iniziarono a ridursi contestualmente ai contatti ed alle comunicazioni con le popolazioni circostanti. Questa situazione si tramutò in una assoluta mancanza di conoscenza reciproca, il che accentuò la formazione di entità territoriali chiuse e restie a trattenere ogni forma di interazione. La necessità di ricorrere nuovamente all’utilizzo delle spie nacque a cavallo tra il basso Medio Evo e il Rinascimento, allorquando conseguentemente alla nascita in Europa degli Stati nazionali, emerse per i governi la necessità di disporre di maggiori informazioni, non solo di tipo militare ma soprattutto politico ed economico. Fu in quella occasione che la Serenissima Repubblica di Venezia organizzò uno dei più efficienti Servizi d’intelligence che la storia ricordi, seguito poi tra il ‘500 e ‘600 dai Servizi informativi nati in Spagna sotto Carlo V e Filippo II, il “Servizio di sua Maestà” in Inghilterra sotto la regina Elisabetta I, magistralmente gestito da Lord Francis Walsingham, ed in Francia per volere del cardinale di Richelieu, il quale affidò il coordinamento delle attività d’intelligence a Francois le Clerc du Tremblay, conosciuto come “Padre Giuseppe” o “eminenza grigia”. Soprattutto per la Spagna, la Francia e l’Inghilterra, senza dimenticare anche i Servizi informativi del Papa, l’efficienza del ruolo delle spie si tramutò in secoli di assoluto predominio su territori molto vasti. Tra l’800 ed il ‘900, l’utilità della HUMINT fu maggiormente sentita, soprattutto in virtù delle numerose guerre che delinearono l’attuale carta geografica, soprattutto durante le due guerre mondiali, che videro l’utilizzo dell’intelligence come strumento ormai indispensabile non solo da un punto di vista tecnico-operativo, ma soprattutto con finalità strategiche. In conclusione, possiamo dire che dall’excursus storico del ruolo avuto dalla HUMINT, si 5 evince che quest’ultima, indipendentemente dalla tipologia, è un’attività strettamente legata alle qualità umane dell’agente, il quale, specie se impegnato in operazioni clandestine, è costretto a districarsi in ambienti di dubbia moralità e ad alto rischio