domenica 19 giugno 2022

Turchia: Unione Europea e NATO


di

Antonio Trogu

 

La Turchia e’ uno Stato dell’Asia occidentale e, in piccola parte, dell’Europa sud-orientale, il cui territorio è diviso in due regioni peninsulari: la Tracia (detta anche Turchia europea), e l’Asia Minore, o Anatolia (con le prospicienti isole di Imbro e Tenedo e altre più piccole), separate dallo Stretto del Bosforo, dal Mare di Marmara e dallo Stretto dei Dardanelli; appartengono alla Turchia, inoltre, una sezione dell’altopiano armeno e il lembo settentrionale della Mesopotamia. La Turchia confina a N con il Mar Nero; a NO con la Bulgaria e la Grecia; a O con il Mar Egeo; a S con il Mare Mediterraneo, la Siria e l’Iraq; a E con l’Iran, l’Armenia e la Georgia.

La Turchia moderna è stata fondata nel 1923 dai resti dell'Impero Ottomano sconfitto dall'eroe nazionale Mustafa KEMAL, che in seguito fu insignito del titolo di Ataturk o "Padre dei Turchi". Sotto la sua guida, il paese ha adottato riforme sociali, legali e politiche radicali. La Turchia è entrata a far parte dell'ONU nel 1945 e nel 1952 è diventata membro della NATO. Nel 1963 la Turchia è diventata membro associato della Comunità Europea.

E’ una Repubblica parlamentare con un parlamento unicamerale, la grande assemblea nazionale composta da 550 membri, eletti per un mandato quadriennale con sistema proporzionale e a maggioranza qualificata nomina anche il presidente della repubblica.

L’attuale Presidente della Turchia e’ Recep Tayyip Ergodan; Erdoğan ha iniziato la sua carriera politica da conservatore con un’identità islamista e negli ultimi anni, con l’obiettivo di ottenere il consenso dell’estrema destra nazionalista (MHP), di cui è dal 2018 alleato,  ha iniziato a utilizzare un retorica fortemente nazionalista, islamista.

Con il varo del sistema presidenziale del 2018 ha accentrato gran parte dei poteri nelle sue mani e controlla il 90% dei media passando da un sistema parlamentare a un potere presidenziale, da un assetto istituzionale laico ereditato da Mustafa Kemal Ataturk, fondatore nel 1923 della repubblica turca moderna sulle rovine dell'impero ottomano, a una linea islamica e autoritaria.

Erdoğan dal 2002 vince le elezioni ma ha subito una bruciante sconfitta nei maggiori centri urbani del paese nelle elezioni locali del marzo 2019.

La Turchia ha ottenuto lo status di paese candidato in seguito al Consiglio europeo di Helsinki del dicembre 1999.

Nella riunione del 16 e 17 dicembre 2004 il Consiglio europeo ha deciso che la Turchia soddisfaceva sufficientemente i criteri per l'avvio dei negoziati di adesione.

I negoziati di adesione sono stati avviati nell'ambito di una conferenza intergovernativa (CIG) il 3 ottobre 2005. Il 3 ottobre 2005 il Consiglio ha inoltre convenuto un quadro di negoziazione con la Turchia.

Il 18 febbraio 2008 il Consiglio ha adottato il partenariato per l'adesione riveduto con la Turchia.

Il 29 novembre 2015 i capi di Stato o di governo dell'UE hanno tenuto una riunione con la Turchia che ha segnato una tappa importante nello sviluppo delle relazioni UE-Turchia e negli sforzi di gestione della crisi migratoria.

L'UE e la Turchia hanno deciso di rilanciare il processo di adesione della Turchia all'Unione europea. Il dialogo ad alto livello tra le due parti è stato rafforzato attraverso incontri più frequenti e strutturati.

Il 7 marzo 2016 i capi di Stato o di governo dell'UE hanno tenuto una riunione con la Turchia per rafforzare la cooperazione riguardo alla crisi migratoria e dei rifugiati.

Nella riunione del Consiglio europeo del 19 ottobre 2017, i leader dell'UE hanno tenuto un dibattito sulle relazioni con la Turchia. 

I leader hanno discusso della Turchia anche in occasione della riunione informale del febbraio 2018. Nel marzo 2018 il Consiglio europeo ha condannato fermamente le continue azioni illegali della Turchia nel Mediterraneo orientale e nel mar Egeo.

Il 26 marzo 2018 i leader dell'UE hanno ospitato il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan nella residenza Evksinograd a Varna, in Bulgaria. L'UE era rappresentata da Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo, da Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea, e da Boyko Borissov, primo ministro della Bulgaria.

I leader hanno tenuto una discussione sulle relazioni UE-Turchia e sulle prospettive future, le discussioni hanno riguardato:

·           la cooperazione in materia di gestione dei flussi migratori

·           l'interesse condiviso nella lotta al terrorismo

·           lo Stato di diritto in Turchia

·           le recenti azioni della Turchia nel Mediterraneo orientale e nel mar Egeo

·           il coinvolgimento della Turchia in Siria

Nel giugno 2019 il Consiglio europeo ha espresso seria preoccupazione per le attività di trivellazione illegali della Turchia nel Mediterraneo orientale e ha sottolineato l'impatto negativo di tali azioni nell'intero ambito delle relazioni UE-Turchia.

Nell'ottobre 2019 i leader dell'UE hanno discusso delle relazioni con la Turchia, anche alla luce dell'azione militare della Turchia nel nord-est della Siria.

Nel dicembre 2019 i leader dell'UE hanno discusso delle relazioni con la Turchia, alla luce delle azioni turche nel Mediterraneo orientale e nel mar Egeo. Hanno denunciato il memorandum d'intesa Turchia-Libia sulla delimitazione delle giurisdizioni marittime e ribadito la loro piena solidarietà a Grecia e Cipro su tale questione.

Nell'aprile e agosto 2020 alcuni Stati membri hanno sollevato la questione del deterioramento della situazione nel Mediterraneo orientale e delle relazioni con la Turchia. L'1 e 2 ottobre 2020 il Consiglio europeo ha ribadito piena solidarietà a Grecia e Cipro e sottolineato che è nell'interesse strategico dell'UE avere un contesto stabile e sicuro nel Mediterraneo orientale e sviluppare relazioni di cooperazione reciprocamente vantaggiose con la Turchia.

Nel novembre 2020, in occasione della loro videoconferenza, i leader dell'UE hanno nuovamente condannato l'azione unilaterale della Turchia nel Mediterraneo orientale. Nel dicembre 2020 il Consiglio europeo ha preso atto del ritiro della nave Oruç Reis da parte della Turchia e ha insistito su un allentamento costante delle tensioni in modo da rendere possibile la rapida ripresa dei colloqui esplorativi diretti tra Grecia e Turchia. I leader dell'UE hanno anche ribadito l'interesse strategico dell'UE a sviluppare relazioni di cooperazione reciprocamente vantaggiose con la Turchia e hanno sottolineato l'importanza di mantenere aperti i canali di comunicazione tra l'UE e la Turchia.

In occasione della videoconferenza del marzo 2021, i leader dell'UE hanno accolto con favore l'allentamento delle tensioni nel Mediterraneo orientale e invitato la Turchia ad astenersi da nuove provocazioni o azioni in violazione del diritto internazionale.

Ma i negoziati per l’ammissione della Turchia all’UE sono da tempo congelati e le relazioni ufficiali tra Turchia e Unione Europea, stanno  attraversando una fase di difficoltà.

Negli ultimi anni i governi del Partito della giustizia e dello sviluppo (AKP) di Recep Tayyip Erdogan hanno adottato in politica estera un approccio sempre più marcatamente populista, di cui la retorica antioccidentale è diventata progressivamente una componente centrale. Da considerare poi la crisi dei rifugiati che ha rappresentato una leva negoziale fortissima per Erdogan nei rapporti con l’UE, anche sotto il profilo finanziario.

Uno dei principali strumenti geopolitici in mano a Erdoğan è il controllo delle frontiere verso l’Europa. Osservando gli avvenimenti degli ultimi anni emerge una strategia ben pianificata Erdoğan, “agendo” sui confini, è stato capace di delineare nuove traiettorie migratorie, ribaltare i rapporti di forza, esasperare la crisi umanitaria (prima lungo le coste greche e la rotta balcanica, poi lungo il confine turco-siriano), e imporre nuove politiche agli Stati europei, oggi tutti su una posizione difensiva.

Presidente di un paese membro della NATO, capo della Fratellanza Musulmana, in passato alleato di Israele e ora acerrimo nemico dello stato ebraico, avversario di Putin in Siria e in Libia ma comunque con un canale diplomatico aperto con il Cremlino ha cambiato spesso le sue posizioni, soprattutto in politica estera, dove sembra utilizzare uno scacchiere a geometria variabile in base alle convenienze.

La Turchia sembra essere sempre più lontana dall’Occidente, alla base vi e’ la delusione nei confronti degli alleati occidentali e le critiche verso quello che è stato considerato il “double standard” di Bruxelles nel processo di adesione della Turchia all’Unione europea, il sostegno statunitense alle forze curde nella lotta allo Stato islamico in Siria, la mancata estradizione di Fetullah Gulen, il predicatore islamico da decenni residente negli Stati Uniti e ritenuto responsabile del fallito golpe. Questo ha spinto la Turchia verso una più stretta convergenza con la Russia, anche in un settore altamente sensibile come quello della difesa. Dal canto suo, Mosca ha avuto buon gioco nel cercare di attrarre Ankara nella propria sfera di influenza o quanto meno cercare  di allentare le alleanze statunitensi, che nell’ambito della sicurezza e della difesa includono la Turchia in qualità di membro della NATO. L’acquisto del sistema di difesa missilistico S-400 dalla Russia nel 2017 ha accresciuto le tensioni con Washington, preoccupata per le possibili interferenze russe con il sistema di difesa NATO. Ciò ha portato all’espulsione di Ankara dal programma di sviluppo degli F-35 e a sanzioni statunitensi al settore della difesa turco sulla base del Countering America’s Adversaries Through Sanctions Act (CAATSA) del 2017, che prevede misure restrittive nei confronti di tutti i Paesi che acquistano componenti di difesa dalla Russia.

Su questo sfondo, l’antiamericanismo è cresciuto in ampi strati della società turca e di pari passo si è ridotto il sostegno nei confronti dell’Alleanza Atlantica. D’altro canto, l’interrogativo su dove sta andando la Turchia è una domanda che spesso negli ultimi anni si sente al di là dell’Atlantico e a Bruxelles, dove i negoziati per l’adesione di Ankara all’Unione Europea sono bloccati da tempo. Senza dubbio il perseguimento di una autonomia strategica da parte della Turchia, accompagnato da una politica estera assertiva nel suo vicinato mediterraneo e mediorientale, è stato fonte di non pochi contrasti con gli alleati occidentali.

Nel momento in cui l'attenzione del mondo è focalizzata sull'invasione russa dell'Ucraina e su come isolare la Russia finanziariamente, politicamente e diplomaticamente, la Turchia ha intrapreso un percorso di equilibrio unico. Ankara è stato l'unico membro della NATO che non ha aderito ad alcuna sanzione contro la Russia .

Anche l'opinione pubblica sembra sostenere la politica del presidente Recep Tayyip Erdogan sul conflitto. In effetti, le percezioni della NATO in Turchia sono piuttosto negative, anche in un momento in cui paesi come la Finlandia e la Svezia hanno chiesto di aderire all'organizzazione.

La Turchia di Erdogan non ha fretta di vedere una NATO rafforzata,  attualmente potrebbe essere più vicina nello spirito alla Russia di Putin di quanto non lo sia alle nazioni democratiche del mondo occidentale. L'affinità tra leader autoritari e autocrazie non va sottovalutata. La NATO rafforzata e rinvigorita non sembra essere una priorità per Erdogan.

La posizione di Ankara ha anche scatenato un dibattito sull'adesione della Turchia alla NATO. "La Turchia è un membro della NATO, ma sotto Erdogan non aderisce più ai valori che stanno alla base di questa grande alleanza",  ha affermato il 18 maggio un editoriale del Wall Street Journal.  
In questa situazione  il segretario Generale della NATO Jens Stoltenberg, in una conversazione telefonica con il presidente Recep Tayyip Erdoğan, ha affermato che la Turchia è un importante paese della NATO con un'importanza strategica per quanto riguarda l'Europa, la Russia, l'Iraq e la Siria". In una intervista al quotidiano tedesco Bild, ha ricordato le preoccupazioni della Turchia per l'adesione della Finlandia e della Svezia alla NATO.  "Le domande di adesione di due paesi sono un momento storico che dobbiamo accogliere. La partecipazione rafforzerà tutti noi, non solo Finlandia e Svezia", ha affermato Stoltenberg  ricordando che i paesi della NATO, anche la Svezia, la Finlandia e l'UE considerano il PKK come un'organizzazione terroristica.

E’ evidente che la guerra in Ucraina ha dato alla Turchia l’occasione di trovarsi al centro di una intensa attività diplomatica sul piano internazionale potendo così riavviare rapporti logorati da frizioni e divergenze, soprattutto con gli alleati occidentali, nonché di uscire dall’angolo in cui è stata negli ultimi anni anche a causa di una politica estera particolarmente assertiva sul piano regionale. Da Bruxelles,  dalle capitali europee e da Washington sono giunti sostegno e plauso per l’azione diplomatica di Ankara nel conflitto ucraino, mentre si sono intensificati i contatti tra Erdoğan, perno della mediazione turca, e diversi leader mondiali. Si tratta certamente di un risultato importante per il leader turco in un’ottica di prestigio sul piano internazionale, ma anche di riavvicinamento ai partner della NATO ma questo riavvicinamento rischia di bloccarsi di fronte alla richiesta di adesione di Finlandia e Svezia, che il presidente turco ha fino a due giorni fa,  esplicitamente dichiarato di non sostenere a dispetto del favore di tutti gli altri partner.

Nel corso del vertice NATO di Madrid del 28 giugno 2022 la Turchia ha ritirato il veto per l’ingresso nella Nato di Svezia e Finlandia. I tre Paesi hanno firmato un memorandum d’intesa. La firma è avvenuta alla presenza del segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, del presidente finlandese Sauli Niinisto e della premier svedese Margaret Andersson, al termine di una riunione durata quasi quattro ore.

La Turchia è un alleato della NATO dal 1952 e ospita il comando delle forze terrestri della NATO a Smirne, nonché il radar AN/TPY-2 come parte della difesa missilistica della NATO
, le forze di terra turche hanno continuato una revisione nell'ambito del programma "Force 2014" con l'intento di produrre una forza del 20-30% più piccola, più altamente addestrata, caratterizzata da maggiore mobilità e potenza di fuoco e capace di operazioni congiunte e combinate la Marina turca è una potenza navale regionale che vuole sviluppare la capacità di proiettare potenza oltre le acque costiere della Turchia ed è fortemente coinvolta nelle operazioni NATO, multinazionali e ONU; i suoi ruoli includono il controllo delle acque territoriali e la sicurezza delle linee di comunicazione marittime. L'aviazione turca ha adottato un "Concetto di difesa aerospaziale e missilistica" nel 2002 e sta sviluppando un sistema integrato di difesa missilistica; con una mossa controversa, ha acquistato il sistema di difesa aerea russo S-400 per circa 2,5 miliardi di dollari nel 2019. Inoltre negli ultimi anni ha assunto crescenti responsabilità internazionali di mantenimento della pace, incluso il mantenimento di una forza sostanziale sotto la NATO in Afghanistan fino al ritiro nel 2021 e,  negli ultimi anni, ha costruito basi militari di spedizione in Qatar, Somalia, Cipro settentrionale e Sudan.

La Turchia porta avanti disegni politici autonomi e gioca su tutti i tavoli. E l’atteggiamento nella guerra in Ucraina non fa eccezione. Da un lato la Turchia arma Kyiv da ben prima dell’invasione russa; ciononostante, Erdogan, soprattutto dopo il compromesso raggiunto in Siria sulla sostanziale accettazione del legittimo governo di Damasco a lungo avversato e gli accordi energetici siglati con Mosca, da tempo cerca l’intesa con Vladimir Putin. Ankara si è però unita alle condanne della Nato per l’aggressione ma non ha appoggiato le sanzioni contro Mosca, tanto che la Russia non ha inserito la Turchia nell’elenco delle nazioni “ostili” che include tutti i membri dell’Ue e del Patto Atlantico

Secondo la tesi sostenuta in un recente editoriale del New York Times, Recep Tayyip Erdogan è un alleato sempre più inaffidabile per il blocco euroatlantico. L’atteggiamento ostruzionista del presidente turco sull’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato è solo l’ultimo esempio del suo schema di ‘gioco’. Ora il suo obiettivo è diventare gran mediatore ed eventuale garante di un accordo tra Russia e Ucraina, con lo sguardo però rivolto alle elezioni del 2023 in cui cerca la riconferma. Infatti, con un sostegno interno in calo, in un momento in cui la Turchia sta entrando in un ciclo elettorale critico, Erdogan sta cercando un profilo internazionale più alto per dimostrare il suo ruolo globale agli elettori turchi.