martedì 1 dicembre 2015

La strategia russa in Siria per contrastare il fenomeno terroristico

di Alessio Pecce


Lo schianto dell'Airbus A312  russo sulla Penisola del Sinai fa riflettere, media  e opinione pubblica, sull'attuale intervento del Cremlino e quindi quanto nella fattispecie sia convenuto schierare le forze armate in terra siriana. Resta da capire quanto è alto il livello di rischio di un attacco jihadista, anche se attualmente la situazione resta stabile e sotto controllo. I raid aerei di Mosca in difesa di Bashar al Assad contro i ribelli sunniti, rappresentano il continuum di un'azione intrapresa e quindi portata avanti con determinazione, senza dimenticare che gli attacchi aerei potrebbero aumentare, così come le azioni di terra, non preoccupandosi dei civili. Alla base dell'intervento russo e quindi la sua ferma volontà nel proseguire appoggiando il governo siriano contro il fenomeno terroristico, c'è senz'altro l'esperienza alle spalle riguardo la minaccia dei miliziani islamici della Cecenia. L'alleanza tra Putin e Assad ha inoltre provocato nel ramo siriano di Al Quaeda (Fronte al nusra) a esortare i suoi sostenitori ad attaccare i civili in Russia e i militari in Siria. L'intervento russo ha colto impreparata l'amministrazione statunitense, secondo la quale tutto ciò comporterà un effetto boomerang nei confronti di Mosca  e quindi il rischio di una serie di azioni terroristiche. Nel frattempo Mosca fa la conta dei cittadini russi partiti volontari e pronti a far parte dello Stato Islamico: nel mese di febbraio, secondo il Servizio di sicurezza federeale russo (Fsb) circa 1700 soggetti sono partiti per far parte dell'ISIS, mentre qualche giorno fa il presidente Putin ha rinnovato la cifra dichiarando tra 5000 e 7000. Tutto ciò è stato inoltre incentivato dal Fbs che permettendo ai miliziani musulmani di lasciare il paese per combattere in territorio siriano, ha creato una sorta di “canale” utile a liberare il territorio russo da potenziali attentatori. Secondo un ex funzionario della Cia, con esperienza lavorativa in Medio Oriente, l'allenza tra Russia-Assad-Iran ha fatto imbestialire i governi sunniti di tutto il mondo, soprattutto l'Arabia Saudita, i quali saranno disponibili nel fornire la maggior quantità di armi possibili ai ribelli siriani. D'altra parte chi manca all'appello, in senso operativo, nell'attuale conflitto siriano sono gli Stati Uniti che sono riusciti a convincere, almeno fino ad oggi, i loro alleati del Golfo a non fornire equipaggiamento bellico ai ribelli, visto e considerato che potrebbero finire agli estremisti ed essere di conseguenza utilizzate contro obiettivi occidentali e aviazione araba: azione da evitare per il bene della pace globale. Solo il tempo dirà se l'intervento russo in Siria abbia comportato gravi danni e pericoli al Cremlino.      
Alessio Pecce
(alessio-p89@libero.it)

Nessun commento:

Posta un commento