(Dis)Accordo
di Monaco
Alessio Pecce*
L'accordo raggiunto a Monaco, capeggiato dai rappresentanti
di Usa e Russia in collaborazione con il Syria Support Group, riguardo
la cessazione delle ostilità in Siria nell'arco di una settimana, ha mostrato
sin da subito alcuni limiti. Innanzitutto Assad ha dichiarato esplicitamente,
durante un'intervista, di non volere fermare la propria offensiva e continuare
di fatto l'azione militare nel nord del paese: le sorti di Assad sono
fondamentali per la soluzione della crisi siriana e le ideologie dei paesi coinvolti restano
diametralmente opposte, ragion per cui il presidente siriano non viene
menzionato nell'intesa. Gli accordi iniziali, inoltre prevedevano la stretta
collaborazione/cooperazione militare fra gli Stati Uniti e la Russia, ma questi
ultimi, dopo alcuni giorni hanno indebolito la “stretta di mano”, a partire dal
ministro degli Esteri Sergej Lavrov, il quale ribadisce l'impossibilità delle
interruzioni relative agli attacchi aerei. Tutto ciò comporterebbe un notevole
passo indietro nella lotta allo Stato Islamico e all'organizzazione al-Nusra,
anche se una telefonata tra Putin e Obama ha in parte rasserenato gli animi, ma
risolto parzialmente la situazione. L'impasse è in parte dovuto alla strategia
spregiudicata degli attori sauditi, i quali si dicono pronti nell'inviare
truppe di terra in Siria, così come i turchi che persistono negli attacchi alle
basi curde. La cosa più evidente dell'accordo, degna di essere menzionata, è
l'inizio di una cooperazione strategico-militare tra Usa e Russia, attraverso
cui si tenta di porre fine ai combattimenti per poter finalmente aprire i
canali relativi agli aiuti umanitari
destinati alle città assediate e in altre zone critiche del paese.
D'altra parte però le due potenze mondiali hanno visioni differenti in merito
al conflitto siriano, poiché i russi stanno recuperando terreno su Assad e sono
gli unici interlocutori in grado di far cambiare idea al presidente siriano,
facendogli rispettare di conseguenza l'accordo. Per quanto riguarda la
coalizione americana e quindi le forze anti-Assad, rimane eterogenea ma con
forti elementi di criticità, così come l'intero e attuale scenario siriano.
Indi per cui qualora gli aiuti umanitari dovessero raggiungere le zone più
colpite, si tratterebbe di un successo, seppur iniziale. In ogni caso l'accordo
di Monaco non è la soluzione al conflitto in Siria, ma può essere considerato
un punto di partenza: vi è comunque il rischio che in un futuro non troppo
lontano, i paesi coinvolti cercheranno in qualche modo di approfittare della
situazione, fermo restando che la Turchia cerca di eliminare i curdi,
considerati una minaccia per il paese,
ma non per gli Stati Uniti che li incorporano
nel piano di coalizione anti ISIS. L'accordo di Monaco vuole evitare che
la crisi siriana si tramuti definitivamente in una vera e propria catastrofe
umanitaria, accelerata dalle violenze quotidiane che spingono una vasto bacino
di profughi ad allontanarsi dal paese. In tale contesto la Comunità
Internazionale non può non reagire attraverso misure eccezionali: invio di
forze armate, tavoli diplomatici, accordi internazionali.
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