venerdì 26 febbraio 2016

Siria: tempi lunghi per una soluzione generale

Divampa la crisi siriana
Alessandro Ugo Imbriglia* 
L’eventuale interruzione dei bombardamenti condotti dalla Russia in Siria è prevista il 1 marzo. La data stabilita concederà a Mosca il tempo necessario per intensificare i raid nel nord del Paese, abbattere definitivamente l’opposizione degli insorti nazionalisti, scongiurare un compromesso diplomatico fra il regime e l’opposizione, garantendo un maggiore potere negoziale dopo la riconquista di Aleppo e del nord siriano. Considerando che nessuno vuole entrare in guerra con la Russia, le diplomazie arabe e occidentali hanno preso atto dell’intransigenza di Mosca senza opporre particolare resistenza. Dunque la Russia avrà il tempo per piegare le forze rivali. Probabilmente tra qualche settimana al tavolo dei negoziati si troveranno un regime rafforzato dalle vittorie, seppur parziali, sul fronte nord-occidentale e un’opposizione dilaniata, scacciata dagli avamposti nella città di Aleppo e Idlib. Decine di migliaia di persone hanno raggiunto Bab al Salama, zona di confine con la Turchia, il 9 febbraio 2016.  Parte della popolazione siriana  fugge dall’offensiva del governo e della Russia su Aleppo e ora è ammassata vicino alla frontiera ufficiale. La Turchia, che accoglie già due milioni e mezzo di profughi siriani, non ha ancora concesso il transito degli sfollati siriani sul suo territorio. Le forze governative, supportate dalle milizie iraniane e dai raid russi, stanno tentando di riacquisire il controllo sulla via che conduce verso nord e porta al confine turco. Si tratta di un punto di snodo fondamentale, l’unica tratta che è possibile percorrere per chi ancora si trova ad Aleppo. Se il regime dovesse ottenere il pieno controllo su questa via di transito, si verificherebbe un esodo di enormi proporzioni: centinaia di migliaia di persone si riverserebbero lungo la linea di confine. Gli Stati Uniti si tengono defilati dall’attuale contesto siriano. Washington non vuole essere coinvolta in Medio Oriente, poiché i punti nevralgici della politica estera statunitense non sono più in gioco nella regione che fino a qualche anno fa ricopriva un ruolo di precipua importanza. Oggi il patto sul nucleare concordato con gli iraniani, consente a Washington di dialogare non solo con Riyad, ma con la stessa Theran. Una situazione di equilibrio tra le forze sciite e quelle sunnite consentirebbe agli Stati Uniti di concentrare il proprio soft power sulla zona del Pacifico; la svolta asiatica degli americani è attestata dal più grande accordo di libero scambio raggiunto nella storia recente, il trans-pacific partnership. Nel contempo i curdi siriani  approfittano dei bombardamenti russi contro i ribelli e conducono un intenso attacco contro gli oppositori al regime, poiché sono questi ultimi a controllare i punti di snodo fondamentali verso la regione anatolica turca. L’obiettivo dei curdi è estendere il loro controllo lungo la frontiera settentrionale del paese e occupare la fascia territoriale al confine con la Turchia. Le forze lealiste  hanno trovato nelle milizie curde un elemento di supporto fondamentale, poiché condividono un obiettivo: liberare la Siria occidentale dall’influenza turca e interrompere qualsiasi forma di ingerenza di Ankara sul suolo siriano. In risposta all’azione curda nella zona di confine, la Turchia  bombarda sistematicamente dal 13 febbraio le postazioni, perché non intende concedere al Kurdistan siriano la piena autonomia a pochi chilometri dalle terre dove vivono i curdi turchi, con i quali la tensione continua a crescere da diversi mesi. Nello stesso giorno l’artiglieria turca ha cominciato a colpire le milizie curde in Siria, e il giorno dopo Assad ha riferito alle Nazioni Unite che un centinaio di “soldati e mercenari turchi” hanno varcato il confine siriano. A quel punto le potenze occidentali hanno intimato alla Turchia di evitare lo sconfinamento entro il territorio siriano; quest’ultima ha immediatamente smentito qualsiasi genere di invasione in Siria. Il primo ministro turco Ahmet Davutoğlu ha dichiarato che non lascerà ai curdi la possibilità di assumere il controllo di Azaz, nel nord della Siria, al confine con la Turchia. I turchi chiedono anche ai curdi di ritirarsi dall’aeroporto di Minnigh, a  pochissimi chilometri dal confine e, in seguito all’intensificarsi dei bombardamenti russi,  hanno accusato Mosca di agire al pari di un gruppo terroristico. In un comunicato ufficiale Medici senza frontiere ha affermato che l’ospedale di Marrat è stato centrato da quattro missili nell’arco di pochi minuti. Si presume che l’attacco sia stato sferrato dall’aviazione di Mosca o dai velivoli delle forze lealiste, poiché la zona colpita è quella in cui operano da mesi i russi e i caccia governativi. Nelle stesse ore i bombardamenti hanno centrato due scuole adibite a strutture d’accoglienza per gli sfollati e un raid aereo ha colpito due cliniche, una pediatrica e l’altra ginecologica nella città di Azaz.

*sociologo del Mutamento e dei Sistemi Complessi. Analista dei Processi Organizzativi e dell’Industria Culturale. Laureato in Scienze Sociali Applicate: Lavoro, Formazione e Risorse Umane

E-mail ugo1990@hotmail.it

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