lunedì 30 novembre 2015

La Siria fra diplomazia e carenza idrica

 di Alessandro Imbriglia 
La visita lampo di Bashar al Assad a Mosca ha mobilitato i capi della diplomazia statunitense, russa, turca e saudita, i quali si sono ritrovati  a Vienna per discutere di una possibile soluzione alla crisi siriana. Fin dall’inizio dell’intervento russo in Siria, Putin ha palesato l’importanza di impedire il crollo del regime e al contempo ha ritenuto necessario avviare un processo politico e un’azione militare finalizzati alla risoluzione del conflitto. Dopo la visita del presidente siriano Al Assad a Mosca, il presidente della commissione Difesa e sicurezza del Senato russo, Viktor Ozerov, ha fatto sapere che una delegazione russa guidata dal senatore Dmitri Sablin è giunta a Damasco per incontrare i vertici del Governo. Aspra è stata la reazione della Casa Bianca, che ha criticato duramente la visita di Assad. Quello di martedì è stato il primo viaggio all’estero di Assad dal 2011, anno in cui è scoppiata la guerra civile in Siria, e il primo incontro con Putin da quando le forze russe hanno dato il via ai raid aerei in Siria il 30 settembre. Washington, al contrario di Mosca, ritiene che Assad e la sua leadership non debbano avere un ruolo nel futuro della Siria, benché gli Stati Uniti desiderino divincolarsi  dal Medio Oriente. Nonostante ciò il Cremlino ha formalizzato con gli Stati Uniti un accordo militare per evitare qualsiasi incidente tra le rispettive aviazioni sul cielo siriano, e questo significa che Mosca è rimasta in contatto stretto con Washington. Intanto ad Aleppo si combatte una guerra spietata. A  provocare i disagi più gravi sono i danni alle forniture idriche ed elettriche. Di recente alcuni combattimenti hanno colpito una centrale elettrica e hanno reso impossibile l’intervento degli ingegneri per effettuare le riparazioni. Stando a quanto denunciato dalle organizzazioni umanitarie la crisi idrica è riconducibile soprattutto alle strategie d’azione delle parti in conflitto, che negano ai civili l’accesso ai beni di prima necessità. Ad agosto l’Unicef ha affermato di aver rilevato 18 interruzioni volontarie alle forniture idriche nel corso dell’anno. La rete idrica ad Aleppo è particolarmente esposta alle manomissioni dei gruppi armati poiché  nel suo percorso attraversa territori controllate da formazioni diverse. La stazione di pompaggio da cui parte l’acqua, sul fiume Eufrate,  è controllata dai jihadisti del gruppo Stato islamico mentre quella successiva, nel quartiere di Soleiman al Halabi, nell’area ad est della cità di Aleppo, è controllata da forze ribelli rivali. La stazione finale è in mano alle forza governative. Quest’anno il gruppo Stato islamico ha tagliato le forniture d’acqua dell’Eufrate per diversi giorni. Nel mese di luglio ha ridotto la fornitura d’acqua al 40 per cento rispetto ai livelli standard, un taglio drastico considerando il clima torrido della stagione estiva. Inoltre anche i combattenti del Fronte al nusra, un gruppo islamista radicale rivale, hanno sfruttato il loro controllo su Soleiman al Halabi, interrompendo la fornitura idrica per tre settimane, a luglio, con lo scopo di indurre le forze governative a ristabilire il normale funzionamento della rete elettrica. Jhon Davidson e Naline Malla riportono su Reuters dei dati agghiaccianti: delle 577 persone uccise ad Aleppo nell’anno corrente 559 erano civili. Gli abitanti sono costretti a scavare pozzi di fortuna; molti di loro hanno contratto malattie come la salmonella o il tifo a causa del consumo di acqua inquinata.
23 ottobre 2015
Alessandro Imbriglia
(ugo1990@hotmail.it


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