di Alessandro Imbriglia
La visita lampo di Bashar al Assad a Mosca ha mobilitato i
capi della diplomazia statunitense, russa, turca e saudita, i quali si sono
ritrovati a Vienna per discutere di una
possibile soluzione alla crisi siriana. Fin dall’inizio dell’intervento russo
in Siria, Putin ha palesato l’importanza di impedire il crollo del regime e al
contempo ha ritenuto necessario avviare un processo politico e un’azione
militare finalizzati alla risoluzione del conflitto. Dopo la visita del presidente siriano Al Assad a
Mosca, il presidente della commissione Difesa e sicurezza del Senato russo,
Viktor Ozerov, ha fatto sapere che una delegazione russa guidata dal senatore
Dmitri Sablin è giunta a Damasco per incontrare i vertici del Governo. Aspra è
stata la reazione della Casa Bianca, che ha criticato duramente la visita di
Assad. Quello di martedì è stato il primo viaggio all’estero di Assad dal 2011,
anno in cui è scoppiata la guerra civile in Siria, e il primo incontro con
Putin da quando le forze russe hanno dato il via ai raid aerei in Siria il 30
settembre. Washington, al contrario di Mosca, ritiene che Assad e la sua
leadership non debbano avere un ruolo nel futuro della Siria, benché gli Stati
Uniti desiderino divincolarsi dal Medio
Oriente. Nonostante ciò il Cremlino ha
formalizzato con gli Stati Uniti un accordo militare per evitare qualsiasi
incidente tra le rispettive aviazioni sul cielo siriano, e questo significa che
Mosca è rimasta in contatto stretto con Washington. Intanto ad Aleppo si
combatte una guerra spietata. A provocare i disagi più gravi sono i danni alle
forniture idriche ed elettriche. Di recente alcuni combattimenti hanno colpito
una centrale elettrica e hanno reso impossibile l’intervento degli ingegneri
per effettuare le riparazioni. Stando a quanto denunciato dalle organizzazioni
umanitarie la crisi idrica è riconducibile soprattutto alle strategie d’azione
delle parti in conflitto, che negano ai civili l’accesso ai beni di prima
necessità. Ad agosto l’Unicef ha affermato di aver rilevato 18 interruzioni
volontarie alle forniture idriche nel corso dell’anno. La rete idrica ad Aleppo
è particolarmente esposta alle manomissioni dei gruppi armati poiché nel suo percorso attraversa territori
controllate da formazioni diverse. La stazione di pompaggio da cui parte
l’acqua, sul fiume Eufrate, è
controllata dai jihadisti del gruppo Stato islamico mentre quella successiva,
nel quartiere di Soleiman al Halabi, nell’area ad est della cità di Aleppo, è
controllata da forze ribelli rivali. La stazione finale è in mano alle forza
governative. Quest’anno il gruppo Stato islamico ha tagliato le forniture
d’acqua dell’Eufrate per diversi giorni. Nel mese di luglio ha ridotto la
fornitura d’acqua al 40 per cento rispetto ai livelli standard, un taglio
drastico considerando il clima torrido della stagione estiva. Inoltre anche i
combattenti del Fronte al nusra, un gruppo islamista radicale rivale, hanno
sfruttato il loro controllo su Soleiman al Halabi, interrompendo la fornitura
idrica per tre settimane, a luglio, con lo scopo di indurre le forze
governative a ristabilire il normale funzionamento della rete elettrica. Jhon Davidson
e Naline Malla riportono su Reuters dei dati agghiaccianti: delle 577 persone
uccise ad Aleppo nell’anno corrente 559 erano civili. Gli abitanti sono costretti
a scavare pozzi di fortuna; molti di loro hanno contratto malattie come la
salmonella o il tifo a causa del consumo di acqua inquinata.
23 ottobre 2015
Alessandro Imbriglia
(ugo1990@hotmail.it