lunedì 9 maggio 2016

Yemen: in vigore la tregua






YEMEN


 
A partire dalla mezzanotte dello scorso 10 aprile, in Yemen è entrata in vigore una tregua, promossa e negoziata dalle Nazioni Unite, tra i ribelli di religione sciita Houthi (alleati dell’ex-Presidente Ali Abdullah Saleh) e le forze fedeli all’attuale Presidente Abdrabbuh Mansour Hadi, in lotta dal 2014 per il controllo del Paese. Entrambe le fazioni hanno accettato l’accordo in attesa di riprendere i negoziati di pace, previsti in Kuwait per il prossimo 18 aprile.
Le premesse della guerra in Yemen risalgono al 2011, quando a seguito della rivolta popolare scoppiata sull’onda delle Primavere Arabe, l’allora Presidente Ali Abdullah Saleh è stato destituito a favore dell’attuale Capo dello Stato Abdrabbuh Mansour Hadi, sostenuto dalla Comunità Internazionale. Approfittando del caos politico e istituzionale del Paese, la popolazione Houthi, tradizionalmente discriminata, era insorta contro il governo centrale nel tentativo di ottenere maggiori benefici politici e rinegoziare gli equilibri di potere nel Paese. L’offensiva del fronte ribelle ha raggiunto il proprio apice nel 2014 con la conquista della capitale Sanaa e la fuga di Hadi.
Questi eventi hanno determinato la decisione dell’Arabia Saudita di intervenire nel conflitto quale leader di una vasta coalizione internazionale di Paesi sunniti (marzo 2015) in sostegno del Presidente Hadi. Tale intervento ha permesso alle forze lealiste di riconquistare una consistente porzione di territorio meridionale yemenita, finito precedentemente sotto il controllo ribelle, e di stabilire ad Aden la capitale provvisoria del Paese.
Tuttavia, a distanza di un anno, l’intervento saudita sembra non aver sortito gli effetti desiderati, lasciando il conflitto in una situazione di stallo. Inoltre, all’impasse nei combattimenti e al perdurare del vuoto di potere politico è corrisposto il rafforzamento dei gruppi di ispirazione jihadista in tutto il Paese.
In particolare, negli ultimi mesi, al-Qaeda nella Penisola Arabica (AQPA) è riuscita a rafforzare in maniera significativa la sua presenza nel Paese, consolidando gradualmente il proprio controllo sulla maggior parte della provincia meridionale di Hadramawt, facendo del capoluogo al-Mukalla la sua roccaforte. Contemporaneamente, anche lo Stato Islamico ha sfruttato la forte destabilizzazione del contesto yemenita per affermare il proprio modello di jihad, profilando la possibilità che anche in Yemen si ripeta la dinamica dello scontro tra le due diverse leadership jihadiste.  Ne è l’emblema l’attentato ad Aden dello scorso 11 aprile, prontamente rivendicato sia da al-Qaeda che dallo Stato Islamico.
Conseguentemente, emerge la necessità di trovare una soluzione tempestiva al conflitto, prima che il perpetuarsi delle conflittualità e del vuoto politico possano definitivamente trasformare lo Yemen  in  un ulteriore bacino di diffusione del jihad nella regione mediorientale. Oltre alla tenuta della tregua e alla propensione al compromesso da parte delle due fazioni in lotta, sull’andamento dei prossimi negoziati peserà notevolmente la postura assunta dagli attori internazionali coinvolti direttamente o indirettamente nel conflitto, in primis Arabia Saudita e Iran che vedono sempre più nel dossier yemenita uno dei principali banchi di prova per testare le rispettive capacità di proiezione egemonica nella regione. 

Fonte CESI- Geopolitical 214

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