Alessio Pecce*
Le sanzioni internazionali nei confronti dell'Iran, tra il
2012 e il 2014, ne hanno ridimensionato del 10% le potenzialità economiche, a
differenza dei paesi limitrofi, i quali crescevano del 3% all'anno. Prima del
2014, in concomitanza con la crisi petrolifera, l'Iran rappresentava il paese
mediorientale con il prezzo più alto di
petrolio per ottemperare al bilancio economico: più della metà delle entrate
statali, infatti, provengono “dall'oro nero”. Ad oggi l'unica opzione
perseguibile dal governo iraniano è la ripresa a pieno regime delle
esportazioni, anche se ciò comporterebbe il rischio di ulteriori ribassamenti
di prezzo. Basti pensare che nel solo mese di gennaio il barile di greggio è
sceso a 26 dollari: non si registrava tale dato da quindici anni. L'Iran, come
del resto tutti gli esportatori, è vincolato dal basso prezzo, il quale unito
alle sanzioni, tra il 2011 e il 2015 gli hanno causato la perdita di oltre 50
miliardi di dollari all'anno provenienti da incassi petroliferi. Inoltre ancora
oggi la disoccupazione iraniana è pari al 12%. Ciò nonostante, negli ultimi
tempi, alcuni specialisti del settore ne hanno evidenziato le potenzialità
economiche: a differenza di altri paesi esportatori vincolati dall'eccesso di
offerta, le sanzioni nei confronti di Teheran, negli ultimi anni, hanno imposto
al paese di seguire le rigide condizioni economiche di “austerity”. In virtù di
ciò, le previsioni della Banca Mondiale sorridono alle istituzioni iraniane,
prevedendo una crescita del 6% annuo, nonostante l'inflazione sia ancora al
13%. In ogni caso, sebbene i presupposti di crescita economica siano ottimali,
il governo di Teheran deve effettuare ancora molte operazioni prima di mostrare
al mondo la propria credibilità, in merito al binomio aspettative-attese.
Innanzitutto il presidente Rouhani deve occuparsi delle problematiche relative
ai pasdaran, i quali ostacolano le revisioni contrattuali con l'intento di preservare
i propri interessi. Ma le rivisitazioni contrattuali costituiscono uno snodo fondamentale per
l'attrazione di investimenti esteri: l'Iran necessita infatti di circa 150
miliardi di dollari per ristabilire la propria macchina economica, ostacolata
per molto tempo dalle sanzioni. Com'è noto ormai alla pubblica opinione, il
paese ha ripreso gli incontri diplomatici, sempre più frequenti, con i
rappresentanti internazionali, anche se la strada è ancora in salita: per
quanto riguarda il fronte europeo ci vorrà del tempo prima di riallacciare i
legami commerciali, primi fra tutti con Italia e Germania. Ad ogni modo l'Iran
si sta avviando in maniera graduale a quel processo di inclusione diplomatica e
commerciale, a differenza dei paesi limitrofi, i quali navigano ancora a vista.
*Alessio Pecce (alessio-p89@libero.it)
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