giovedì 17 marzo 2016

L'Iran dopo le sanzioni

Alessio Pecce*
 Le sanzioni internazionali nei confronti dell'Iran, tra il 2012 e il 2014, ne hanno ridimensionato del 10% le potenzialità economiche, a differenza dei paesi limitrofi, i quali crescevano del 3% all'anno. Prima del 2014, in concomitanza con la crisi petrolifera, l'Iran rappresentava il paese mediorientale con il prezzo più alto  di petrolio per ottemperare al bilancio economico: più della metà delle entrate statali, infatti, provengono “dall'oro nero”. Ad oggi l'unica opzione perseguibile dal governo iraniano è la ripresa a pieno regime delle esportazioni, anche se ciò comporterebbe il rischio di ulteriori ribassamenti di prezzo. Basti pensare che nel solo mese di gennaio il barile di greggio è sceso a 26 dollari: non si registrava tale dato da quindici anni. L'Iran, come del resto tutti gli esportatori, è vincolato dal basso prezzo, il quale unito alle sanzioni, tra il 2011 e il 2015 gli hanno causato la perdita di oltre 50 miliardi di dollari all'anno provenienti da incassi petroliferi. Inoltre ancora oggi la disoccupazione iraniana è pari al 12%. Ciò nonostante, negli ultimi tempi, alcuni specialisti del settore ne hanno evidenziato le potenzialità economiche: a differenza di altri paesi esportatori vincolati dall'eccesso di offerta, le sanzioni nei confronti di Teheran, negli ultimi anni, hanno imposto al paese di seguire le rigide condizioni economiche di “austerity”. In virtù di ciò, le previsioni della Banca Mondiale sorridono alle istituzioni iraniane, prevedendo una crescita del 6% annuo, nonostante l'inflazione sia ancora al 13%. In ogni caso, sebbene i presupposti di crescita economica siano ottimali, il governo di Teheran deve effettuare ancora molte operazioni prima di mostrare al mondo la propria credibilità, in merito al binomio aspettative-attese. Innanzitutto il presidente Rouhani deve occuparsi delle problematiche relative ai pasdaran, i quali ostacolano le revisioni contrattuali con l'intento di preservare i propri interessi. Ma le rivisitazioni contrattuali  costituiscono uno snodo fondamentale per l'attrazione di investimenti esteri: l'Iran necessita infatti di circa 150 miliardi di dollari per ristabilire la propria macchina economica, ostacolata per molto tempo dalle sanzioni. Com'è noto ormai alla pubblica opinione, il paese ha ripreso gli incontri diplomatici, sempre più frequenti, con i rappresentanti internazionali, anche se la strada è ancora in salita: per quanto riguarda il fronte europeo ci vorrà del tempo prima di riallacciare i legami commerciali, primi fra tutti con Italia e Germania. Ad ogni modo l'Iran si sta avviando in maniera graduale a quel processo di inclusione diplomatica e commerciale, a differenza dei paesi limitrofi, i quali navigano ancora a vista.
  
*Alessio Pecce (alessio-p89@libero.it)
 Dottore magistrale in Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale. Specialista nella progettazione, gestione, valutazione e ricerca per conto di istituzioni politiche e sociali, organizzazioni economiche, imprese ed enti internazionali.

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