mercoledì 23 settembre 2015

Iraq: i lenti progressi di un esercito ricostruito

Provincia di Anbar contesa
Iraq: incerta la battaglia di Ramadi
Elvio Rotondo
12/09/2015
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Mentre i militanti del sedicente Stato islamico cercano di consolidare le conquiste nella vasta provincia del deserto di Anbar, dove ormai solo alcune sacche di territorio rimangono sotto il controllo del governo, le forze di sicurezza irachene, sostenute dagli Stati Uniti, continuano, senza molti progressi, nella battaglia per riprendere la città occidentale di Ramadi, evidenziando le carenze nella strategia di Washington nel contrastare i militanti dello Stato islamico.

L’obiettivo iniziale della controffensiva era di circondare la città, ma tre mesi dopo la sua caduta nelle mani dello Stato islamico, le forze irachene non sono ancora riuscite nel loro intento.

Ramadi, città che sorge sulle sponde dell’Eufrate, si trova a circa 110 km ad ovest di Baghdad ed è capoluogo della provincia a maggioranza sunnita di Anbar. La conquista di Ramadi e Falluja permette ai militanti dello Stato islamico di estendere il controllo su quasi tutta la provincia di Anbar, la più vasta dell’Iraq.

Rimpallo di responsabilità
Il primo ministro iracheno Haider al-Abadi aveva detto, a maggio, in un'intervista alla Bbc, che la città sarebbe stata riconquistata "in pochi giorni". Secondo il Washington Post, il ritmo incerto dell'operazione rischia di intaccare l'immagine degli Stati Uniti in Iraq, nonostante si spendano 1,6 miliardi di dollari per l’addestramento e l’equipaggiamento delle forze irachene.

Il limitato progresso dell’esercito iracheno viene giustificato da alcuni con la mancanza di un adeguato supporto aereo della coalizione a guida Usa, mentre altri addetti ai lavori fanno sapere che lo sforzo di espellere i combattenti dello Stato Islamico da Ramadi è stato rallentato da una serie di fattori, compreso il caldo eccezionale delle ultime settimane, le ampie fortificazioni e gli Ied (Improvised Explosive Device) che i militanti hanno disseminato intorno alla città.

Dall’operazione per riprendere Ramadi le milizie sciite irachene, in supporto all’esercito, sono in gran parte escluse proprio per non alimentare tensioni settarie, già messe a dura prova.

Più ottimista appare il generale dei Marines Kevin Killea, capo di Stato Maggiore della Combined Joint Task Force-Operation Inherent Resolve (Cjtf-Oir) che ha dichiarato che gli Usa stanno fornendo all’Iraq tutto ciò di cui necessita: solo sull’area di Ramadi, in una settimana, ci sono stati numerosi bombardamenti.

Una storia che si ripete
In un recente briefing, il generale Killea ha detto che il contrattacco continua con la fase d’isolamento delle aree sotto il controllo dei militanti dello Stato islamico, con le Isf (Iraqi Security Forces) che fanno progressi giornalmente. Le forze irachene stanno conducendo operazioni in più settori e stanno portando avanti il loro schema di manovra previsto. “È uno scontro difficile, per non dire altro”.

Nel complesso, sono stati fatti progressi in tutti i settori a Ramadi. Le forze di sicurezza irachene rimangono deliberatamente misurate nei loro progressi, prendendosi il tempo necessario per sgombrare il terreno disseminato di ostacoli e Ied. “Come potete immaginare i team per la bonifica di esplosivi e gli equipaggiamenti sono risorse estremamente importanti per le forze di sicurezza irachene in questo momento”.

Gli Stati Uniti spendono 9,9 milioni di dollari al giorno per la campagna aerea in Iraq e Siria e gli aerei della coalizione hanno effettuato circa 4.000 attacchi aerei in Iraq lo scorso anno, ma, evidentemente, per alcuni funzionari iracheni, ciò non è sufficiente per fare la differenza sul terreno.

Secondo alcuni comandanti iracheni, le forze di sicurezza sono ferme nelle stesse posizioni di un mese e mezzo fa. Anche se è d’obbligo ricordare che gli americani, dopo l’invasione del 2003, lasciarono sul campo numerosi marines nei diversi combattimenti per la conquista di città chiave della regione.

Gli jihadisti ‘vedono’ Baghdad
Intanto, i militanti dello Stato islamico, dopo aver cacciato le forze di sicurezza irachene da Ramadi, si sono trincerati in città, gestendo il governo locale, provvedendo a riparare le infrastrutture essenziali e a costruire le difese per contrastare eventuali attacchi.

I loro sforzi sono tali da ostacolare i tentativi del governo di riprendere la città. Le forze irachene e le milizie alleate non sono ancora riuscite nell'offensiva promessa, permettendo ai jihadisti sunniti di cementare la loro leadership.

Secondo un altro ufficiale iracheno i militanti sarebbero in grado di spostarsi da Ramadi a Falluja, a 55 chilometri, anch’essa in mano all’Is, in quanto le forze irachene attorno a Ramadi non li starebbero contrastando in maniera efficace.

In generale, i militanti dello Stato islamico hanno il sopravvento sui campi di battaglia, lanciando attacchi regolari a Khalidiyah e Habbaniyah, città a circa 24 chilometri a est di Ramadi vicino alla base area di Taqqadum, dove i soldati americani sono di stanza.

La situazione in Iraq è senza dubbio preoccupante poiché la mancata riconquista da parte dell’esercito iracheno di Ramadi potrebbe aprire ad un’offensiva jihadista e puntare verso la capitale Baghdad, distante solo un centinaio di chilometri.

Probabilmente, per un effettivo cambio di rotta dal punto di vista militare, si dovrebbe ricorrere ai cosiddetti boots on the ground da parte delle forze della coalizione perché i soli bombardamenti, al momento, non sembrano bastare per sconfiggere i militanti dell’Is.

Elvio Rotondo è Country Analyst de “Il Nodo di Gordio”.
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