In continuità con gli anni precedenti, dedicato e puntuale monitoraggio informativo è stato riservato alla Siria.
Pur in un quadro di sicurezza ancora precario, i gruppi di opposizione armata non sono parsi in grado di ambire al rovesciamento del regime damasceno che, nel corso del 2021, ha consolidato il proprio controllo sul Paese, sia sul piano militare grazie al sostegno di Russia e Iran, che su quello politico a seguito della conferma a un ulteriore mandato settennale del Presidente Assad con le elezioni di maggio. A fronte di ciò, nuove escalation sono possibili soprattutto in quei territori che permangono fuori dalla sovranità di Damasco o dove il Governo non esercita un pieno controllo per la presenza di milizie o gruppi armati di varia natura. Permangono infatti all’attenzione gli sviluppi nelle aree di Idlib, dove l’accordo di cessate-il-fuoco viene ripetutamente violato da entrambe le parti, e di Dara’a dove, in estate, si sono verificate nuove, violente proteste anti-regime.
Nel 2021 si è confermata in Siria l’attualità della minaccia jihadista dovuta soprattutto alle attività di DAESH, che si è riorganizzato come gruppo insorgente operativo nelle aree desertiche centrali del Paese, e dei gruppi filo-qaidisti come Hayat Tahrir al Sham e qaidisti come Tanzim Hurras al Din, entrambi operativi nell’area di Idlib. Sul piano internazionale, nella seconda parte dell’anno, a fronte degli scarsi progressi ottenuti dal Comitato Costituzionale onusiano, è emersa una maggiore propensione dei Paesi arabi ad assumere un atteggiamento pragmatico e di apertura verso Damasco, anche nell’ottica di arginare la presenza di Iran e Turchia nell’area. Nel complesso, le prospettive di normalizzazione del contesto siriano dipenderanno anche dall’effettivo avvio di un programma di ricostruzione infrastrutturale che permetta un recupero delle minime condizioni socio-economiche del Paese e il ricollocamento La crisi tra Israele e le fazioni armate di Gaza Nei primi giorni di maggio si sono registrati gravi scontri nel quartiere di Gerusalemme Est Sheikh Jarrah, in relazione allo sfratto di famiglie palestinesi da abitazioni acquistate da privati israeliani. In concomitanza con la fine del Ramadan e con le restrizioni imposte dalle Autorità di sicurezza ebraiche ai fedeli di Gerusalemme Est e a quelli provenienti dalla Cisgiordania, le violenze si sono estese, in un rapido effetto domino, a tutto lo scacchiere palestinese, interessando le aree intorno alla Spianata delle Moschee e determinando il conflitto aperto tra Israele e i gruppi armati di stanza a Gaza.
Negli undici giorni di scontri, Hamas ha dimostrato elevate capacità militari con il lancio di più di 4000 razzi verso i centri abitati israeliani e l’uso di tattiche innovative (lanci multipli, simultanei e con diversi archi balistici). Le fazioni gazawi hanno fatto uso di razzi con gittate diverse, taluni prodotti in loco in sostanziale autonomia; altri, assemblati con materiale più sofisticato e, in parte, importato; altri ancora equipaggiati interamente con componenti estere. Quanto a Israele, l’operazione Guardians of the Wall ha visto l’avvio di vasti bombardamenti aerei sulla Striscia di Gaza, intesi a colpire molteplici obiettivi (arsenali, tunnel, sedi istituzionali), compresi elementi di spicco di quell’organizzazione. La tregua, raggiunta il 21 maggio, ha lasciato aperti e irrisolti la definizione dei rapporti tra Israele e Hamas ma, anche, l’andamento delle complesse relazioni intra-palestinesi. dei circa 13 milioni di siriani che risultano profughi o sfollati a causa del conflitto.
FOnte Relazione annual sulla Politica dell?informazione per la Sicurezza 2021. Febbraio 2022.
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