di Maurizio Sacchi
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan si è recato il 5 agosto a Sochi in Russia dove è stato invitato per un incontro dall’omologo russo Vladimir Putin. Al centro dei colloqui la Siria – dove Ankara sostiene l’opposizione al presidente Bashar al Assad mentre Mosca appoggia il regime di Damasco – in relazione all’annunciata operazione militare turca contro le forze curde ritenute terroriste nel Nord del Paese che per ora non ha avuto il via libera da parte di Putin.
Erdogan e Putin hanno discusso dell’Ucraina, dove Ankara ha giocato un ruolo centrale nello sblocco dell’esportazione di cereali ucraini attraverso il Mar Nero, e a quanto pare l’accordo sarà rinnovato alla scadenza dei 120 giorni previsti. Il primo carico di 27mila tonnellate sulla nave ‘Razoni’, partita dal porto di Odessa, ha superato l’ispezione del Centro di Coordinamento Congiunto a Istanbul, dove sono rappresentati Russia, Ucraina, Turchia e Onu. Ottenuto il via libera la nave é proseguita alla volta del porto libanese di Tripoli.
La Turchia spinge per la partenza di una nave al giorno, considerato che con almeno 25milioni di tonnellate bloccate a Odessa, Chernomorsk e Yuzhny servirebbero circa 900 navi della portata della ‘Razoni’ per far passare tutte le derrate che rischiano di marcire creando una crisi alimentare di portata globale.
Se ai 120 giorni vi sarà il rinnovo dell’accordo sarebbe possibile che tutto il grano possa uscire dai porti ucraini, insieme al frumento e ai fertilizzanti prodotti dalla Russia che Mosca ha chiesto e ottenuto fossero inclusi nell’accordo. Putin ha ringraziato personalmente Erdogan per gli accordi sull’esportazione di grano, ed ha aggiunto che “l’ Europa dovrebbe essere grata alla Turchia per essere in grado di acquistare gas dalla Russia attraverso il gasdotto Turkish Stream”.
Dal canto suo, la Turchia ha evidenziato l’importanza di completare in tempo la costruzione della centrale nucleare di Akkuyu, nel sud della Turchia, progetto realizzato in collaborazione con Mosca ed in costruzione dal 2017. Ufficialmente, la prima unità della centrale dovrebbe essere completata entro il 2023. L’accordo, giunto dopo due mesi di negoziato, era stato subito messo in crisi dai missili russi sul porto di Odessa, che hanno rischiato di far saltare l’intesa.
Un altro punto critico fra Turchia e Russia é legato alla Siria. Negli ultimi mesi il presidente turco ha ripetutamente minacciato un intervento militare nel Nord del Paese diretto da Assad, mirato a sottrarre al controllo dei curdi siriani dello Ypg le aree di Tal Rifat e Manbij, con l’intento di costituire un’area cuscinetto di 30km di profondità.
Un territorio che Ankara gestirebbe scacciando i separatisti curdi e costruendo case per favorire il ritorno dei profughi siriani attualmente in Turchia. Per Erdogan sarebbe un doppio colpo in vista delle elezioni del 2023, visto che i sondaggi al momento lo vedono in svantaggio rispetto a possibili altri candidati.
Ma la Russia, che controlla lo spazio aereo siriano, non ha alcuna intenzione di dare ad Erdogan il via libera per un attacco in Siria, un ‘no’ ribadito da Putin a Teheran lo scorso 19 luglio. A Putin il presidente turco avrà ricordato gli impegni presi nel 2019, rispetto all’espulsione dei miliziani Ypg dal suolo turco e ricorderà che, se la Turchia dovesse sentirsi minacciata, non esclude un intervento militare nella zona .
“I nostri sforzi sforzi diplomatici possono essere rivolti ad altri ambiti, a partire dall’energia“, ha detto Erdogan, mentre annunciava il pagamento l’Agenzia di Stato per il Nucleare russa, Rosatom di 5miliardi di dollari all’Agenzia di Stato per il Nucleare russa, Rosatom, per portare a termine la centrale nucleare di Akkuyu, nel Sud della Turchia. Altri 15miliardi saranno trasferiti nelle prossime settimane.
Akkuyu sarà così la prima centrale nucleare turca, uno dei più grandi impianti al mondo, costruito in gran parte con i soldi di banche russe come Sberbank e Sovcombank. Nucleare e gas finiranno nell’agenda dell’incontro di Sochi anche perché la Russia copre con il proprio gas il 45 percento del fabbisogno annuale della Turchia.
La Siria
Il portavoce presidenziale russo Dmitry Peskov ha anticipato l’incontro con una dichiarazione in cui ha espresso “che le avrebbe “prese in considerazione”, le preoccupazioni turche riguardo alla Siria, dando l’impressione di accettare un’operazione militare della Turchia, pur ammonendo di evitare azioni che potrebbero “minacciare l’integrità territoriale e l’unità politica della Siria”, e aggiungendo che l’incontro tra Putin ed Erdogan si sarebbe concentrato sulla Siria e sulle preoccupazioni della Turchia.
La Turchia che, dopo la guerra in Ucraina, si è affermata come una potenza geopolitica di peso internazionale, é alla ricerca di una legittimazione delle sue ambizioni di egemonia nell’area. Nonostante la riconciliazione con Emirati Arabi Uniti, Israele e Arabia Saudita, ciò non si è tradotto nella sua richiesta di far parte di un sistema regionale da elaborare tra questi Paesi.
Anche più complicato il rapporto con l’Egitto, che pone come condizione un chiarimento del ruolo dei Fratelli Musulmani, dai cui ranghi proviene Erdogan, e percepiti come una minaccia interna al Cairo. L’Egitto chiede anche l’uscita di Ankara dalla Libia e la fine dell’appoggio ai gruppi islamisti fedeli alla Turchia.
La Turchia nella guerra civile siriana
Dall’inizio della guerra civile siriana, le relazioni tra Siria e Turchia sono state problematiche. Il conflitto siriano ha iniziato ad avere un impatto sulla Turchia quando almeno 3.000 rifugiati siriani sono fuggiti dalla Siria dopo l’attacco dell’esercito siriano a Jisr ash-Shugur nel giugno 2011. Allora, Erdogan commentava: “Loro [la Siria] non stanno agendo in modo umano. È una barbarie”. All’inizio, il governo turco si è astenuto dal descrivere i siriani fuggiti in Turchia come “rifugiati” o “richiedenti asilo”, riferendosi invece a loro come ospiti, ed Erdogan, pur chiedendo l’attuazione delle riforme promesse dal governo siriano, inizialmente si è astenuto dal chiedere la deposizione di Bashar al-Assad.
Nell’agosto 2012, la Turchia ha iniziato a tenere incontri ad alto livello con gli Stati Uniti sui piani per sostituire il governo siriano. Il 3 ottobre la Turchia ha attaccato le truppe governative in Siria, dopo che un colpo di mortaio siriano aveva ucciso cinque persone. Il primo ministro turco Tayyip Erdogan annuncia il 5 ottobre di quell’anno: “Non siamo interessati alla guerra, ma non siamo nemmeno lontani da essa”.
Il 10 ottobre 2012, gli F-16 dell’aeronautica turca hanno intercettato nello spazio aereo turco un Airbus A320 della Syrian Air, in volo da Mosca a Damasco, costringendolo ad atterrare all’aeroporto Esenboğa di Ankara, sospettando che trasportasse armi di fabbricazione russa. Gli ispettori hanno confiscato apparecchiature di comunicazione militare e oggetti “ritenuti parti di missili”.
Il 24 agosto 2016, la Turchia e i ribelli sostenuti dalla Turchia hanno attaccato le posizioni dell’ISIS oltre il confine siriano, da Jarabulus a ovest fino ad Al-Rai, conquistando una serie di città e prendendo possesso di una striscia profonda dai 5 ai 20 km. La Turchia ha chiamato questa operazione “Scudo dell’Eufrate”.
E infine, nel 2020, in seguito agli attacchi aerei di Balyun, la Turchia ha avviato l’operazione Scudo di primavera contro l’esercito siriano. Ma ora questi attriti passano in secondo piano, nel quadro di un’alleanza strategica fra Mosca e Ankara, che risolveranno il dossier Siria tra di loro.
Il ruolo della Russia in Siria
Dal settembre 2015, la Russia ha intensificato la sua presenza militare in Siria, schierando 12 aerei da attacco al suolo Su-25, 12 aerei interdittori Su-24, 6 bombardieri medi Sukhoi Su-34 e 4 aerei da combattimento multiruolo Su-30 più 15 elicotteri d’attacco Mi-24, con base all’aeroporto internazionale Bassel Al-Assad vicino a Latakia. Gli aerei sono protetti da almeno due o forse tre sistemi antiaerei terra-aria SA-22, e droni di sorveglianza disarmati simili a MQ-1 Predator vengono utilizzati per effettuare missioni di ricognizione. Oltre alle forze aeree, le forze di terra includono 6 carri armati T-90, 15 pezzi di artiglieria, 35 veicoli corazzati per il trasporto di personale e 200 Marines.
Secondo i media russi, era stato il presidente siriano Bashar al-Assad a chiedere alla Russia di intervenire fornendo assistenza militare. Il 30 settembre 2015, la Russia ha lanciato i primi attacchi aerei contro obiettivi a Rastan, Talbiseh e Zafaraniya, nella provincia siriana di Homs. Mosca ha dato agli Stati Uniti un preavviso di un’ora sulle sue operazioni. L’area di Homs è cruciale per il controllo della Siria occidentale da parte del presidente Bashar al-Assad. Un controllo dell’area da parte degli insorti separerebbe le città costiere di Latakia – dove sono basati gli aerei russi – e Tartous, dove la Russia gestisce una struttura navale.
Nel marzo 2016, la città strategica di Palmira è stata riconquistata dall’esercito siriano, affiancato dalle milizie filorusse di Wagner, dopo un’offensiva su larga scala sostenuta dagli attacchi aerei russi. Oltre a combattere i militanti dell’Isil, i Wagner hanno addestrato un’unità dell’esercito siriano chiamata Cacciatori dell’Isis , anch’essa interamente finanziata e addestrata dalle forze speciali russe. I Cacciatori dell’Isis sono stati una delle unità di punta durante la riconquista dei giacimenti di gas di al-Shaer dall’Isis alla fine di aprile 2017.
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