giovedì 22 dicembre 2016

Iraq: prospettive di turbolenza

Medio Oriente
Iraq, rischio naufragio per la riconciliazione nazionale 
Maurizio Melani
28/12/2016
più piccolopiù grande
Rischiano ancora una volta di naufragare i tentativi di avviare un effettivo processo di riconciliazione nazionale in grado di superare le divisioni settarie tra arabo-sunniti e sciiti, che con rilevanti interferenze esterne lacerano l’Iraq.

Un piano per un Iraq unito
Un piano annunciato lo scorso ottobre dall'Alleanza nazionale irachena - contenitore di forze sciite comprendente a fasi alterne anche i seguaci di Moqtada Al-Sadr - mira a disegnare l'assetto della gestione condivisa del Paese dopo l'attesa presa di Mosul.

Il piano affida alla Missione delle Nazioni Unite in Iraq, Unami, guidata dallo slovacco Jan Kubis, un duplice ruolo: di facilitare la definizione dei contenuti e della partecipazione delle forze politiche, e di ottenere il sostegno al processo di riconciliazione sia dei paesi della regione, che della Lega araba e dell'Organizzazione della conferenza islamica, affinché nei confronti di chi lo ostacola possano essere usati strumenti di cui dispone l’Onu.

Al processo, secondo quanto annunciato, dovrebbero partecipare tutte le forze politiche inclusi i gruppi armati, con l'esclusione dell'autoproclamatosi “stato islamico”. Il fine è di concordare, in attuazione della Costituzione irachena, la distribuzione dei poteri e l'uso delle risorse tra Governo federale, Governo Regionale del Kurdistan (Krg), e Governi provinciali, e di risolvere i problemi del ritorno dei milioni di profughi interni o espatriati e della ricostruzione delle aree distrutte.

Il progetto è stato un investimento politico per il leader dell'Alleanza nazionale (sciita), Hamar al-Hakim, ma soprattutto per il primo ministro Haider al-Abadi che ha varato in agosto una legge sull'amnistia e ha gestito con relativo successo, almeno finora, l'unità di azione nella lotta allo “stato islamico” con il suo comando dell'esercito, dei peshmerga curdi e delle milizie sciite e sunnite.

Almeno a parole, Abadi è stato sostenuto dall'ex-Primo Ministro Nouri al-Maliki, che ha però ostacolato in Parlamento molte iniziative del governo, promuovendo anche la sfiducia dei Ministri della Difesa e delle Finanze.

Le Unità di mobilitazione popolare
Questo ambizioso programma, visto con favore dalla Comunità internazionale, è ora messo in pericolo dall'approvazione parlamentare, a fine novembre, di un provvedimento voluto soprattutto da Al-Maliki.

La misura attribuisce formalmente alle Unità di mobilitazione popolare, le Ump (eterogenei gruppi armati comprendenti le tradizionali milizie sciite come il Badr Corps ed altre formazioni, molte operanti con una diretta assistenza iraniana) il ruolo di terzo attore della sicurezza nazionale assieme all'esercito e alla polizia.

Dopo l’approvazione, i partiti sunniti hanno abbandonato il Parlamento, come lo stesso Presidente dell'assemblea, Salim al-Jabouri. Diversi sono stati gli annunci di ritiro dal processo di riconciliazione.

La consistenza delle Ump si è rafforzata numericamente dopo l'appello del 2014 del Grande Ayatollah Al-Sistani ad unire le forze contro l’autoproclamatosi “stato islamico” quando questo, sfondate le precarie resistenze dell'esercito iracheno, era sulla via di Baghdad.

Alle formazioni sciite si aggiungono, sotto la stessa denominazione, alcuni modesti gruppi sunniti impegnati nella lotta all'Isis: quelli tribali della Provincia di Anbar e quelli della Provincia di Ninive prevalentemente organizzati dall'ex-Governatore di Mosul Athel al-Nujafi.

I partiti arabo-sunniti vorrebbero che gli appartenenti alle Ump - in alcuni casi responsabili di efferate azioni di rappresaglia e punizioni collettive a danno delle popolazioni sunnite nelle aree sottratte al sedicente “stato islamico” - siano integrati individualmente nelle forze armate e di polizia invece di essere costituite terza forza di sicurezza del Paese.

Contrarietà condivisa dal leader sciita Moqtada Al Sadr - spesso sensibile alle posizioni arabo-sunnite inquadrate nel nazionalismo iracheno -, in questa fase avversario di Al-Maliki, delle sue mire di ritorno al potere e della sua intenzione di impiegare le Ump in Siria una volta liberata Mosul.

Moqtada sta cercando assieme al Presidente della Repubblica, il curdo Fuad Masum, una mediazione che possa evitare il naufragio del piano di riconciliazione nazionale attraverso una revisione emendativa della legge. Quest’ultima potrebbe consistere nell’aumento della percentuale di arabo-sunniti nella nuova forza armata (che richiederebbe nuovi reclutamenti), nell'esclusione dei responsabili di violenze ai danni della popolazione e l'esclusione delle Ump sciite dal controllo delle zone liberate.

Incognita Trump
Senza un accordo sulle Ump è assai probabile che il processo di riconciliazione nazionale, accolto inizialmente in modo positivo anche dalle forze arabo-sunnite, diventi rapidamente un'altra occasione perduta.

Un ruolo importante lo avranno, come sempre, i Paesi limitrofi. In particolare l'Iran, che dopo aver accettato assieme agli Usa la sostituzione di Al-Maliki con al-Abadi nel 2014 sembra ora voler mantenere un ruolo autonomo per le Ump, dotate delle capacità militari fornite da Teheran.

Altro attore cruciale potrebbe essere l'Arabia Saudita, qualora non volesse favorire il processo di riconciliazione tra arabo-sunniti e sciiti ritenendo che questo avvantaggi l'Iran.

Ed infine c’è la Turchia, che sostiene gli arabo-sunniti di Al-Nujafi per tenere lontane le milizie sciite e contenere i curdi iracheni, ora suoi alleati sotto la leadership di Massud Barzani. Un’alleanza che potrebbe vacillare se Barzani decidesse di dare seguito all'annuncio di un referendum per la costituzione di uno stato indipendente.

Su tutto pesa l'incognita di quale sarà la politica della nuova Amministrazione Trump, che si preannuncia contro l’Iran e contemporaneamente desiderosa di trovare un’intesa con la Russia.

Al-Maliki sembra cercare appigli ricordando i buoni rapporti che aveva con i repubblicani di Bush, suoi co-sponsors parallelamente ai loro nemici iraniani. E al tempo stesso il Presidente eletto suscita aspettative nei curdi che starebbero intensificando i loro rapporti sotterranei con Israele. Anche sugli sviluppi in Iraq pesa inevitabilmente la grande imprevedibilità introdotta nello scenario internazionale dall'elezione di Trump.

Maurizio Melani è Ambasciatore d'Italia.

Nessun commento:

Posta un commento