domenica 4 maggio 2014

Iraq: difficli equilibri in un paese sconvolto

Medio Oriente
La quadratura del cerchio dell'Iraq 
Maurizio Melani
29/04/2014
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Secondo le regole non scritte del sistema politico iracheno, dalle elezioni parlamentari del 30 aprile dovrà scaturire una coalizione di governo centrata su una compagine a guida sciita che dovrà accordarsi con una credibile rappresentanza della variegata comunità sunnita e con il blocco curdo.

L’equilibrio di Maliki
Dopo le elezioni del 2005 e del 2010 e le complesse trattative nelle quali furono rilevanti le paradossalmente convergenti influenze statunitensi e iraniane, l'espressione di questi equilibri fu affidata a Nuri Al-Maliki, rappresentante di un partito sciita minore che alla fine del primo mandato divenne il primo ministro di un'ampia forza politica (Stato di Diritto) con pretese di composizione intersettaria.

Grazie a un abile uso del potere e ai successi sui piani della sicurezza e della ripresa economica, nelle elezioni del 2010 questa forza quasi uguagliò il blocco laico guidato da Ayad Allawi (Iraqiya) nel quale confluivano la larga maggioranza dei sunniti e fasce della popolazione sciita stanche dei conflitti interconfessionali.

Dopo le elezioni, Maliki recuperò con la facilitazione iraniana altre forze sciite ed in particolare i sadristi per ricomporre un fronte maggioritario in Parlamento e ottenere nuovamente l'incarico di formare un governo comprensivo delle altre forze politiche.

Power sharing fallito 
Nel secondo mandato, ancora più che nel primo, non si realizzò tuttavia il "power sharing" posto a base della grande coalizione faticosamente formata. Il potere fu sempre più accentrato attorno al Primo Ministro.

Autorevoli esponenti sunniti nelle istituzioni furono accusati di favorire il terrorismo rialimentato dal conflitto siriano, e il solco tra Maliki e il mondo sunnita fu allargato dalla violenta repressione di proteste, incoraggiate dalle primavere arabe, per le promesse non mantenute a forze politiche e milizie tribali che negli anni precedenti avevano sconfitto Al-Qaeda.

Anche i rapporti con i curdi si sono deteriorati, parallelamente a quelli con la Turchia diventata principale sponsor esterno degli stessi curdi e, in competizione con l'Arabia Saudita, di gruppi sunniti. Difficoltà sono infine emerse con gli altri grandi partiti sciiti ugualmente insofferenti dei metodi accentratori del Primo ministro.

Rispetto al 2010, una modifica alla legge elettorale, proporzionale con liste circoscrizionali e preferenze, ha abolito un premio ai grandi partiti nell'attribuzione dei resti a livello nazionale, contribuendo cosi ad una proliferazione delle liste.

Iraqiya si è frantumata in vari spezzoni tra i quali i due maggiori di chiara connotazione sunnita guidati rispettivamente dal Presidente del Parlamento, Al-Nujafi, forte soprattutto nella provincia di Mosul e a Baghdad, e dal vice Primo ministro Saleh Mutlak, nazionalista, con venature post baathiste, che nella sua provincia di Anbar dovrà fronteggiare la violenza jihadista e settori tribali recuperati da Maliki.

Dallo Stato di Diritto di Maliki sono uscite componenti più o meno rilevanti a livello locale. Alcune hanno deciso di correre da sole, mentre altre sono passate all'Isci (gia' Sciri), storico partito sciita di opposizione a Saddam Hussein, ancora guidato dalla dinastia religiosa degli Al-Hakim.

Nella prima fase del nuovo Iraq questa era la forza più consistente. Sensibilmente ridimensionata nelle elezioni locali del 2009 e nelle legislative del 2010 essa è di nuovo in ascesa, come ha dimostrato nelle provinciali del 2013.

Uscita di scena di Al-Sadr
Ugualmente in ascesa sono i sadristi. Il loro leader, Moktada Al-Sadr - noto per essere stato alla guida di una delle più temute milizie sciite (l'Esercito del Mahdi) durante l'occupazione americana e spina nel fianco di al-Maliki - ha annunciato l'uscita dalla politica per dedicarsi di nuovo al consolidamento della sua caratura religiosa e ad attività sociali sostenute da ingenti risorse.

I sadristi hanno comunque presentato proprie liste rinnovandole. Tradizionalmente rivali, con una storia anche di lotta cruenta tra le rispettive milizie e costante oggetto di attenzioni e sostegni degli apparati di sicurezza iraniani spesso in contrasto tra loro, Isci e sadristi si sono riavvicinati stabilendo in opposizione a Maliki una collaborazione con i sunniti di Al-Nujafi, assieme ai quali hanno conquistato l'Amministrazione provinciale di Baghdad nelle elezioni locali dello scorso anno.

Curdi al voto
I partiti curdi dovrebbero come al solito fare il pieno del loro elettorato etnico, anche se con nuovi equilibri che vedono un forte ridimensionamento del Puk, l’unione patriottica del Kurdistan del Presidente della Repubblica Talabani - ormai da tempo assente per motivi di salute - l’ascesa del movimento Goran, scissosi dal Puk e diventato secondo partito in Kurdistan, e il consolidamento del partito Democratico del Kurdistan, Kdp, di Massud Barzani.

La tradizionale ostilità reciproca con gli arabi sunniti delle regioni confinanti, in particolare con Al-Nujafi, si è notevolmente attenuata, grazie anche alla mediazione turca, ma il persistente problema delle aree contese, tra le quali la zona petrolifera di Kirkuk, potrebbe riattivare i contrasti.

In questo contesto, le probabilità di un terzo mandato a Maliki possono sembrare alquanto ridotte. Ma egli punterà verosimilmente sul compattamento religioso, mentre allo stato attuale non sembrano emergere personalità alternative in grado di coagulare i consensi necessari tra le forze sciite e al di fuori di esse.

Prima della formazione del governo occorrerà una convergenza per l'elezione di una personalità curda o sunnita a Presidente della Repubblica il cui ruolo non sarà irrilevante nelle trattative per i difficili equilibri da realizzare. Vi è quindi il rischio di un’instabilità istituzionale dopo le elezioni e di tempi lunghi, con i pericoli di un accentuarsi delle tensioni nelle quali potranno inserirsi ulteriori azioni stragiste per scatenare la guerra religiosa e imprevedibili rovesciamenti di alleanze.

Molto dipenderà dai comportamenti dei paesi vicini, non tutti convinti che un Iraq stabile, pienamente in grado di valorizzare al massimo il proprio potenziale di idrocarburi e di riassumere il suo ruolo negli equilibri mediorientali, sia nel loro interesse.

Questo sarà ancora più evidente se anche tra i grandi attori esterni alla regione mancherà, a causa degli sviluppi in Ucraina, quella convergenza che ha consentito l'avvio del negoziato con l’Iran e una prospettiva, oggi più difficile, di positiva gestione della crisi siriana.

Maurizio Melani è Ambasciatore d'Italia.
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