venerdì 10 marzo 2023

HUMINT Una Storia. di Fabio Lombardelli

 AHMED, L’INFILTRATO TRA I JIHADISTI SCOVATO IN ITALIA DA UN EX AGENTE DELL’INTELLIGENCE ITALIANA


 (N.B.: nomi e alcuni dettagli sono stati leggermente modificati per tutelare le fonti reali.) 


 Luigi è stato un agente della nostra intelligence e un grande reclutatore capace di convincere un «cattivo» a collaborare, persuasivo nell’indurre una fonte a lavorare per lui. La sua storia si svolge tra Europa e Vicino Oriente, sul finire degli Anni ’80, quando è in corso una sfida tra servizi segreti, terroristi, militanti. Allora i criminali erano dei «professionisti» rispetto a quegli attuali, con alle spalle apparati di Paesi Mediorientali. I “Mukhabarat”, i servizi speciali dei regimi. Veri sponsor, che offrivano denaro, protezione, armi, passaporti puliti e pretendevano in cambio operazioni clandestine. Gli esecutori dirottavano aerei o li facevano esplodere, un nemico che colpiva con una cadenza impressionante. La strage di Fiumicino del 1985, il massacro nei cieli di Lockerbie nel 1988 (foto sotto), le bombe nelle vie di Parigi, i sequestri di decine di occidentali in Libano, i gruppi di fuoco. Molti se ne sono dimenticati ma quell’epoca era molto più dura e impegnativa. 36 Conversione di un Militante Luigi può raccontare certi particolari perché è passato tanto tempo e ormai è fuori dai giochi. O quasi. Infatti, non ha mai reciso del tutto quel cordone ombelicale di passioni, sensazioni, dovere. Ancora oggi quando vede una news su un attentato gli scattano le stesse domande, i medesimi riflessi. Ipotizza, valuta, con l’occhio allenato. Va subito oltre la prima versione. Perché la missione ti resta dentro, come l’intuizione.

 Specie se hai passato la tua vita più in strada che dietro una scrivania. E il filo del discorso riparte dopo il fermo di un giovane estremista d’origine araba, bloccato in una città del Nord d’Italia. Non è uno qualsiasi, è legato a un’organizzazione importante e tra i documenti che gli trovano addosso c’è un indirizzo che porta ad un «amico» (Ahmed) che vive a diverse centinaia di chilometri di distanza, lungo la nostra penisola. L’amico è pulito, lo ha solo ospitato per un periodo, condividendo il tetto e certe idee ma senza valicare il confine che conduce all’illegalità. Luigi decide di esplorare il sentiero. Inizia dalle carte. Annotazioni scarne, niente di incriminante o sensibile. Poi bussa alla porta di Ahmed come fosse un poliziotto qualsiasi, domande di rito, conduce una ricognizione «a vista». Deve farsi un’idea, costruire un quadro dell’obiettivo/target, è come un sarto che prende le misure. La manovra d’accerchiamento inizia alla larga. Vuole capire se ha problemi sul lavoro (Ahmed ne ha uno regolare e tranquillo), cerca di scoprire se esistono guai familiari o personali, eventuali debolezze. Soldi? Sesso? Vizi? Tutto è utile. 

Come vive, relazioni, abitudini, anche le più innocenti finiscono nella memoria. Luigi non affonda sul pedale. Mai avere fretta, ripete anche adesso. Con il tempo costruisce un rapporto di conoscenza che diventa quasi amicizia, consapevole però che rimarrà sempre qualcosa di sommerso, non rivelato. Come fosse un cassetto segreto. Luigi incoraggia Ahmed, è sempre disponibile, ascolta discorsi impegnati e litanie familiari, ma è anche attento a mettere dei paletti. In particolare, se toccano il tema della lotta armata. Il reclutatore, docilmente e continuamente, gli rammenta cosa sia giusto o sbagliato, traccia una linea per fargli comprendere che uccidere civili o far esplodere un’ambasciata rientrerà pure in una strategia politica, ma oltre che essere un crimine non porta da nessuna parte. L’agente è sempre cauto, diffida dei metodi forti, così come dell’arma del ricatto. A volte è usata per convincere qualcuno a collaborare, però può diventare controproducente: l’informatore che si sente sotto pressione rischia di venderti quello che non sa. Per la semplice ragione che vuole tenerti buono. Stessa discorso per la violenza sui prigionieri, è raro che paghi.

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