Alessio Pecce*
(alessio-p89@libero.it)
Come è ormai noto a tutti, stampa e pubblica opinione, tra
Russia e Turchia non scorre del buon sangue, soprattutto dopo l'abbattimento
del caccia russo colpito dalle forze militari turche il 24 novembre. Tuttavia
il presidente Putin è rimasto abbastanza “morbido” riguardo eventuali
ritorsioni economiche nei confronti della Turchia, poiché ogni decisione
economica, nella fattispecie scambi ed investimenti, si può ritorcere nei
confronti di chi ha adottato tale provvedimento. In ogni caso, uno degli
obiettivi del Cremlino rimane quello di riacquistare affidabilità nei confronti
della Comunità Internazionale, dopo le sanzioni relative alla questione
ucraina, indi per cui ad oggi non ci voleva la diatriba politica-economica tra
Russia e Turchia.
È bene sottolineare come la Russia non abbia ancora
sanzionato la Turchia sul fronte energetico, e probabilmente non lo farà, così
come il progetto riguardo la costruzione della prima centrale nucleare turca.
Rispettivamente le esportazioni russe relative all'anno 2014 sono pari a 25
miliardi di dollari, mentre quelle turche sono di 5 miliardi di dollari.
D'altronde i russi hanno posto un freno ai prodotti agroalimentari turchi,
attraverso il bando all'importazione firmato da Putin il 28 novembre. Nella
fattispecie ci sarà un maggior controllo doganale sulle merci provenienti dalla
Turchia e a partire dal 1 gennaio 2016 ci sarà il blocco delle assunzioni in riferimento
ai cittadini turchi. Inoltre sul fronte turismo, altro snodo economico di
rilievo, i russi, attraverso pressioni alle agenzie di viaggio, eviteranno di
vendere pacchetti vacanze per le
località turche e il tutto andrà a colpire l'economia proveniente dai turisti:
nel solo 2014 i cittadini russi che si sono recati in Turchia sono stati 4,4
milioni, portando nelle loro casse circa 2,7 miliardi. Secondo l'agenzia
francese di assicurazione crediti all'export (COFACE), i provvedimenti russi
nei confronti della Turchia, relativi a turismo ed esportazioni, si aggirano
tra i 5 e i 10 miliardi di dollari e di conseguenza il Cremlino, per
rimpiazzare le importazioni messe al bando, adotterà una strategia per la
produzione interna, così come la Turchia che cercherà alcune fonti altrove:
tutto ciò andrà a gravare sulle esportazioni turche in Russia, già in ribasso
da tempo. Nonostante tutto, la Russia ha posto fuori dai suoi provvedimenti il
settore energetico, come accennato precedentemente, semplicemente per un
motivo: le sanzioni si capovolgerebbero a Mosca, visto e considerato che la
Turchia si sta adoperando altrove per cercare fornitori di risorse energetiche,
nella fattispecie il gas, in paesi come l'Azerbaijan e il Qatar. Infatti il
trasferimento di gas russo in terre turche, corrisponde ad un ammontare pari a
10 miliardi di dollari: la Turchia rappresenta il secondo paese per fornitura
di gas, subito dietro la Germania. Senza dimenticare il rischio di una
sospensione del progetto “Turkish Stream”, costituito dal trasporto di gas
russo verso la Turchia per mezzo del Mar Nero, nel quale Gazprom ha già
investito circa 13 miliardi di dollari: cifre tutt'altro che irrisorie.
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