Ue-Israele Riavvicinamento, ‘missione possibile’ Eran Etzion, Andrea Frontini 17/07/2015 |
Pur rappresentando un notevole successo nel quadro piuttosto deludente della politica europea verso il suo vicinato meridionale, le relazioni Ue-Israele rimangono, in larga misura, una storia di promesse mancate e di reciproci sospetti.
Le posizioni delle parti rispetto al processo di pace in Medio Oriente restano difficilmente compatibili, così come i rispettivi approcci verso i molteplici sviluppi politico-strategici nella regione, inclusi, tra gli altri, il dossier nucleare iraniano, le relazioni con l’Egitto di al-Sisi ed il ruolo di Hezbollah nello scenario libanese.
Tali divergenze trascendono il contesto medio-orientale, includendo ad esempio le relazioni con la Russia dopo lo scoppio della crisi ucraina.
Divergenze, incertezze, opportunità
Le considerevoli incertezze che pesano sulla dialettica interna e la posizione internazionale del nuovo governo del primo ministro Benjamin Netanyahu, le deboli prospettive di un rapido riavvio dei negoziati di pace israelo-palestinesi, l’alquanto volatile scenario di sicurezza medio-orientale, così come il mutevole posizionamento regionale degli Stati Uniti, rappresentano tutti fattori altamente critici per le relazioni euro-israeliane.
È quindi necessario prevenire i rischi di una profonda e durevole frattura tra Ue ed Israele mediante una sapiente combinazione di realismo e visione.
Alcune opportunità dovrebbero essere colte in tal senso. L’attuale processo di revisione della politica europea di vicinato, ma anche il recente avvio dell’elaborazione di una ‘strategia globale’ per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, costituiscono un’occasione per discutere sfide comuni ed identificare aree di potenziale cooperazione, secondo un processo autonomo ma, in qualche misura, parallelo.
Per il governo Netanyahu, l’attuale riesame della propria politica regionale e globale si accompagna a rinnovate pressioni interne alla nuova Knesset, così come a quelle esterne dei suoi partner occidentali, in favore di una credibile politica verso il campo palestinese, cominciando da una rapida soluzione della tragica situazione nella Striscia di Gaza.
Del pari, il capo della diplomazia europea, Federica Mogherini, ha inviato importanti segnali di disponibilità al dialogo che il premier Netanyahu farebbe bene a raccogliere, dalla nomina di un nuovo rappresentante speciale per il processo di pace, nella persona del diplomatico italiano Fernando Gentilini, fino alla sua seconda visita ufficiale nella regione in meno di un anno.
Una strategia del ‘doppio binario’
In tale delicato ma dinamico contesto, l’Ue e Israele dovrebbero far sì che il loro perdurante disaccordo sul processo di pace non diventi l’unico fattore trainante delle loro relazioni.
Una strategia del ‘doppio binario’, che consolidi una cooperazione settoriale più matura senza per questo rinunciare ad un dialogo franco ma rispettoso sul conflitto israelo-palestinese, potrebbe forse offrire un utile percorso diplomatico per l’immediato futuro.
Tale rinnovato dialogo dovrebbe ispirarsi a valori comuni, per quanto talvolta diversamente interpretati, quali democrazia, stato di diritto ed economia di mercato, e poggiare altresì su interessi condivisi nel campo della cooperazione economica, tecnologica, scientifica e della società civile.
A ciò si potrebbe progressivamente affiancare un processo costruttivo e regolare di consultazione ed analisi su temi quali il futuro dello scenario medio-orientale dopo il recentissimo accordo di Vienna sul nucleare iraniano, il contrasto al cosiddetto ‘Stato Islamico’ ed al terrorismo di matrice religiosa in generale, specialmente dopo le violenze degli ultimi mesi in Europa, Nord Africa e Medio Oriente, la formulazione di un’efficace diplomazia preventiva verso Hamas ed Hezbollah, ma anche la messa a punto di approcci comuni su temi di sicurezza emergenti quali il nesso tra sicurezza, sviluppo e risorse naturali (in particolare l’acqua), la sicurezza cibernetica, o ancora dossier trasversali quali il ruolo regionale e globale della Russia.
Armonizzare gli approcci
Un graduale riavvicinamento tra Ue ed Israele potrebbe inoltre passare, oltre che per un rinnovato impegno per la soluzione del conflitto israelo-palestinese in un quadro negoziale allargato quale quello offerto dalla Arab Peace Initiative, anche per una maggiore armonizzazione dei rispettivi approcci verso il quadro politico e di sicurezza medio-orientale.
Mentre l’Ue dovrebbe sviluppare una politica estera regionale maggiormente incisiva ed influente, combinando al meglio le diverse componenti della sua proiezione esterna (diplomazia, sicurezza, commercio e sviluppo), Israele farebbe bene ad impegnarsi in una strategia diplomatica più flessibile e creativa, tanto al fine di contrastare le minacce poste dall’estremismo politico e religioso quanto nell’ottica di promuovere un sistema di sicurezza sostenibile e resiliente nell’intera regione.
Nonostante periodici momenti di stallo, le relazionieuro-israeliane possono ancora rappresentare un’importante fonte di cooperazione multiforme nel campo politico-diplomatico, economico, sociale e culturale.
Per l’Italia, che ha sempre accompagnato la tradizionale amicizia con Israele a una visione equilibrata del processo di pace, un riavvicinamento tra Ue ed Israele potrebbe costituire un incoraggiante sviluppo nel quadro di una politica estera europea più efficace e coesa ai suoi turbolenti confini meridionali.
Andrea Frontini è Policy Analyst presso lo European Policy Centre (EPC) di Bruxelles. Eran Etzion è Direttore Esecutivo presso il Forum of Strategic Dialogue (FSD) di Tel Aviv.
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Tali divergenze trascendono il contesto medio-orientale, includendo ad esempio le relazioni con la Russia dopo lo scoppio della crisi ucraina.
Divergenze, incertezze, opportunità
Le considerevoli incertezze che pesano sulla dialettica interna e la posizione internazionale del nuovo governo del primo ministro Benjamin Netanyahu, le deboli prospettive di un rapido riavvio dei negoziati di pace israelo-palestinesi, l’alquanto volatile scenario di sicurezza medio-orientale, così come il mutevole posizionamento regionale degli Stati Uniti, rappresentano tutti fattori altamente critici per le relazioni euro-israeliane.
È quindi necessario prevenire i rischi di una profonda e durevole frattura tra Ue ed Israele mediante una sapiente combinazione di realismo e visione.
Alcune opportunità dovrebbero essere colte in tal senso. L’attuale processo di revisione della politica europea di vicinato, ma anche il recente avvio dell’elaborazione di una ‘strategia globale’ per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, costituiscono un’occasione per discutere sfide comuni ed identificare aree di potenziale cooperazione, secondo un processo autonomo ma, in qualche misura, parallelo.
Per il governo Netanyahu, l’attuale riesame della propria politica regionale e globale si accompagna a rinnovate pressioni interne alla nuova Knesset, così come a quelle esterne dei suoi partner occidentali, in favore di una credibile politica verso il campo palestinese, cominciando da una rapida soluzione della tragica situazione nella Striscia di Gaza.
Del pari, il capo della diplomazia europea, Federica Mogherini, ha inviato importanti segnali di disponibilità al dialogo che il premier Netanyahu farebbe bene a raccogliere, dalla nomina di un nuovo rappresentante speciale per il processo di pace, nella persona del diplomatico italiano Fernando Gentilini, fino alla sua seconda visita ufficiale nella regione in meno di un anno.
Una strategia del ‘doppio binario’
In tale delicato ma dinamico contesto, l’Ue e Israele dovrebbero far sì che il loro perdurante disaccordo sul processo di pace non diventi l’unico fattore trainante delle loro relazioni.
Una strategia del ‘doppio binario’, che consolidi una cooperazione settoriale più matura senza per questo rinunciare ad un dialogo franco ma rispettoso sul conflitto israelo-palestinese, potrebbe forse offrire un utile percorso diplomatico per l’immediato futuro.
Tale rinnovato dialogo dovrebbe ispirarsi a valori comuni, per quanto talvolta diversamente interpretati, quali democrazia, stato di diritto ed economia di mercato, e poggiare altresì su interessi condivisi nel campo della cooperazione economica, tecnologica, scientifica e della società civile.
A ciò si potrebbe progressivamente affiancare un processo costruttivo e regolare di consultazione ed analisi su temi quali il futuro dello scenario medio-orientale dopo il recentissimo accordo di Vienna sul nucleare iraniano, il contrasto al cosiddetto ‘Stato Islamico’ ed al terrorismo di matrice religiosa in generale, specialmente dopo le violenze degli ultimi mesi in Europa, Nord Africa e Medio Oriente, la formulazione di un’efficace diplomazia preventiva verso Hamas ed Hezbollah, ma anche la messa a punto di approcci comuni su temi di sicurezza emergenti quali il nesso tra sicurezza, sviluppo e risorse naturali (in particolare l’acqua), la sicurezza cibernetica, o ancora dossier trasversali quali il ruolo regionale e globale della Russia.
Armonizzare gli approcci
Un graduale riavvicinamento tra Ue ed Israele potrebbe inoltre passare, oltre che per un rinnovato impegno per la soluzione del conflitto israelo-palestinese in un quadro negoziale allargato quale quello offerto dalla Arab Peace Initiative, anche per una maggiore armonizzazione dei rispettivi approcci verso il quadro politico e di sicurezza medio-orientale.
Mentre l’Ue dovrebbe sviluppare una politica estera regionale maggiormente incisiva ed influente, combinando al meglio le diverse componenti della sua proiezione esterna (diplomazia, sicurezza, commercio e sviluppo), Israele farebbe bene ad impegnarsi in una strategia diplomatica più flessibile e creativa, tanto al fine di contrastare le minacce poste dall’estremismo politico e religioso quanto nell’ottica di promuovere un sistema di sicurezza sostenibile e resiliente nell’intera regione.
Nonostante periodici momenti di stallo, le relazionieuro-israeliane possono ancora rappresentare un’importante fonte di cooperazione multiforme nel campo politico-diplomatico, economico, sociale e culturale.
Per l’Italia, che ha sempre accompagnato la tradizionale amicizia con Israele a una visione equilibrata del processo di pace, un riavvicinamento tra Ue ed Israele potrebbe costituire un incoraggiante sviluppo nel quadro di una politica estera europea più efficace e coesa ai suoi turbolenti confini meridionali.
Andrea Frontini è Policy Analyst presso lo European Policy Centre (EPC) di Bruxelles. Eran Etzion è Direttore Esecutivo presso il Forum of Strategic Dialogue (FSD) di Tel Aviv.
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