Master in “Terrorismo ed Antiterrorismo Internazionale ”
Il fenomeno del Terrorismo
Antecedentemente è stato studiato il fenomeno del
terrorismo nel suo insieme, in questo paragrafo, invece, andremo ad analizzare
uno “scisma” della religione islamica, il cosiddetto kharjitismo.
Per comprendere appieno il significato di questo
termine è necessario comprendere la nascita di questo gruppo definibile come
setta. Si inizia a parlare di kharjitismo durante il VII secolo, più
precisamente in conseguenza della battaglia di Siffin nel 657 D.C o nel ṣafar
37E[1].
le motivazioni che portarono alla battaglia di Siffin sono individuabili nelle
motivazioni della prima guerra civile islamica che vide contrapposti ʿAlī ibn
ʾAbī Ṭālib, il califfo, e Muʿāwiya b. Abī Sufyān, wālī[2]
di Siria. La guerra civile scoppia a causa del governatore di Siria, il
quale richiedeva al nuovo califfo vendetta per l’assassinio del terzo califfo,
il predecessore di ʿAlī ibn ʾAbī Ṭālib, suo parente. Il califfato di ʿUthmān b.
ʿAffān, il terzo califfo, è un califfato che i cronisti islamici definiscono
contradditorio, poiché divisibile in due fasi. Il suo califfato dura dodici
anni, e come anticipato, viene diviso in due fasi, ambedue di una durata
intorno ai sei anni, la prima fase viene osservata dal mondo islamico come una
fase positiva e di buon governo mentre, invece, nella seconda fase iniziano le
critiche al suo stile di governo con maggior riguardo al conferimento delle più
alte cariche dello Stato. Infatti, egli venne accusato di nepotismo, cioè una
tendenza, da parte del possessore dell’autorità, ad assegnare le cariche di
rilievo ai propri parenti senza osservare se egli siano i più adatti a tale
carica, anche se studi recenti hanno osservato che la tendenza di ʿUthmān b.
ʿAffān all’assegnazione dei propri parenti alle alte cariche dello Stato
derivasse dalle qualità all’interno del proprio clan (come, per esempio, la
ricchezza e l’alfabetizzazione) e, inoltre, essi erano ritenuti più affidabili
poiché legati da un vincolo di sangue.[3]
La congiura ai danni di ʿUthmān b. ʿAffān inizia
con un assedio alla sua residenza nella città di Medina da parte di uno
schieramento politico opposto costituito in maggior parte da kufani, cittadini
della città di Cufa[4],
ed egiziani. L’assedio fu sciolto solo grazie ad un accordo tra il califfo e
gli oppositori. La tregua derivante dal concordato non durò a lungo poiché
rientrando in patria i congiurati intercettarono un messo califfale destinato
al governatore dell’Egitto, il quale doveva consegnare il messaggio di non
rispettare l’accordo appena siglato e di perseguire con l’uso della violenza i
congiurati. Essi, allora, ritornarono sui loro passi e assediarono nuovamente
il califfo, durante l’assedio, il 20 giugno 656 D.C, un manipolo di congiurati
riuscì a entrare all’interno della residenza del terzo califfo e lo uccise. La
tradizione vuole che il califfo fu assassinato mentre era intento a leggere il
Corano, il quale si macchiò di sangue e fu inviato come prova per richiedere
vendetta ad un suo parente, il governatore Muʿāwiya b. Abī Sufyān. È importante
osservare che il congiurato che uccise il terzo califfo fu un partigiano di ʿAlī ibn ʾAbī Ṭālib, il successivo califfo. A questo
punto risulta sempre più evidente l’inevitabilità del conflitto armato tra il
nuovo califfo, ʿAlī ibn ʾAbī Ṭālib, e il governatore di Siria, oltre che
parente, Muʿāwiya b. Abī Sufyān.
Come accennato, però, il termine kharjitismo, a
questo punto della storia islamica, ancora deve essere impregnato del
significato attribuitogli, poiché è solo a causa della conseguenza della
battaglia che il termine acquisterà valore.
La battaglia di Suffin iniziò nel luglio del 657
D.C, dopo che Muʿāwiya b. Abī Sufyān rifiutò un concordato, e nei primi momenti
di combattimenti sembra che il governatore di Siria stesse avendo la meglio sul
neo-califfo, però, mentre il combattimento si fece più accesso le sorti della
battaglia cambiarono e il governatore di Siria fu costretto a richiedere una
tregua per effettuare un accordo, tregua che il califfo accettò. In questo
preciso momento una parte dell’esercito del califfo ʿAlī ibn ʾAbī Ṭālib si
trova in una situazione teologicamente complicata. Essi erano fermamente
convinti che sia il califfo sia il governatore di Siria avessero ragione,
poiché il califfo aveva il diritto di muovere guerra a chi rifiuta di eseguire
i propri comandi e il governatore di Siria aveva ragione a richiedere vendetta
per la morte, del suo parente e califfo, ʿUthmān b. ʿAffān. Inoltre, questa
parte di esercito, era fermamente convinta che spettasse solo a Dio giudicare
chi tra essi avrebbe avuto la meglio, da qui il loro “motto” lā ḥikma illā
li-llāh, italiano: a Dio solo spetta il giudizio (ritengo opportuno
ricordare che, come anticipato, l’esercito del califfo al momento della tregua
era in netta superiorità sull’esercito del governatore di Siria). Pertanto, durante la tregua, questa minoranza
di esercito richiese al proprio reggente, il califfo, di ricominciare l’azione
militare contro il governatore di Siria, alla risposta negativa del califfo
ʿAlī ibn ʾAbī Ṭālib ne conseguì l’abbandono del campo da parte di una minoranza
dell’esercito i cosiddetti khargiti, letteralmente coloro che si separano.
La decisione dei kharigiti di separarsi dal resto
dalla maggior parte dell’esercito del califfo ʿAlī ibn
ʾAbī Ṭālib, come abbiamo visto, deriva da una riflessione teologica molto
importante e, per quanto ne sappiamo, risulta essere la prima riflessione
teologica fondamentale all’interno della religione islamica. È necessario
comprendere che in quel periodo la religione islamica era una religione
“nuova”, Maometto, profeta e fondatore della religione islamica, è morto nel
632 D.C., inoltre, è doveroso osservare che buona parte del merito
dell’espansione di questa religione è merito del terzo califfo, ʿUthmān b. ʿAffān,
il quale ha fatto trascrivere il Corano e ha così permesso che le nozioni della
religione islamica fossero trasportabili ed uguali per tutti i mussulmani. Come
ultima osservazione per comprendere a pieno le motivazioni che sono alla base
dell’ideologia kharigista è che il quarto califfo, ʿAlī ibn ʾAbī Ṭālib, fu
designato come califfo in virtù del rapporto di parentela con il profeta, egli
infatti era cugino e genero di Maometto.
Come osservato in precedenza, la decisione dei
kharigiti di separarsi nasce dal rifiuto del califfo di proseguire l’azione
militare contro il suo avversario Muʿāwiya b. Abī Sufyān, è dunque una
decisione fondamentale e quasi definibile spontanea, poiché successivamente
all’abbandono del campo militare i kharigiti si sono dovuti accampare nella
città di Harūra per organizzarsi e decidere come comportarsi. Le discussioni
effettuate ad Harūra si basano su diverse tematiche:
·
la “definizione” del mussulmano;
·
la “definizione” dell’apostata;
·
con quale fazione schierarsi.
I
kharigiti trovarono una soluzione a tutte le tematiche sopra riportate. Per
quanto riguarda il primo punto il mussulmano è semplicemente il credente che
rispetti le regole di Dio, regole molto severe e ferree che porteranno, come
vedremo meglio successivamente, il kharigitismo a rimanere un “movimento” molto
minoritario e marginale. Il secondo punto fu risolto anch’esso, immaginiamo,
abbastanza facilmente: l’apostata è colui che non rispetta le regole di Dio e
in quanto murtadd (letteralmente apostata) può essere ucciso impunemente
da chiunque (per fare un paragone possiamo immaginare alla persecuzione dei
nemici dello Stato nell’Antica Roma). Il punto più complicato da risolvere fu
quello di decidere da che “parte” schierarsi. I kharigiti erano, infatti,
convinti che non rispettare un ordine diretto del califfo in carica era un
grave errore e che fosse sufficiente per essere definito apostata, quindi,
secondo l’ideologia kharigita, Muʿāwiya b. Abī Sufyān poteva essere ucciso
impunemente in quanto “cattivo” mussulmano. I kharigiti, però, erano
altrettanto convinti che il califfo dovesse essere designato in base alle
proprie capacità di buon mussulmano e non in base alle sue parentele. Inoltre,
è doveroso osservare che ʿAlī ibn ʾAbī Ṭālib si trovava in guerra poi che accusato
di essere il mandante dell’assassinio del terzo califfo e che i kharigiti hanno
abbandonato il l’accampamento militare poiché il quarto califfo ha deciso di
non lasciare a Dio la decisione su chi dovesse avere la meglio tra se stesso e
il governatore di Siria. Tutto ciò porto i kharigiti a ritenere che anche il
califfo fosse un murtadd e che non potevano schierarsi al fianco di un
apostata.
I kharigiti, quindi, abbandonarono Harūra avendo
maturato l’ideologia secondo cui è necessario rispettare categoricamente le
regole scritte nel Corano (il che porto i kharigiti ad una vita dedicata al
puritanesimo morale, rifiutando sostanze alcoliche, la musica e tutti lussi e
gli agi di una vita lussuosa)[5]
ed è altrettanto compito dei buoni mussulmani eliminare i murtadd, nel
caso specifico del califfo ʿAlī ibn ʾAbī Ṭālib
(che, inoltre, viene identificato come primo imam sciita) e del governatore di
Siria Muʿāwiya b. Abī Sufyān (appartenente al clan
che verrà successivamente indicato come sunnita). Ciò significa che a
venticinque anni dalla morte del profeta Maometto la religione islamica si è
tripartita nelle due divisioni più famose: sciiti e sunniti e nell’ultima
fazione ben meno conosciuta i kharigiti.[6]
I kharigiti ibaditi rappresentano, come detto,
l’ultima presenza dei kharigiti, essi sono allo stesso tempo lontani e vicini
all’ideologia puramente kharigiti, precedentemente definita. La differenza
sostanziale rispetto agli altri gruppi kharigiti è il ripudio della violenza,
il che rende completamente diverso il trattamento dei mussulmani non kharigiti.
Come affermato in precedenza la grande maggioranza dei gruppi kharigiti
identifica gli altri mussulmani con il termine kāfir, cioè miscredente,
il che significa che potevano essere uccisi senza alcuna ritorsione mentre,
invece, i kharigiti ibaditi identificano gli altri mussulmani come kuffār
al-niʿma, letteralmente coloro che rinnegano la grazia di Dio, però per gli
ibaditi ciò non significa che possano essere uccisi impunemente. Inoltre, a
differenza degli altri gruppi kharigiti, gli ibaditi, in generale, non hanno
problemi nel pregare insieme ad altri mussulmani, così come mangiare e sposarsi.
Però, in generale, secondo l’ideologia ibadita, un vero mussulmano kharigita
ibadita deve tenere un comportamento fedele alle seguenti tre regole:
·
walāya, rappresenta un comportamento amichevole con
tendenza all’unità con tutti i “veri” credenti, cioè i mussulmani kharigiti
ibaditi e gli imām ibaditi;
·
barāh, rappresenta un comportamento di distacco ed
ostile, ma mai violento, nei riguardi di coloro che sono destinati all’inferno,
cioè peccatori, miscredenti e non mussulmani;
·
wuqūf, rappresenta un comportamento singolare di
sospensione dovuta unicamente alla situazione religiosa non ancora definita
dell’individuo con cui ci si relaziona.
È importante osservare che gli ibaditi riuscirono a
creare un impero la cui massa espansione fu raggiunta tra il 761 D. C. e il 909
D. C. comprendendo la maggior parte dell’Africa Settentrionale. I motivi della
sua vasta espansione sono da individuare nella ideologia ibadita stessa, essa,
infatti, prevede che non vengano fatte distinzioni di alcuni tipo per razze ed
etnie, inoltre, consentiva, a differenza dell’ideologia sunnita e sciita[9],
di avere un
imām per regione. Ad oggi, però, un
solo Paese possiede una maggioranza di fedeli ibaditi, l’Oman (esistono però
delle comunità ibadite all’interno di diverse regioni in diversi Paesi come
l’Algeria, la Tunisia, Zanzibar e la Libia).[10]
[1]
La data nel calendario islamico
[2]
Il termine utilizzato all’epoca per identificare il governatore di un’ampia
porzione di territorio di uno Stato.
[3]
G. Larsson, Medieval Islamic Historiography: Remembering Rebellion, University
of Gothenburg, Sweden, 2014.
[4]
Situata nell’attuale Iraq.
[5]
H. Mohamed Belhatti, Marocco: storia, economia e risorse, società e tradizioni,
arte e cultura e religione, edizioni Pendragon, 2000, Bologna.
[6]
R. Roni, Mantua Humanistic Studies, Volume VII, UNIVERSITAS STUDIORUM,
2020, Mantova.
[7]
note di Michael G. Morony, The History of al-Tabari, Vol. XVII The first civil
war, State University of New York Press, Albany, N.Y., 1987.
[8]
Strumento ampiamente utilizzato dai gruppi kharigiti, poiché ritenuto, oltre
che utile, doveroso nei confronti di Dio e impunibile.
[9]
Sostengono che sia fondamentale possedere un’unica guida dei credenti.
[10]
note di Michael G. Morony, The History of al-Tabari, Vol. XVII The first civil
war, State University of New York Press, Albany, N.Y., 1987.
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