Concetto di deterrenza
L'uso della violenza nei rapporti fra gli stati è stato tradizionalmente
visto come lo strumento per distruggere la forza militare dell'avversario e
poter disporre delle sue popolazioni. Oggi invece acquista un'importanza sempre
crescente un altro uso della violenza: la minaccia di gravi e insostenibili
danni alle popolazioni per costringerle alla resa, o comunque spingerle verso
determinate decisioni. Questi sistemi sono stati largamente usati fin dai tempi
più antichi, ma diventano predominanti nei rapporti di forza nel mondo attuale:
dalle lotte fra gang rivali, al terrorismo della guerriglia, al ricatto
atomico. In particolare la presenza del ricatto atomico, con le sue
apocalittiche implicazioni tende a ispirare una istintiva repulsione verso un
tipo di guerra in cui le popolazioni non sono che ostaggi reciproci nelle mani
dei contendenti. Teoricamente nessun soggetto politico fa la guerra per la guerra, ma per conseguire
obiettivi politici, cioè per creare una situazione di pace che ritiene
conveniente. Si fa ricorso alle armi quando si ritiene più opportuno impiegarle
che astenersi dal farlo ma le armi sono utili anche se non vengono impiegate.
Con riguardo al nucleare l'atteggiamento più razionale,
per quanto spiacevole, sembra essere quello di pensare razionalmente a come
l'immensa forza distruttiva del ricatto atomico possa essere controllata, usata
consapevolmente, resa sempre più flessibile. Thomas C. Schelling [1] tenta quindi di elaborare
delle «regole» coscienti di condotta perché in qualsiasi situazione vi sia
sempre un'alternativa all'olocausto totale.[2] Si tratta di uno sforzo
originale teso a definire le modalità di un negoziato permanente tra le
superpotenze, la cui posta in gioco non è tanto il successo dell'uno o
dell'altro blocco, quanta la sopravvivenza della civiltà. Un nuovo linguaggio tra
le potenze che prende corpo; un linguaggio in cui il significato delle azioni e
delle armi è a volte più importante di quello delle parole un linguaggio in cui avere tempo, o dare tempo
all'avversario di rispondere, può essere vitale. Un contesto in cui la
segretezza ha un senso del tutto nuovo, e in cui il fatto che l'avversario
«capisca» e sia bene informato è nel nostro stesso interesse. La teoria della deterrenza e della
compellenza (Schelling, 1966) si fonda proprio sul paradosso che l'efficacia e
quindi l'utilità della forza è direttamente proporzionale alla potenzialità e
inversamente proporzionale all'effettività del suo impiego.
A carattere generale vediamo ora gli aspetti importanti della strategia
della deterrenza evidenziati da Raymond Aron [3]:
•
La
deterrenza è al contempo di carattere offensivo e difensivo, convertendo una
tattica offensiva (rappresaglia) in una strategia difensiva;
•
“La
dissuasione dipende tanto dai mezzi materiali di cui dispone lo stato che vuol
fermarne un altro, quanto dalla risolutezza che lo stato oggetto di dissuasione
attribuisce allo stato che lo minaccia di una sanzione”;
•
È
importante che il potenziale attaccante possieda la certezza (o almeno un
considerevole dubbio) che le minacce del
dissuasore saranno realmente attuate in caso di necessità
Ne consegue l’importanza della
percezione dell’avversario, nella considerazione di quanto le potenziali azioni
di deterrenza vengono considerate sufficienti a dissuadere
Le relazioni tra stati sono state e
sono ancora caratterizzate da un rapporto di deterrenza; l’avversario è
dissuaso dall’attaccare perché teme la risposta dello stato attaccato, la quale
può concretarsi in una sconfitta per l’attaccante o in un’azione punitiva
(rappresaglia) i cui costi per l’attaccante risulterebbero superiori ai
benefici derivanti dall’attacco.
La tipologia classica della
deterrenza si basa su tre fattori posti in alternativa:
•
Deterrenza
per negazione all’avversario di benefici (timore della sconfitta);
•
Deterrenza
attraverso l’imposizione all’avversario di costi eccedenti i benefici (timore
della rappresaglia). Tale aspetto riguarda sia le circostanze nel corso della
guerra, sia quelle esterne alla guerra stessa;
•
Deterrenza
in relazione agli attori: diretta, quando riguarda i due soggetti
coinvolti; indiretta o estesa, quando la minaccia dissuasiva di
rappresaglia implica la presenza di stati terzi, dei quali lo stato dissuasore
deve in qualche modo garantire la protezione (“ombrello nucleare”).
•
[1]
Economista
americano che ha condiviso il premio Nobel 2005 per le scienze
economiche con Robert
J. Aumann e’ specializzato nell'applicazione della teoria dei giochi nei
casi in cui gli avversari devono interagire ripetutamente
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