Ibadismo
Come
anticipato precedentemente, i kharigiti seguono un modello di vita di
puritanesimo morale per il quale ritengo i mussulmani non kharigiti dei non
mussulmani dei kāfir (letteralmente: colui
che non crede o miscredente) e, come precedentemente analizzato, un miscredente
viene ritenuto un murtadd, cioè una persona che può essere uccisa
impunemente. Inoltre, come detto, i kharigiti, ormai erano in conflitto aperto
sia contro l’esercito del quarto califfo sia contro le truppe del governatore
di Siria, in quanto uno dei loro obbiettivi principali era eliminare entrambi.
Nel 658 D.C. ʿAlī ibn ʾAbī Ṭālib fu costretto a muovere guerra ai kharigiti
prima di poter colpire nuovamente Muʿāwiya b. Abī Sufyān. Lo scontro tra
l’esercito del califfo e i kharigiti avvenne a Nahrawān, tra Baghdad e
l’odierna Wasit, la battaglia si risolse con una grande vittoria per ʿAlī ibn
ʾAbī Ṭālib e conseguentemente una strage dei kharigiti. Questa battaglia
risulta fondamentale più per le sue conseguenze che per la soluzione della
guerra. Infatti, i kharigiti riuscirono a vendicarsi del califfo qualche anno
più tardi. Nel 661 D.C., infatti, Abd al-Rahmān ibn Muljam riuscì ad aggredire
ed assassinare il califfo, durante il mese di ramandan, mentre quest’ultimo era
intento ad entrare all’interno della moschea di Cufa[1] (per gli storici è
realmente complicato comprendere cosa sia realmente accaduto quel giorno poiché
ogni fazione ha riportato l’evento in maniera diversa. Da quanto raccontano gli
scritti sciiti l’evento ha forti caratteristiche che rimandano ad un martirio,
affermazioni aspramente contestate dagli scritti sunniti, e allo stesso per i
kharigiti il martire dell’evento è l’assassino del califfo, il quale ha deciso,
a discapito della sua stessa vita, di assaltare il califfo, dai kharigiti
considerato un murtadd, e di trafiggerlo con una spada intrisa di
veleno). Le ripercussione dell’evento furono tali che, uniti al terrore creato
con i continui assassini politici effettuati dai kharigiti[2], i clan che componevano i
kharigiti si sono rapidamente estinti. Ad oggi solo un clan dei kharigiti è
ancora in vita, i kharigiti ibaditi.
I
kharigiti ibaditi rappresentano, come detto, l’ultima presenza dei kharigiti,
essi sono allo stesso tempo lontani e vicini all’ideologia puramente kharigiti,
precedentemente definita. La differenza sostanziale rispetto agli altri gruppi
kharigiti è il ripudio della violenza, il che rende completamente diverso il
trattamento dei mussulmani non kharigiti. Come affermato in precedenza
la grande maggioranza dei gruppi kharigiti identifica gli altri mussulmani con
il termine kāfir, cioè miscredente, il che significa che potevano essere
uccisi senza alcuna ritorsione mentre, invece, i kharigiti ibaditi identificano
gli altri mussulmani come kuffār al-niʿma, letteralmente coloro che
rinnegano la grazia di Dio, però per gli ibaditi ciò non significa che possano
essere uccisi impunemente. Inoltre, a differenza degli altri gruppi kharigiti,
gli ibaditi, in generale, non hanno problemi nel pregare insieme ad altri
mussulmani, così come mangiare e sposarsi. Però, in generale, secondo l’ideologia
ibadita, un vero mussulmano kharigita ibadita deve tenere un comportamento
fedele alle seguenti tre regole:
·
walāya, rappresenta un comportamento
amichevole con tendenza all’unità con tutti i “veri” credenti, cioè i
mussulmani kharigiti ibaditi e gli imām ibaditi;
·
barāh, rappresenta un comportamento di
distacco ed ostile, ma mai violento, nei riguardi di coloro che sono destinati
all’inferno, cioè peccatori, miscredenti e non mussulmani;
·
wuqūf, rappresenta un comportamento
singolare di sospensione dovuta unicamente alla situazione religiosa non ancora
definita dell’individuo con cui ci si relaziona.
È
importante osservare che gli ibaditi riuscirono a creare un impero la cui massa
espansione fu raggiunta tra il 761 D. C. e il 909 D. C. comprendendo la maggior
parte dell’Africa Settentrionale. I motivi della sua vasta espansione sono da
individuare nella ideologia ibadita stessa, essa, infatti, prevede che non
vengano fatte distinzioni di alcuni tipo per razze ed etnie, inoltre,
consentiva, a differenza dell’ideologia sunnita e sciita[3], di avere un imām
per regione. Ad oggi, però, un solo
Paese possiede una maggioranza di fedeli ibaditi, l’Oman (esistono però delle
comunità ibadite all’interno di diverse regioni in diversi Paesi come
l’Algeria, la Tunisia, Zanzibar e la Libia).[4]
[1] note di
Michael G. Morony, The History of al-Tabari, Vol. XVII The first civil war, State University of
New York Press, Albany, N.Y., 1987.
[2]
Strumento ampiamente utilizzato dai gruppi kharigiti, poiché ritenuto, oltre
che utile, doveroso nei confronti di Dio e impunibile.
[3]
Sostengono che sia fondamentale possedere un’unica guida dei credenti.
[4] note di Michael G. Morony, The
History of al-Tabari, Vol. XVII The first civil war, State University of New
York Press, Albany, N.Y., 1987.
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