giovedì 25 luglio 2019

I Combattenti Venuti da Fuori 2°


FOREIGN FIGHTER
 Eros La Rocca




I “foreign fighters” hanno una lunga tradizione nella storia delle guerre, a partire dalle crociate ad oggi.
Il principe turco Orhan I, comandante di una guarnigione islamica che era in protezione del fianco meridionale della capitale dell’Impero romano d’Oriente, nei giorni dell’assedio del maggio 1453, è l’archetipo del foreign fighter. Questi difatti, non è né un mercenario, né un coscritto, ma uno studioso ed un amante della civiltà bizantina.
Durante la guerra civile spagnola[1], uomini e donne viaggiarono dal Nord e Sud America, Nord-Africa, Europa e Australia per combattere in entrambi i lati del conflitto. Alcune di queste persone si unirono a uno dei reparti più famosi, la Brigata Internazionale, costituita da gruppi di volontari stranieri, in appoggio all'esercito della seconda repubblica spagnola, per combattere nella guerra civile spagnola le forze nazionaliste comandate dal Generale Francisco Franco.
Per arrivare ai giorni nostri, è lecito ricordare che “combattenti stranieri” sono anche i miliziani di Hezbollah e i volontari iraniani che contrastano Jabat al-Nusra[2] in Siria. Hezbollah è un’organizzazione libanese di matrice iraniana nata nel 1982 come milizia durante il conflitto del Libano meridionale. I suoi leader si ispirarono all’Ayatollah Khomeini[3].
La guerra in Afghanistan avvenuta tra il 1979-1989 è quella che più ha caratteristiche simili a ciò che sta accadendo attualemente.
Nel contesto della guerra fredda, l’Afghanistan attuò nel dopoguerra una politica estera distante dai due blocchi, cercando di ristabilire delle frontiere ufficiali al confine con URSS e Cina, e al sud con il neonato Pakistan. Dal punto di vista interno l’instabilità politica provocò numerosi cambi di regime fino a quando l’URSS, il 27 dicembre del 1979, condusse un intervento militare e impose come primo ministro B. Karmal[4].
I paesi del blocco occidentale, “invitarono” gli afghani a dichiarare la “jihad” contro l’invasore russo, cosicché giovani musulmani provenienti dal Medio-Oriente si recarono in Afghanistan per combattere una parte di guerra fredda in delega al posto delle super potenze. Il rappresentante più conosciuto fu Abdullah Azzam[5], che viene ancora oggi riconosciuto come padre dei combattenti islamici transnazionali[6]. Gli oppositori si organizzarono in gruppi armati conosciuti come mujaheddin[7], e al contempo sostenuti dal presidente statunitense J. Carter che approvò l’invio di aiuti bellici ed economici a questi gruppi.
I mujaheddin al loro interno erano composti da un’ala moderata e una fondamentalista, quest’ultima influenzata dal vicino Pakistan, nella quale fece la sua apparizione O. bin Laden, tra i maggiori organizzatori e finanziatori di questi combattenti.
La ritirata dell’URSS dopo 10 anni di guerra lasciò quel territorio immerso in una profonda ideologia jihadista che aprì le porte al regime dei talebani, nel quale individui come Osama Bin Laden e altri avrebbero vissuto per anni.
Molti uomini di ritorno dalla jihad afghana crearono il primo nucleo del jihadismo europeo tra la fine degli anni Ottanta e inizio anno Novanta. Di origine medio-orientale e nord-africana, dopo aver richiesto asilo politico all’occidente, cominciarono a radicalizzarsi e a mobilitarsi per essere ingaggiati in azioni violente, usando l’Europa come base logistica per condurre propaganda, reclutare neofiti, e raccogliere fondi per le loro attività, osservati con poca attenzione e interesse dall’intelligence europea.
Questi gruppi dirigevano le loro attenzioni verso i regimi dei paesi d’origine o Israele,  la violenza verso i paesi che li accoglievano iniziò quando questi gruppi riconobbero i diversi paesi europei come parte attiva e partecipante dei conflitti nel mondo arabo.
Una nuova fase per il jihadismo si ebbe a metà degli anni Novanta quando Bin Laden e al-Zawahiri[8] generarono al-Qaeda in Afghanistan, e l’inizializzazione quindi di un islamismo paramilitare, sviluppatosi nei campi addestrativi afghani, ceceni, del kashmir, bosniaci e in alcune moschee europee.
Lo Stato Islamico si sviluppa nella sua forma primitiva nel 2006 in Iraq conosciuto come ISI (Islamic State in Iraq) nato dalla successione di AQI (al-Qaeda in Iraq). Il proselitismo venne incanalato sfruttando il malcontento nei confronti del governo centrale iracheno, con a capo lo sciita Nuri al-Maliki, accusato di discriminazione nei confronti della popolazione sunnita, contribuendo all’arruolamento delle maggiori tribù sunnite irachene alla causa jihadista. Il ritiro delle truppe statunitensi, deciso dall’ex presidente Barack Obama, avrebbe favorito l’adesione di ex militari dell’era Hussein alla causa del Califfato, che grazie al loro addestramento all’uso di sistemi d’arma, alle conoscenze strategiche e la pianificazione e condotte di operazioni militari avrebbero contribuito ai rapidi successi militari
Dopo un susseguirsi di leadership si arriva fino ad Abu Bakr al Baghdadi, che diviene nel 2014 il vero fondatore del gruppo terroristico in Siria, luogo in cui ISI si estenderà in seguito alla guerra civile, venendo riconosciuto come ISIS (Islamic State in Iraq and Siria). Grazie alle sue innumerevoli vittorie militari, tra cui la conquista delle provincie che costeggiano l’Eufrate, è riuscito a ribaltare i rapporti di forza con al-Qaeda, disconoscendo la sua originaria forma, e rinnegando le sue origini jihadiste.
Sin dal principio questo gruppo ha ricevuto grande consenso e adesioni soprattutto grazie alla sua capacità propagandistica, sviluppata con strutture concettuali simili a quella occidentali, pubblicando sui loro canali video in alta definizione e con tecniche di montaggio affinate, riuscendo a divulgare on-line persino una rivista, “Dabiq”, che come impaginazione ricorda molto il “Time”. Tutto questo fa comprendere il grande contributo dei foreign fighter alla causa del Califfato.
In Siria le proteste contro il Presidente Bashar al-Assad iniziarono il 15 marzo del 2011 a Dar’a, città a sud di Damasco, in segno di protesta contro un governo che durava da quarant’anni. In realtà inseriti nella rivolta c’erano anche dei facinorosi che provocarono violenze e diedero fuoco alla sede del partito Baath. Le rivolte si estesero fino alle zone rurali dove la presenza dello Stato era meno marcata, raggiungendo città come Hama, Homs, Deir al-Zor, fino a giungere un anno dopo anche Damasco, e provocando in totale migliaia di morti.
Le ramificazioni di ISIS lavorano per esacerbare tensioni settarie esistenti in diverse località sfruttando governi deboli e politiche economiche fragili. Questo è quello che sta accadendo in Libia.



[1] Conflitto svoltosi tra il luglio del 1936 e l’aprile del 1939 tra i nazionalisti fautori dell’insurrezione militare ai danni della Repubblica spagnola, e i repubblicani composti da truppe fedeli al Governo legittimo.
[2] Noto come “Fronte del soccorso al popolo della Grande Siria” è un gruppo armato jihadista salafita nato nel 2012 nel ambito della guerra civile siriana. Affiliato ad al-Qaeda fino al 2016, quando il loro leader, al-Jawlani ne annunciò la scissione.
[3] Capo spirituale e politico iraniano dal 1979 al 1989. Il suo Governo si ispirava alla religione islamica sciita duodecimana, legato ad un orientamento fondamentalista; fu lui il fautore della “Rivoluzione Islamica” che portò alla nascita dei “Pasdaran” (composta da 120.000 uomini suddivisi in forze di terra, acqua e aria e milizie volontarie di giovani ragazzi) nati per proteggere questa e assistere i religiosi, appena giunti al potere, nell’applicazione di nuovi codici e moralità.
[4] Uomo politico afghano, fondatore del Partito Democratico Popolare.
[5] Di origine giordano-palestinese, fu uno dei primi ad elaborare la strategia del jihad moderna, usò l’invasione sovietica dell’Afghanistan come pretesto per incitare alla guerra santa.
[6] Attori globali in concorrenza con Stati e istituzioni. Sono non-territoriali e decentrati, la loro caratteristica è la non-identificabilità, in quanto operano in segreto e in modo imprevedibile; i loro bersagli sono altresì ignoti.
[7] Indica il “combattente impegnato nella jihad”.
[8] Terrorista egiziano, divenuto capo di al-Qaeda inseguito alla morte di O. bin Laden.

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