Matteo Bortolani
Sono in molti negli ultimi
giorni a festeggiare la sconfitta dell'IS a Baghouz, in Siria, ma non tutti
hanno accolto con gioia questo annuncio.
In particolare tutti quei
miliziani che sono scappati in altri paesi, quelli che stazionano nei campi
profughi siriani immischiandosi alla popolazione civile e i temuti Foreign
Fighters su cui l'intelligence occidentale dedica la maggior parte delle sue
attenzioni.
Se la sicurezza passiva dei
vari stati europei è ben rodata per quel che riguarda i volti più o meno conosciuti del terrorismo siriano e
mediorientale, desta più preoccupazione l'esodo dei radicalizzati alla ricerca di nuove opportunità nello
scenario mondiale e questo rappresenta un alto potenziale di rischio per i
paesi di destinazione.
La Libia è uno di quelli
scenari attrattivi per nuovi e vecchi appartenenti alle file jihadiste, è
importante notare come l'LNA (Libyan national army) di Khalifa Haftar si stia
impegnando nel Fezzan negli ultimi tempi.
L'attenzione è molta e rappresenta grande preoccupazione per lo
state-building di Haftar, per giustificare manovre militari così ampie.
Il comportamento in generale
del modus operandi dell'IS libico è cambiato di molto, passando dalla fase
statuale di Derna 2016, per ridimensionarsi in cellule e piccole cittadine nel
deserto e adottare tecniche da “state-like” a “guerrilla warfare”. Come evidenzia il rapporto del recente dossier
statunitense, del Centro antiterrorismo di West Point, che ha pubblicato nei
giorni scorsi, un rapporto sull’ “attivazione dell’organizzazione dello Stato
islamico in Libia e sulla guerra di logoramento scoppiata dopo il 2016”.
La struttura
mostra un'ammirabile componente di “adattability” che amplia il concetto di
pericolosità, quindi il passaggio all'insurgency vera e propria ri-alimenta il
problema che ha afflitto i paesi occidentali, ovvero la counterinsurgency.
Difficile da combattere, prevederne l'evoluzione ed impedire l'afflusso di
nuove reclute, tanto più quando questa colpisce paesi già distrutti come la
Libia, come abbiamo visto con gli attentati terroristici del 2017-2018 alle
istituzioni centrali a Tripoli.
Il nuovo ISBS, al
centro tra Libia, Ciad e Niger sta attuando una guerra di logoramento ad alto
potenziale e basso costo, ha
impiegato attacchi con scariche a basso costo (nel deserto) e attacchi
spettacolari (sulla costa). Le fonti di finanziamento rimangono il contrabbando e il traffico
di migranti oltre che una parte (non quantificabile) delle ricchezze rimaste da
Sirte.
Questo
rimodellamento implica naturalmente nuove preoccupazioni in ambito analitico,
poiché se il mondo vede con preoccupazione/attenzione la riunificazione della
Libia, al momento lontana, la riorganizzazione in “Insurgency – Terrorism” può
rappresentare una problematica tanto più ampia, quanto questa è collegata col
traffico di migranti, e l'esodo di jihadisti verso l'Europa deve mantenere alta
l'allerta.
Ricercatore
Cesvam, Dott. Matteo Bortolamiiche da “state-like” a “guerrilla warfare”. Come evidenzia il rapporto del recente dossier
statunitense, del Centro antiterrorismo di West Point, che ha pubblicato nei
giorni scorsi, un rapporto sull’ “attivazione dell’organizzazione dello Stato
islamico in Libia e sulla guerra di logoramento scoppiata dopo il 2016”.
La struttura
mostra un'ammirabile componente di “adattability” che amplia il concetto di
pericolosità, quindi il passaggio all'insurgency vera e propria ri-alimenta il
problema che ha afflitto i paesi occidentali, ovvero la counterinsurgency.
Difficile da combattere, prevederne l'evoluzione ed impedire l'afflusso di
nuove reclute, tanto più quando questa colpisce paesi già distrutti come la
Libia, come abbiamo visto con gli attentati terroristici del 2017-2018 alle
istituzioni centrali a Tripoli.
Il nuovo ISBS, al
centro tra Libia, Ciad e Niger sta attuando una guerra di logoramento ad alto
potenziale e basso costo, ha
impiegato attacchi con scariche a basso costo (nel deserto) e attacchi
spettacolari (sulla costa). Le fonti di finanziamento rimangono il contrabbando e il traffico
di migranti oltre che una parte (non quantificabile) delle ricchezze rimaste da
Sirte.
Questo
rimodellamento implica naturalmente nuove preoccupazioni in ambito analitico,
poiché se il mondo vede con preoccupazione/attenzione la riunificazione della
Libia, al momento lontana, la riorganizzazione in “Insurgency – Terrorism” può
rappresentare una problematica tanto più ampia, quanto questa è collegata col
traffico di migranti, e l'esodo di jihadisti verso l'Europa deve mantenere alta
l'allerta.
Ricercatore
Cesvam, Dott. Matteo Bortolami
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