lunedì 23 aprile 2018

Armenia.




CRONACA 
DI UNA BREVE GITA TRA I FANTASMI DEL PASSATO

di Sergio Sparapani   

Tra le vittime della guerra dei quattro giorni (1° - 4 aprile 2016) nel Nagorno Kharabakh, c'è stata anche l'economia turistica della Repubblica armena. Questo è uno degli aspetti emersi nel corso di un viaggio in Armenia e Giorgia compiuto a fine aprile scorso.
Ciò che colpisce di questa Nazione cristiana, indipendente dal 1991, è il forte legame con la storia, e con i suoi fantasmi genocidiari, che poi tanto fantasmi non sono se è vero che questa ultima infrazione al cessate il fuoco, instaurato nel 1994 al termine del sanguinoso conflitto per la regione del Nagorno Karabakh tra Armenia e Azerbaidjan, è la settemillesima in ordine di tempo, oltre che la più grave. Secondo i cittadini armeni con i quali abbiamo parlato nel corso di questa breve vacanza le notizie del breve ma sanguinoso scontro di inizio aprile sono state sufficienti per condizionare le vacanze di tanti affrettatisi a disdire le prenotazioni. Poco ha contato la delimitazione territoriale e temporale dello scontro, che ha visto contrapporsi l'esercito armeno e la milizia del Nagorno Karabach, da una parte, e l'esercito azero - appoggiato da contingenti islamici e turchi (almeno secondo fonti armene) –, dall'altra, e conclusosi con l'ennesimo cessate il fuoco. Sui media locali e internazionali sono state sottolineate le atrocità commesse dagli azeri: civili massacrati e mutilati, la testa decapitata di un soldato armeno, bambini uccisi dall'artiglieria “islamista”... Alla fine il bilancio delle vittime sarebbe stato di trentuno azeri e novanta soldati armeni uccisi, oltre a una decina di civili.
Di nuovo sulle cronache internazionali è apparso questo ennesimo conflitto dimenticato, esploso nel corso degli ultimi spasmi dell'Unione Sovietica e vinto dall'Armenia che si assicurò una parte del territorio rivendicato, ancorché popolato da cristiani armeni. Ferita mai rimarginata per gli azeri che attendono la loro revanche e che sarebbero usciti vincitori dalla guerra “dei quattro giorni” da loro scatenata per il controllo di qualche collina più o meno strategica. L'esito poco soddisfacente degli scontri e l'alto tributo di sangue subito, ha portato al licenziamento, dall'altra parte, di alcuni ufficiali armeni.
Si tratta di una guerra a bassa intensità che difficilmente potrà avere un esito risolutivo. Gli armeni, parzialmente circondati da nemici, contano però anche su alleati potenti. Potenti ma ingombranti come i russi che hanno alcune basi in Armenia. Il loro appoggio, indispensabile, è pero pagato profumatamente dalla giovane Repubblica del Caucaso meridionale. Innata simpatia per la repubblica cristiana vi è anche da parte degli Stati Uniti e dell'Europa. Gli americani hanno costruito un'enorme ambasciata a Erevan e l'Unione europea ha investito in alcuni progetti di sviluppo. Un eccellente appeal può vantare l'Italia in Armenia, anche grazie all'operato instancabile del console onorario italiano, Antonio Montalto, giunto nel 1988 in seguito al devastante terremoto che colpì le regioni settentrionali e poi rimasto, animatore di progetti culturali e di solidarietà.
Buone sono anche le relazioni con gli altri due Stati confinanti, l'Iran sciita a sud e la Georgia cristiana a nord. L'Armenia è meta favorita per i turisti iraniani che, se di sesso maschile, si sono resi talvolta protagonisti di bagordi e molestie nei confronti delle donne armene.
Resta chiuso il lungo confine con la Turchia e naturalmente quello con l'Azerbaijian. Con lo Stato guidato da Erdogan permangono enormi difficoltà pur consolidandosi negli ultimi relazioni sul versante economico come su quello sportivo. Le divisioni sono legate al “passato che non passa” scaturito dal primo genocidio della storia, rievocato ogni anno il 24 aprile. Numerose delegazioni – inclusa quella ad altissimo livello guidata da Putin – hanno preso parte alle manifestazioni del centenario, nel 2015. In realtà anche in Turchia si va prendendo atto sempre più che il Triunvirato dei Giovani turchi – con la complicità di molti turchi e curdi – abbia commesso qualcosa di orrendo centouno anni or sono. Ciò che ancora divide le opposte memorie e rappresenta un ostacolo formidabile a un qualsivoglia processo di normalizzazione è l'utilizzo del termine genocidio che accomuna quei crimini alla Shoà. 
Questo splendido Paese è, una volta lasciata la capitale, anche estremamente povero. La carenza di materie prime e di petrolio – a differenza dei vicini azeri, che dispongono di ricchi giacimenti - hanno indotto il governo a conservare la centrale nucleare di Metsamor.  La centrale fu spenta dopo il terremoto del 1988. Dopo il crollo dell'Urss il secondo reattore della centrale fu riattivato per far fronte alla mancanza di energia elettrica e oggi contribuisce per circa un terzo al fabbisogno energetico del Paese.
Usciti da Erevan si rimane conquistati dal paesaggio e dalle decine di monasteri, molti dei quali restaurati di recente. Contribuiscono a propiziare una seconda visita la cortesia e i sorrisi della gente, la qualità del cibo e del vino e i prezzi bassi. Impossibile ignorare comunque le tante buche lungo le strade, simili talvolta a veri e propri crateri. Specialmente nella parte meridionale del Paese le vie di comunicazione paiono gravemente deficitarie e bisognose almeno di una più puntuale manutenzione dopo le nevicate della stagione invernali e il costante passaggio dei Tir iraniani. Una sola linea ferroviaria collega la capitale con il nord e la Georgia.
Il colpo d'occhio su molte cittadine e villaggi depressi nella zona meridionale del Lago Sevan e in altre province dell'Armenia, mette a nudo le criticità sul piano delle risorse economiche disponibili, la grave disoccupazione e il disagio sociale che colpisce i giovani. Questi ultimi cercano un lavoro nella capitale. Ampliate a dismisura le licenze, si industriano a fare il taxista pur avendo enormi problemi, oltre che con le lingue straniere, anche con il più elementare orientamento geografico lungo le vie della capitale.
Corruzione e conflittualità politica, da una parte, ma anche, tenuto conto del contesto geografico e del confronto con i vicini, sufficienti parametri democratici e alternanza al potere tra i gruppi dirigenti, fanno parte dello scenario politico. Si parla peraltro una Nazione che negli ultimi dieci-quindici anni ha compiuto enormi progressi. Usciti esangui e sfiancati dalla guerra, i quarantenni ricordano un mondo di ieri fatto di miserie, lutti, funerali e continui black-out energetici.
Mentre abbandoniamo alle nostre spalle la cittadina meridionale di Goris, pressoché priva di illuminazione pubblica e caratterizzata da una piazza centrale in puro stile sovietico, ma nondimeno affascinante, con le sue casette in pietra tra le montagne, riflettiamo sul fatto che, sì, chi ha disdetto le sue vacanze ha fatto un errore ma c'è sempre una seconda chance.       
            


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