Medioriente Il vespaio siriano Mirko Bellis 26/11/2014 |
Nel conflitto siriano che negli ultimi tre anni ha causato 200mila vittime e oltre tre milioni di profughi, non è sempre facile districarsi tra le molteplici sigle dei gruppi armati che stanno combattendo. I loro interessi sono diversi, così come i loro appoggi internazionali.
Ognuno dei 14 governatorati, o provincie, della Siria si trova sotto un’influenza diversa e i massacri si susseguono senza fine. Si potrebbe dire che nel paese mediorientale tutti combattono contro tutti.
Geografia del controllo
I vari fronti aperti in Siria riflettono sia i delicati equilibri politici tra gli Stati della zona (Turchia, Iran, Libano, Iraq, Arabia Saudita, Qatar) sia le divisioni settarie proprie del mondo arabo (sunniti, sciiti) nonché le spinte nazionaliste del popolo curdo. Oggi, sul suolo siriano, si contano migliaia di combattenti stranieri.
La presenza dei miliziani libanesi di Hezbollah e dei Guardiani della rivoluzione, i Pasdaran provenienti dall’Iran, è molto forte in Siria. Il loro aiuto ha permesso alle forze del regime di mantenere il controllo di numerosi villaggi e città della zona del monte Qalamun, sul confine con il Libano.
Nella martoriata Homs sono molto attivi gli “shabiha”, gruppi para-militari fedeli ad Assad e responsabili di vari crimini, tra cui sequestri e torture di civili sospetti di far parte della resistenza.
Il nord del paese, la zona della provincia di Idlib, è invece nelle mani dell’Esercito libero siriano. L’Esl ha quasi ottenuto il completo controllo anche della provincia rurale di Dar’a, a sud della Siria, con la conquista delle città di Nawa e Sheikh Misqin.
La “capitale del nord”, Aleppo, è sotto assedio già da parecchi mesi dall’esercito regolare siriano e i combattenti ribelli si limitano ad una strenua difesa della parte di città ancora sotto il loro controllo.
L’amplia zona di confine tra Siria, Iraq e Turchia è invece dominata dall’IS.
Al-Nusra e lo “stato islamico”
Hadi al Bahra, neo eletto Presidente della Coalizione nazionale siriana delle forze dell'opposizione e della rivoluzione (Cns) ha più volte lanciato l’avvertimento che, senza una presenza militare sul terreno, i raid aerei della coalizione non sono sufficienti a distruggere l’autoproclamatosi stato islamico.
La Casa Bianca sta quindi rivedendo la sua strategia. Gli Stati Uniti hanno compreso che, senza la caduta di Assad, non è possibile la sconfitta degli estremisti del Califfato.
Nel caos siriano però la commistione tra gruppi combattenti rende difficile l’invio di aiuti, soprattutto militari. Il Qatar, in questo senso, rappresenta un caso paradigmatico. La ricca monarchia del Golfo Persico ha infatti aiutato generosamente i ribelli dell’Esl. Le fila di questa formazione però non sono sempre molto unite e, come nel caso di Aleppo, non è facile stabilire se gli insorti appartengono all’Esl oppure al Fronte al Nusra.
Gli aiuti, anche militari, per milioni di dollari rischiano di finire nelle mani di questa organizzazione salafita, costola di Al-Qaeda. Il loro obiettivo, una volta destituito Assad, è l’istaurazione di uno stato islamico sunnita dove l’unica legge sarebbe quella islamica, la sharia.
Pur condividendo quindi l’impostazione settaria e ideologica con l’Is, l’alleanza tra il Fronte al Nusra e le milizie del Califfato non si è però concretizzata.
Dopo l’uccisione da parte dell’Is del capo del Fronte al-Nusra nel governatorato di Idlib, le due organizzazioni hanno iniziato a lottare tra di loro.
Lo scontro tra queste due formazioni si è risolto, per adesso, con la vittoria dell’Is e l’espulsione di Al Nusra dal governatorato di Deir ez-Zor, passato sotto il controllo del Califfato.
Gli islamisti di Al Nusra, attivi anche nella stessa Damasco, controllano il collegamento tra Aleppo e la città portuale di Lattakia. I loro metodi di lotta comprendono gli attentati suicidi, le autobombe, i sequestri.
Ribelli siriani divisi
Le forze che compongono la Coalizione Nazionale Siriana vogliono una Siria democratica e plurale. Questo gruppo di oppositori però sembra avere gli stessi problemi che condizionarono la vita del Consiglio Siriano, ovvero, le troppe divisione e rivalità al suo interno.
Solo nella zona di Aleppo e di Idlib ci sono 17 fazioni di ribelli. Non sempre in buoni rapporti tra di loro, tanto che gli appelli all’unità del Segretario generale della Cns, Nasr al-Hariri, sembrano cadere nel vuoto.
Le forze che combattono in Siria, nel caso un giorno dovesse essere deposto Bashar al Assad, daranno vita a una lotta senza quartiere per imporre la loro supremazia nel paese mediorientale.
La caduta del regime di Damasco, purtroppo, non placherà il suono delle armi.
Mirko Bellis, Laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, Università di Trieste, Master in Comunicazione e conflitti armati presso la Università Complutense di Madrid, è regista, sceneggiatore di documentari e giornalista.
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Ognuno dei 14 governatorati, o provincie, della Siria si trova sotto un’influenza diversa e i massacri si susseguono senza fine. Si potrebbe dire che nel paese mediorientale tutti combattono contro tutti.
I vari fronti aperti in Siria riflettono sia i delicati equilibri politici tra gli Stati della zona (Turchia, Iran, Libano, Iraq, Arabia Saudita, Qatar) sia le divisioni settarie proprie del mondo arabo (sunniti, sciiti) nonché le spinte nazionaliste del popolo curdo. Oggi, sul suolo siriano, si contano migliaia di combattenti stranieri.
La presenza dei miliziani libanesi di Hezbollah e dei Guardiani della rivoluzione, i Pasdaran provenienti dall’Iran, è molto forte in Siria. Il loro aiuto ha permesso alle forze del regime di mantenere il controllo di numerosi villaggi e città della zona del monte Qalamun, sul confine con il Libano.
Nella martoriata Homs sono molto attivi gli “shabiha”, gruppi para-militari fedeli ad Assad e responsabili di vari crimini, tra cui sequestri e torture di civili sospetti di far parte della resistenza.
Il nord del paese, la zona della provincia di Idlib, è invece nelle mani dell’Esercito libero siriano. L’Esl ha quasi ottenuto il completo controllo anche della provincia rurale di Dar’a, a sud della Siria, con la conquista delle città di Nawa e Sheikh Misqin.
La “capitale del nord”, Aleppo, è sotto assedio già da parecchi mesi dall’esercito regolare siriano e i combattenti ribelli si limitano ad una strenua difesa della parte di città ancora sotto il loro controllo.
L’amplia zona di confine tra Siria, Iraq e Turchia è invece dominata dall’IS.
Al-Nusra e lo “stato islamico”
Hadi al Bahra, neo eletto Presidente della Coalizione nazionale siriana delle forze dell'opposizione e della rivoluzione (Cns) ha più volte lanciato l’avvertimento che, senza una presenza militare sul terreno, i raid aerei della coalizione non sono sufficienti a distruggere l’autoproclamatosi stato islamico.
La Casa Bianca sta quindi rivedendo la sua strategia. Gli Stati Uniti hanno compreso che, senza la caduta di Assad, non è possibile la sconfitta degli estremisti del Califfato.
Nel caos siriano però la commistione tra gruppi combattenti rende difficile l’invio di aiuti, soprattutto militari. Il Qatar, in questo senso, rappresenta un caso paradigmatico. La ricca monarchia del Golfo Persico ha infatti aiutato generosamente i ribelli dell’Esl. Le fila di questa formazione però non sono sempre molto unite e, come nel caso di Aleppo, non è facile stabilire se gli insorti appartengono all’Esl oppure al Fronte al Nusra.
Gli aiuti, anche militari, per milioni di dollari rischiano di finire nelle mani di questa organizzazione salafita, costola di Al-Qaeda. Il loro obiettivo, una volta destituito Assad, è l’istaurazione di uno stato islamico sunnita dove l’unica legge sarebbe quella islamica, la sharia.
Pur condividendo quindi l’impostazione settaria e ideologica con l’Is, l’alleanza tra il Fronte al Nusra e le milizie del Califfato non si è però concretizzata.
Dopo l’uccisione da parte dell’Is del capo del Fronte al-Nusra nel governatorato di Idlib, le due organizzazioni hanno iniziato a lottare tra di loro.
Lo scontro tra queste due formazioni si è risolto, per adesso, con la vittoria dell’Is e l’espulsione di Al Nusra dal governatorato di Deir ez-Zor, passato sotto il controllo del Califfato.
Gli islamisti di Al Nusra, attivi anche nella stessa Damasco, controllano il collegamento tra Aleppo e la città portuale di Lattakia. I loro metodi di lotta comprendono gli attentati suicidi, le autobombe, i sequestri.
Ribelli siriani divisi
Le forze che compongono la Coalizione Nazionale Siriana vogliono una Siria democratica e plurale. Questo gruppo di oppositori però sembra avere gli stessi problemi che condizionarono la vita del Consiglio Siriano, ovvero, le troppe divisione e rivalità al suo interno.
Solo nella zona di Aleppo e di Idlib ci sono 17 fazioni di ribelli. Non sempre in buoni rapporti tra di loro, tanto che gli appelli all’unità del Segretario generale della Cns, Nasr al-Hariri, sembrano cadere nel vuoto.
Le forze che combattono in Siria, nel caso un giorno dovesse essere deposto Bashar al Assad, daranno vita a una lotta senza quartiere per imporre la loro supremazia nel paese mediorientale.
La caduta del regime di Damasco, purtroppo, non placherà il suono delle armi.
Mirko Bellis, Laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, Università di Trieste, Master in Comunicazione e conflitti armati presso la Università Complutense di Madrid, è regista, sceneggiatore di documentari e giornalista.
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