Blog di sviluppo per l'approfondimento della Geografia Politica ed Economica attraverso immagini, cartine, grafici e note.Atlante Geografico Statistico Capacità dello Stato.Parametrazione a 100 riferito al Medio Oriente. Spazio esterno del CESVAM - Istituto del Nastro Azzurro. (info:centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org)
giovedì 30 giugno 2022
Rivista QUADERNI, Anno LXXXII, Supplemento XXI, n. 5 21° della Rivista, novembre dicembre 2021
domenica 19 giugno 2022
Turchia: Unione Europea e NATO
di
Antonio
Trogu
La
Turchia e’ uno Stato dell’Asia occidentale e, in piccola parte, dell’Europa sud-orientale,
il cui territorio è diviso in due regioni peninsulari: la Tracia (detta
anche Turchia europea), e l’Asia Minore, o Anatolia (con le prospicienti isole
di Imbro e Tenedo e altre più piccole), separate dallo Stretto del Bosforo, dal
Mare di Marmara e dallo Stretto dei Dardanelli; appartengono alla Turchia,
inoltre, una sezione dell’altopiano armeno e il lembo settentrionale
della Mesopotamia. La Turchia confina a N con il Mar Nero; a NO con
la Bulgaria e la Grecia; a O con il Mar Egeo; a S con il Mare
Mediterraneo, la Siria e l’Iraq; a E con l’Iran, l’Armenia e
la Georgia.
La
Turchia moderna è stata fondata nel 1923 dai resti dell'Impero Ottomano
sconfitto dall'eroe nazionale Mustafa KEMAL, che in seguito fu insignito del
titolo di Ataturk o "Padre dei Turchi". Sotto la sua guida, il paese
ha adottato riforme sociali, legali e politiche radicali. La Turchia è entrata
a far parte dell'ONU nel 1945 e nel 1952 è diventata membro della NATO. Nel
1963 la Turchia è diventata membro associato della Comunità Europea.
E’
una Repubblica parlamentare con un parlamento unicamerale, la grande assemblea
nazionale composta da 550 membri, eletti per un mandato quadriennale con
sistema proporzionale e a maggioranza qualificata nomina anche il presidente
della repubblica.
L’attuale
Presidente della Turchia e’ Recep
Tayyip Ergodan; Erdoğan ha iniziato la sua carriera politica da
conservatore con un’identità islamista e negli ultimi anni, con
l’obiettivo di ottenere il consenso dell’estrema destra nazionalista (MHP), di
cui è dal 2018 alleato, ha
iniziato a utilizzare un retorica fortemente nazionalista, islamista.
Con
il varo del sistema presidenziale del 2018 ha accentrato gran parte dei poteri
nelle sue mani e controlla il 90% dei media passando da un sistema parlamentare a un potere presidenziale, da un
assetto istituzionale laico ereditato da Mustafa Kemal Ataturk, fondatore nel
1923 della repubblica turca moderna sulle rovine dell'impero ottomano, a una
linea islamica e autoritaria.
Erdoğan
dal 2002 vince le elezioni ma ha subito una bruciante sconfitta nei maggiori
centri urbani del paese nelle elezioni locali del marzo 2019.
La
Turchia ha ottenuto lo status di paese candidato in seguito al Consiglio
europeo di Helsinki del dicembre 1999.
Nella
riunione del 16 e 17 dicembre 2004 il Consiglio europeo ha deciso che
la Turchia soddisfaceva sufficientemente i criteri per l'avvio dei negoziati di
adesione.
I
negoziati di adesione sono stati avviati nell'ambito di una conferenza
intergovernativa (CIG) il 3 ottobre 2005. Il 3 ottobre 2005 il
Consiglio ha inoltre convenuto un quadro di negoziazione con la Turchia.
Il
18 febbraio 2008 il Consiglio ha adottato il partenariato per
l'adesione riveduto con la Turchia.
Il
29 novembre 2015 i capi di Stato o di governo dell'UE hanno tenuto
una riunione con la Turchia che ha segnato una tappa importante nello sviluppo
delle relazioni UE-Turchia e negli sforzi di gestione della crisi migratoria.
L'UE
e la Turchia hanno deciso di rilanciare il processo di adesione della Turchia
all'Unione europea. Il dialogo ad alto livello tra le due parti è stato rafforzato attraverso
incontri più frequenti e strutturati.
Il
7 marzo 2016 i capi di Stato o di governo dell'UE hanno tenuto una
riunione con la Turchia per rafforzare la cooperazione riguardo alla crisi
migratoria e dei rifugiati.
Nella riunione
del Consiglio europeo del 19 ottobre 2017, i leader dell'UE hanno
tenuto un dibattito sulle relazioni con la Turchia.
I
leader hanno discusso della Turchia anche in occasione della riunione informale
del febbraio 2018. Nel marzo 2018 il Consiglio europeo ha condannato
fermamente le continue azioni illegali della Turchia nel Mediterraneo orientale
e nel mar Egeo.
Il
26 marzo 2018 i leader dell'UE hanno ospitato il presidente turco
Recep Tayyip Erdoğan nella residenza Evksinograd a Varna, in Bulgaria. L'UE era
rappresentata da Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo, da Jean-Claude
Juncker, presidente della Commissione europea, e da Boyko Borissov, primo
ministro della Bulgaria.
I
leader hanno tenuto una discussione sulle relazioni UE-Turchia e sulle prospettive
future, le discussioni hanno riguardato:
·
la cooperazione in materia di gestione dei flussi migratori
·
l'interesse condiviso nella lotta al terrorismo
·
lo Stato
di diritto in Turchia
·
le recenti azioni della Turchia nel Mediterraneo
orientale e nel mar Egeo
·
il coinvolgimento della Turchia in Siria
Nel
giugno 2019 il Consiglio europeo ha espresso seria preoccupazione per
le attività di trivellazione illegali della Turchia nel Mediterraneo
orientale e ha sottolineato l'impatto negativo di tali azioni nell'intero
ambito delle relazioni UE-Turchia.
Nell'ottobre 2019
i leader dell'UE hanno discusso delle relazioni con la Turchia, anche alla luce
dell'azione militare della Turchia nel nord-est della Siria.
Nel
dicembre 2019 i leader dell'UE hanno discusso delle relazioni con la
Turchia, alla luce delle azioni turche nel Mediterraneo orientale e nel mar
Egeo. Hanno denunciato il memorandum d'intesa Turchia-Libia sulla delimitazione
delle giurisdizioni marittime e ribadito la loro piena solidarietà a Grecia e
Cipro su tale questione.
Nell'aprile
e agosto 2020 alcuni Stati membri hanno sollevato la questione del
deterioramento della situazione nel Mediterraneo orientale e delle relazioni
con la Turchia. L'1 e 2 ottobre 2020 il Consiglio europeo ha ribadito
piena solidarietà a Grecia e Cipro e sottolineato che è nell'interesse
strategico dell'UE avere un contesto stabile e sicuro nel Mediterraneo
orientale e sviluppare relazioni di cooperazione reciprocamente
vantaggiose con la Turchia.
Nel
novembre 2020, in occasione della loro videoconferenza, i leader dell'UE
hanno nuovamente condannato l'azione unilaterale della Turchia nel
Mediterraneo orientale. Nel dicembre 2020 il Consiglio europeo ha preso
atto del ritiro della nave Oruç Reis da parte della Turchia e ha insistito su
un allentamento costante delle tensioni in modo da rendere possibile la rapida
ripresa dei colloqui esplorativi diretti tra Grecia e Turchia. I leader dell'UE
hanno anche ribadito l'interesse strategico dell'UE a sviluppare relazioni
di cooperazione reciprocamente vantaggiose con la Turchia e hanno
sottolineato l'importanza di mantenere aperti i canali di comunicazione tra
l'UE e la Turchia.
In
occasione della videoconferenza del marzo 2021, i leader
dell'UE hanno accolto con favore l'allentamento delle tensioni nel
Mediterraneo orientale e invitato la Turchia ad astenersi da nuove provocazioni
o azioni in violazione del diritto internazionale.
Ma
i negoziati per l’ammissione della Turchia all’UE sono da tempo congelati e le relazioni
ufficiali tra Turchia e Unione Europea, stanno attraversando una fase di difficoltà.
Negli
ultimi anni i governi del Partito della giustizia e dello sviluppo (AKP) di
Recep Tayyip Erdogan hanno adottato in politica estera un approccio sempre più
marcatamente populista, di cui la retorica antioccidentale è diventata
progressivamente una componente centrale. Da considerare poi la crisi dei
rifugiati che ha rappresentato una leva negoziale fortissima per Erdogan nei
rapporti con l’UE, anche sotto il profilo finanziario.
Uno
dei principali strumenti geopolitici in mano a Erdoğan è il controllo delle
frontiere verso l’Europa. Osservando gli avvenimenti degli ultimi anni emerge
una strategia ben pianificata Erdoğan, “agendo” sui confini, è stato capace di
delineare nuove traiettorie migratorie, ribaltare i rapporti di forza,
esasperare la crisi umanitaria (prima lungo le coste greche e la rotta
balcanica, poi lungo il confine turco-siriano), e imporre nuove politiche agli
Stati europei, oggi tutti su una posizione difensiva.
Presidente
di un paese membro della NATO, capo della Fratellanza Musulmana, in passato
alleato di Israele e ora acerrimo nemico dello stato ebraico, avversario di
Putin in Siria e in Libia ma comunque con un canale diplomatico aperto con il
Cremlino ha cambiato spesso le sue posizioni, soprattutto in politica estera,
dove sembra utilizzare uno scacchiere a geometria variabile in base alle
convenienze.
La
Turchia sembra essere sempre più lontana dall’Occidente, alla base vi e’ la delusione nei confronti degli alleati
occidentali e le critiche verso quello che è stato considerato il “double
standard” di Bruxelles nel processo di adesione della Turchia all’Unione
europea, il sostegno statunitense alle forze curde nella lotta allo Stato
islamico in Siria, la mancata estradizione di Fetullah Gulen, il predicatore
islamico da decenni residente negli Stati Uniti e ritenuto responsabile del
fallito golpe. Questo ha spinto la Turchia verso una più stretta
convergenza con la Russia, anche in un settore altamente sensibile come quello
della difesa. Dal canto suo, Mosca ha avuto buon gioco nel cercare di
attrarre Ankara nella propria sfera di influenza o quanto meno cercare di allentare le alleanze statunitensi, che
nell’ambito della sicurezza e della difesa includono la Turchia in qualità di
membro della NATO. L’acquisto del sistema di difesa missilistico S-400 dalla
Russia nel 2017 ha accresciuto le tensioni con Washington, preoccupata per le
possibili interferenze russe con il sistema di difesa NATO. Ciò ha
portato all’espulsione di Ankara dal programma di sviluppo degli
F-35 e a sanzioni statunitensi al settore della difesa turco sulla base
del Countering America’s Adversaries Through Sanctions Act (CAATSA)
del 2017, che prevede misure restrittive nei confronti di tutti i Paesi che
acquistano componenti di difesa dalla Russia.
Su
questo sfondo, l’antiamericanismo è cresciuto in ampi strati della
società turca e di pari passo si è ridotto il sostegno nei confronti
dell’Alleanza Atlantica. D’altro canto, l’interrogativo su dove sta andando la
Turchia è una domanda che spesso negli ultimi anni si sente al di là
dell’Atlantico e a Bruxelles, dove i negoziati per l’adesione di Ankara
all’Unione Europea sono bloccati da tempo. Senza dubbio il perseguimento
di una autonomia strategica da parte della Turchia, accompagnato da una
politica estera assertiva nel suo vicinato mediterraneo e mediorientale, è
stato fonte di non pochi contrasti con gli alleati occidentali.
Nel momento in cui
l'attenzione del mondo è focalizzata sull'invasione russa dell'Ucraina e su
come isolare la Russia finanziariamente, politicamente e diplomaticamente, la
Turchia ha intrapreso un percorso di equilibrio unico. Ankara è stato
l'unico membro della NATO che non ha aderito ad alcuna sanzione contro la
Russia .
Anche l'opinione pubblica
sembra sostenere la politica del presidente Recep Tayyip Erdogan sul
conflitto. In effetti, le percezioni della NATO in Turchia sono piuttosto
negative, anche in un momento in cui paesi come la Finlandia e la Svezia hanno
chiesto di aderire all'organizzazione.
La Turchia di Erdogan non ha fretta di vedere una NATO
rafforzata, attualmente potrebbe essere più vicina nello spirito alla
Russia di Putin di quanto non lo sia alle nazioni democratiche del mondo
occidentale. L'affinità tra leader autoritari e autocrazie non va
sottovalutata. La NATO rafforzata e rinvigorita non sembra essere una
priorità per Erdogan.
La posizione di Ankara ha anche
scatenato un dibattito sull'adesione della Turchia alla NATO. "La
Turchia è un membro della NATO, ma sotto Erdogan non aderisce più ai valori che
stanno alla base di questa grande alleanza", ha affermato il 18
maggio un editoriale del Wall Street Journal.
In questa situazione il segretario Generale della NATO Jens
Stoltenberg, in una conversazione telefonica con il presidente Recep Tayyip Erdoğan, ha affermato
che la Turchia è un importante paese della NATO con un'importanza strategica
per quanto riguarda l'Europa, la Russia, l'Iraq e la Siria". In una
intervista al quotidiano tedesco Bild, ha ricordato
le preoccupazioni della Turchia per l'adesione della Finlandia e della Svezia
alla NATO. "Le domande di adesione
di due paesi sono un momento storico che dobbiamo accogliere. La partecipazione
rafforzerà tutti noi, non solo Finlandia e Svezia", ha affermato
Stoltenberg ricordando che i paesi della NATO, anche la Svezia, la
Finlandia e l'UE considerano il PKK come un'organizzazione terroristica.
E’ evidente che la guerra in Ucraina ha dato alla Turchia
l’occasione di trovarsi al centro di una intensa attività
diplomatica sul piano internazionale potendo così riavviare rapporti
logorati da frizioni e divergenze, soprattutto con gli alleati occidentali,
nonché di uscire dall’angolo in cui è stata negli ultimi anni anche a causa di
una politica estera particolarmente assertiva sul piano regionale. Da
Bruxelles, dalle capitali europee e da
Washington sono giunti sostegno e plauso per l’azione diplomatica di Ankara nel
conflitto ucraino, mentre si sono intensificati i contatti tra Erdoğan, perno
della mediazione turca, e diversi leader mondiali. Si tratta certamente di un
risultato importante per il leader turco in un’ottica di prestigio sul piano
internazionale, ma anche di riavvicinamento ai partner della NATO ma
questo riavvicinamento rischia di bloccarsi di fronte alla richiesta di
adesione di Finlandia e Svezia, che il presidente turco ha fino a due giorni
fa, esplicitamente dichiarato di non
sostenere a dispetto del favore di tutti gli altri partner.
Nel
corso del vertice NATO di Madrid del 28 giugno 2022 la Turchia ha ritirato il
veto per l’ingresso nella Nato di Svezia e Finlandia. I tre Paesi hanno firmato
un memorandum d’intesa. La firma è avvenuta alla presenza del segretario
generale della Nato, Jens Stoltenberg, del presidente turco Recep Tayyip
Erdogan, del presidente finlandese Sauli Niinisto e della premier
svedese Margaret Andersson, al termine di una riunione durata quasi
quattro ore.
La Turchia è un alleato della NATO dal 1952 e ospita il
comando delle forze terrestri della NATO a Smirne, nonché il radar AN/TPY-2
come parte della difesa missilistica della NATO
, le forze di terra turche hanno continuato una revisione nell'ambito del
programma "Force 2014" con l'intento di produrre una forza del 20-30%
più piccola, più altamente addestrata, caratterizzata da maggiore mobilità e
potenza di fuoco e capace di operazioni congiunte e combinate la Marina turca è
una potenza navale regionale che vuole sviluppare la capacità di proiettare
potenza oltre le acque costiere della Turchia ed è fortemente coinvolta nelle
operazioni NATO, multinazionali e ONU; i suoi ruoli includono il controllo
delle acque territoriali e la sicurezza delle linee di comunicazione marittime.
L'aviazione turca ha adottato un "Concetto di difesa aerospaziale e
missilistica" nel 2002 e sta sviluppando un sistema integrato di difesa
missilistica; con una mossa controversa, ha acquistato il sistema di difesa
aerea russo S-400 per circa 2,5 miliardi di dollari nel 2019. Inoltre negli
ultimi anni ha assunto crescenti responsabilità internazionali di mantenimento
della pace, incluso il mantenimento di una forza sostanziale sotto la NATO in
Afghanistan fino al ritiro nel 2021 e, negli ultimi anni, ha costruito basi militari
di spedizione in Qatar, Somalia, Cipro settentrionale e Sudan.
La
Turchia porta avanti disegni politici autonomi e gioca su tutti i tavoli. E
l’atteggiamento nella guerra in Ucraina non fa eccezione. Da un lato la Turchia
arma Kyiv da ben prima dell’invasione russa; ciononostante, Erdogan,
soprattutto dopo il compromesso raggiunto in Siria sulla sostanziale
accettazione del legittimo governo di Damasco a lungo avversato e gli accordi
energetici siglati con Mosca, da tempo cerca l’intesa con Vladimir Putin.
Ankara si è però unita alle condanne della Nato per l’aggressione ma non ha
appoggiato le sanzioni contro Mosca, tanto che la Russia non ha inserito la
Turchia nell’elenco delle nazioni “ostili” che include tutti i membri
dell’Ue e del Patto Atlantico
Secondo
la tesi sostenuta in un recente editoriale del New York Times, Recep
Tayyip Erdogan è un alleato sempre più inaffidabile per il blocco
euroatlantico. L’atteggiamento ostruzionista del presidente turco
sull’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato è solo l’ultimo esempio del suo
schema di ‘gioco’. Ora il suo obiettivo è diventare gran mediatore ed eventuale
garante di un accordo tra Russia e Ucraina, con lo sguardo però rivolto alle
elezioni del 2023 in cui cerca la riconferma. Infatti, con un sostegno interno
in calo, in un momento in cui la Turchia sta entrando in un ciclo elettorale
critico, Erdogan sta cercando un profilo internazionale più alto per dimostrare
il suo ruolo globale agli elettori turchi.